Ora che finalmente l'ONU è riuscito ad approvare una risoluzione relativa alla guerra che Israele ha iniziato contro il Libano ed una forza internazionale di "interposizione" si frapporrà tra Israele e Libano, credo che, a mente fredda, si possa fare alcune considerazioni.
La prima riguarda proprio l'ONU: se c'è un'istituzione che esce, ancora una volta, a pezzi da questa crisi è proprio l'ONU.
Il ritardo con il quale ha avviato la discussione, l'intreccio dei veti, nonché la difficoltà con la quale arrivare ad una condanna dell'intervento israeliano, così palesemente spropositato e assurdo, ha reso ancora più evidente l'impotenza di questo organismo e di come, troppo spesso, sia funzionale agli interessi dei paesi occidentali.
Dinanzi a bombardamenti sistematici su obiettivi civili e su infrastrutture (con l'obiettivo dichiarato di portare in dietro il Libano di 20 anni) da parte di Israele, l'ONU è rimasto assente, paralizzato: analoga cosa sarebbe successo nel caso di invasione da parte di un paese arabo? E' tollerabile uno stato palestinese a macchia di leopardo? Sono tollerabili i chech point? E' tollerabile l'uso sistematico della vendetta (case distrutte, rapimenti di parlamentari...).
Nel momento in cui accogliamo l'idea che la reazione israeliano, magari spropositata, si è resa necessaria per le continue aggressioni, allora, i condannabili kamikaze palestinesi, non sono anch'esse allora reazioni spropositate ad una occupazione sistematica.
Nel momento in cui con decisione condanniamo i kamikaze palestinesi e gli attentati terroristici, con eguale forza, dobbiamo condannare la politica del governo israeliano, nella consapevolezza che pace ci può essere in quella regione solo superando tutte le ingiustizie che sono state tollerate finora e che dalla pace in quella regione e dalla nostra capacità di mostrare un occidente diverso dipende la pace di molte altre aree del mondo.
L'ONU, ma molti degli organismi occidentali (inclusa l'Europa), perdono quotidianamente credibilità, ovvero capacità di porsi al di sopra delle parti (pensiamo all'Africa ).
E questa perdita di credibilità è pericolosissima in questo contesto di "guerra di civiltà", perché alimenta una ulteriore separazione tra occidente ed oriente, tra istituzioni internazionali che sono la maggior parte molto occidentali.
Tutto ciò alimenta un consenso latente alle forze integraliste (sia esse occidentali che islamiche) creando un humus che sostiene ogni attività terroristica.
Dinanzi ad una crisi così ampia nelle relazioni internazionali è necessario individuare una strada alternativa all'egemonia della politica estera americana, proprio perché è in questo contesto che si rende necessaria la presenza di una istituzione sovra nazionale credibile e autorevole, capace di mediare e gestire i conflitti, anche adottando strumenti di polizia internazionale, laddove si renda necessario, ma adottando forme di controllo democratico sull'uso misurato della forza.
Un'istituzione che, per essere credibile, deve essere democratica, non solo basata sul p.i.l. dei paesi più forti, e deve sviluppare e indirizzare risorse nella gestione dei conflitti con metodi nonviolenti, dotandosi di corpi di pace, in un dialogo permanente con tutte quelle realtà non governative.
In un contesto in cui l'occidente dovrebbe dimostrare capacità di dialogo, capacità di riconoscere i propri e gli altrui errori, senza arroccarsi in una fortezza assediata, non siamo capaci di offrire sponde credibili ai movimenti di democratizzazione, di dialogo, che pure sono presenti nel mondo islamico, ma riusciamo solo a ingigantire ed alimentare le forze integraliste, non siamo in grado di riconoscere che in questo momento è proprio la politica di Israele che, favorendo la nascita di movimenti integralisti, impedisce di trovare una pace giusta in quell'area.
Per fare questo dovremmo smarcarci con decisione dalla "politica della guerra preventiva", inaugurata dagli USA, ma accolta, di volta in volta, da molti paesi occidentali.
La forza di interposizione allora può essere qualcosa di significativo solo se assume caratteristiche precise, che sono date dal mandato ONU:
o Il Comando deve essere realmente in mano all'ONU e non a qualche paese coinvolto nei conflitti in Iraq e in Afghanistan;
o Che sia una forza di interposizione, ovvero equidistante sia dal Libano che da Israele, che serva a separare i due eserciti e non a disarmare solo uno di questi;
o Che sia una forza di pace, in cui l'aspetto militare progressivamente si riduce;
o Che sia composta anche da forze provenienti da paesi islamici;
o Che sia una forza in cui i paesi coinvolti nelle guerre in Iraq e Afghanistan non vi siano, o se sono presenti assumano un ruolo marginale rispetto al comando;
o Che non diventi un cavallo di troia per delegare poi, in un secondo momento, il comando alla NATO, com'è avvenuto nei Balcani;
o Che abbia un mandato chiaro e totalmente estraneo alla politica della guerra preventiva che anima molti dei paesi occidentali.
