La prima è la catastrofe umanitaria. Secondo le ultime notizie giunte da Gaza, sono stati uccisi finora21.110 palestinesi tra cui8.800 bambini, 6.300 donne, 3111 medici e personale sanitario, 40 addetti alla protezione civile e più di 100 giornalisti; 7.000 persone risultano disperse, 55.243 sono state ferite, 92 scuole e università, 115 moschee e tre chiese sono state distrutte insieme a decine di migliaia di case, 23 ospedali e 53 centri medici non sono più operativi, 102 ambulanze sono state attaccate, l’intera popolazione è errante, Nemmeno è venuta meno la catastrofe in Ucraina e nel mar Nero.
La seconda catastrofe è quella del potere e dell’informazione in Israele, in Ucraina e in tutto l’Occidente.
In Israele ieri il quotidiano Haaretz e il Canale televisivo 12, hanno informato che lo Shin Bet, il servizio segreto israeliano per l’interno, aveva saputo in anticipo che Hamas stava allestendo un attacco “significativo” a Gaza, mentre il famoso e accreditato giornalista americano Seymour Hersh ha scritto di aver appreso da un funzionario israeliano che Netanyahu aveva “visto e letto” le anticipazioni sull’attacco palestinese. Il New York Times da parte sua aveva parlato a fine novembre di questa informazione di cui disponeva Israele. L’ex responsabile italiano del controspionaggio e del contrasto alla criminalità organizzata transnazionale, Marco Mancini (quello dell’incontro con Renzi) aveva a sua volta spiegato a TV 7 che era impossibile che Israele non avesse scorto Hamas preparare un attacco dato che vi stava per impiegare visibilissimi alianti a motore; come poi si è visto sono stati impiegati anche robusti bulldozer per aprire i varchi nella recinzione del confine. A ciò si può accostare quanto sostenuto da Hamas, che gli attaccanti intendevano prendere ostaggi per riaprire la partita con Israele, e aspettandosi di incontrare una forte resistenza, avevano messo in campo molti uomini, scontando di perderne un gran numero (“martiri”); invece non hanno trovato difese, mentre attraverso i varchi così aperti hanno fatto irruzione molti altri palestinesi che, inferociti per i lunghi tormenti subiti ad opera del nemico, si sono abbandonati alla strage (1417 israeliani uccisi, mai tanti ebrei tutti in una volta dopo la Shoah).
Che Netanyahu avesse adottato la politica di non contrastare Hamas per indebolire l’autorità palestinese a Ramallah e porre fine all’idea di uno Stato palestinese, era cosa risaputa da tempo. Resta da chiarire il motivo per cui Netanyahu, ormai identificato da più lustri con lo Stato di Israele, pur sapendolo non abbia impedito l’azione terroristica a Gaza; e la ragione non può essere se non la “ragion di Stato” di provocare, grazie a quell’azione (non prevista però in quella dimensione dandosi per scontata la debolezza di Hamas) il casus belli che gli permettesse di sferrare l’offensiva finale per chiudere la “questione palestinese”. Accusato perciò anche in Israele del disastro, Netanyahu ha risposto portando fino alle estreme conseguenze l’eccidio a Gaza (da lui stesso, accusato da Erdogan,paragonato al genocidio turco dei Curdi), e respingendo, perfino con Biden, ogni esortazione a interromperlo. A questo punto si è aggiunta la catastrofe della politica degli Stati Uniti, che dopo l’appello a Israele di non ripetere “l’errore” americano fatto dopo l’11 settembre, hanno votato contro la tregua all’ONU, mentre Biden, dopo una lunga infruttuosa telefonata con Netanyahu, ha penosamente dichiarato trattarsi di una “conversazione privata” e di non avere chiesto al premier israeliano il “cessate il fuoco”.
A questa catastrofe politica si aggiunge quella dell’Ucraina, a cui si è fatto credere di poter sconfiggere la Russia riconquistando la Crimea ed entrando nella NATO, e si trova ora con un popolo mandato al sacrificio, senza i dollari americani e le armi che deve perciò implorare dall’Europa, impeditane dal veto di Orban.
L’Occidente, dal canto suo, grazie anche al suo sistema mediatico, che ha un po’ mistificato e un po’ taciuto tutto questo, ha perduto così ogni fondamento nel vantare la superiorità dei propri valori e la sua pretesa di dominio sulle autocrazie e sul “resto del mondo”.
Queste le catastrofi. La rivelazione che ne è venuta è questa: che la guerra non è solo “una follia senza scuse”, come ha detto papa Francesco nel suo messaggio di Natale. È anche e soprattutto un suicidio per chi la intraprende, prima ancora che sconfigga il nemico o lo voti al genocidio; ciò è avvenuto con la Germania nazista, avviene con i sogni di gloria degli Stati Uniti e della loro NATO, avviene con Israele, avviene con l’Ucraina. Contro i fautori di guerra e chi fabbrica e li rifornisce di armi, dovrebbe essere questo l’argomento decisivo. Purtroppo però esso può funzionare con i popoli, non funziona con gli Stati e i loro apparati di governo. Finché noi glielo permettiamo.
Nel sito di Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri pubblichiamo il messaggio del Papa per Natale, un articolo di Haaretz sull’identificazione di Netanyahu e di Israele (da cui è sempre più necessario distinguere il popolo ebreo della Diaspora, come voleva Primo Levi), e il testo di un intervento natalizio “su Gesù” di Raniero La Valle, sulla piattaforma digitale “Servizio Pubblico””.