Solo si assume certe caratteristiche allora può diventare un contributo alla pacificazione di quell'area, da estendersi, allora, anche, all'altro fronte, del quale non se ne parla più, ovvero quello Israeliano - Palestinese.
Buratti Gino
La prima riguarda proprio l'ONU: se c'è un'istituzione che esce, ancora una volta, a pezzi da questa crisi è proprio l'ONU.
Il ritardo con il quale ha avviato la discussione, l'intreccio dei veti, nonché la difficoltà con la quale arrivare ad una condanna dell'intervento israeliano, così palesemente spropositato e assurdo, ha reso ancora più evidente l'impotenza di questo organismo e di come, troppo spesso, sia funzionale agli interessi dei paesi occidentali.
Dinanzi a bombardamenti sistematici su obiettivi civili e su infrastrutture (con l'obiettivo dichiarato di portare in dietro il Libano di 20 anni) da parte di Israele, l'ONU è rimasto assente, paralizzato: analoga cosa sarebbe successo nel caso di invasione da parte di un paese arabo? E' tollerabile uno stato palestinese a macchia di leopardo? Sono tollerabili i chech point? E' tollerabile l'uso sistematico della vendetta (case distrutte, rapimenti di parlamentari...).
Nel momento in cui accogliamo l'idea che la reazione israeliano, magari spropositata, si è resa necessaria per le continue aggressioni, allora, i condannabili kamikaze palestinesi, non sono anch'esse allora reazioni spropositate ad una occupazione sistematica.
Nel momento in cui con decisione condanniamo i kamikaze palestinesi e gli attentati terroristici, con eguale forza, dobbiamo condannare la politica del governo israeliano, nella consapevolezza che pace ci può essere in quella regione solo superando tutte le ingiustizie che sono state tollerate finora e che dalla pace in quella regione e dalla nostra capacità di mostrare un occidente diverso dipende la pace di molte altre aree del mondo.
L'ONU, ma molti degli organismi occidentali (inclusa l'Europa), perdono quotidianamente credibilità, ovvero capacità di porsi al di sopra delle parti (pensiamo all'Africa ).
E questa perdita di credibilità è pericolosissima in questo contesto di "guerra di civiltà", perché alimenta una ulteriore separazione tra occidente ed oriente, tra istituzioni internazionali che sono la maggior parte molto occidentali.
Tutto ciò alimenta un consenso latente alle forze integraliste (sia esse occidentali che islamiche) creando un humus che sostiene ogni attività terroristica.
Dinanzi ad una crisi così ampia nelle relazioni internazionali è necessario individuare una strada alternativa all'egemonia della politica estera americana, proprio perché è in questo contesto che si rende necessaria la presenza di una istituzione sovra nazionale credibile e autorevole, capace di mediare e gestire i conflitti, anche adottando strumenti di polizia internazionale, laddove si renda necessario, ma adottando forme di controllo democratico sull'uso misurato della forza.
Un'istituzione che, per essere credibile, deve essere democratica, non solo basata sul p.i.l. dei paesi più forti, e deve sviluppare e indirizzare risorse nella gestione dei conflitti con metodi nonviolenti, dotandosi di corpi di pace, in un dialogo permanente con tutte quelle realtà non governative.
In un contesto in cui l'occidente dovrebbe dimostrare capacità di dialogo, capacità di riconoscere i propri e gli altrui errori, senza arroccarsi in una fortezza assediata, non siamo capaci di offrire sponde credibili ai movimenti di democratizzazione, di dialogo, che pure sono presenti nel mondo islamico, ma riusciamo solo a ingigantire ed alimentare le forze integraliste, non siamo in grado di riconoscere che in questo momento è proprio la politica di Israele che, favorendo la nascita di movimenti integralisti, impedisce di trovare una pace giusta in quell'area.
Per fare questo dovremmo smarcarci con decisione dalla "politica della guerra preventiva", inaugurata dagli USA, ma accolta, di volta in volta, da molti paesi occidentali.
La forza di interposizione allora può essere qualcosa di significativo solo se assume caratteristiche precise, che sono date dal mandato ONU:
o Il Comando deve essere realmente in mano all'ONU e non a qualche paese coinvolto nei conflitti in Iraq e in Afghanistan;
o Che sia una forza di interposizione, ovvero equidistante sia dal Libano che da Israele, che serva a separare i due eserciti e non a disarmare solo uno di questi;
o Che sia una forza di pace, in cui l'aspetto militare progressivamente si riduce;
o Che sia composta anche da forze provenienti da paesi islamici;
o Che sia una forza in cui i paesi coinvolti nelle guerre in Iraq e Afghanistan non vi siano, o se sono presenti assumano un ruolo marginale rispetto al comando;
o Che non diventi un cavallo di troia per delegare poi, in un secondo momento, il comando alla NATO, com'è avvenuto nei Balcani;
o Che abbia un mandato chiaro e totalmente estraneo alla politica della guerra preventiva che anima molti dei paesi occidentali.
Solo si assume certe caratteristiche allora può diventare un contributo alla pacificazione di quell'area, da estendersi, allora, anche, all'altro fronte, del quale non se ne parla più, ovvero quello Israeliano - Palestinese.
Buratti Gino