Leggo spesso interventi di Persone che in modo ottimistico vedono una crescita di una nuova coscienza nel Paese con la consapevolezza generalizzata della necessità di andare verso una transizione da un modello "di sviluppo" , che oggi si basa sul consumo del petrolio e carbone, a quello di una conversione ecologica che sfrutta le energie rinnovabili , cambia gli stili di vita e di consumo... ma è così? . Ci sono nei territori e nei luoghi di lavoro lotte adeguate ? E' già stata intrapresa una strada di transizione verso un inizio di conversione ecologica?
A mio Parere NO !
Credo anche che la strada della Conversione Produttiva, ecologica, ambientale , possa essere agevolata dai Referendum , ma solo se ne facciamo uno stretto uso necessario.
La questione della conversione ecologica, investe innanzi tutto la necessità di una riconversione dell'apparato industriale odierno con un coinvolgimento con scelte che sicuramente coinvolgono anche il governo nazionale, le amministrazioni regionali e locali... ma le loro scelte programmatiche o "buone partiche amministrative nei territori"anche se ambientaliste, non sarebbero assolutamente sufficianti alla definizione della problematica della riconversione ecologica.
Non dobbiamo mai dimenticare che la logica dominante di chi detiene il potere economico e finanziario, è quella della centralità del profitto a danno della qualità del lavoro, dell'ambiente, della sicurezza, dei consumi, della cultura, del tipo di civiltà... Quindi non basta lamentarci delle lobby dei petrolieri e della corruzione di chi detiene il potere economico e politico... e nemmeno pensare che per modificare la qualità e finalità dello sviluppo , sia sufficiente un indirizzo di governo pubblico diverso.
Ritengo che per modificare nel profondo la qualità dello "sviluppo in termini di sostenibilità ambientale" è necessario mettere in discussione gli attuali rapporti di forza tra capitale e lavoro.
Il contesto attuale dopo la sconfitta del referendum del 17 aprile, vede molti movimenti, forze politiche e sociali, mobilitate nella raccolta delle firme per i seguenti referendum o petizioni popolari: Contro la legge eletterolae (Italicum); contro le modifiche alla costituzione; per bloccare tutte le trivelle anche quelle fuori le dodici miglia; per bloccare il piano di nuovi e vecchi inceneritori; per un nuovo Statuto dei Lavoratori e contro il Jobs Act (tre quesiti) ; per abrogare una serie di norme sulla scuola (6 quesiti); per legiferare in materia di diritto dell'acqua a gestione pubblica; per abolire i finanziamenti alle scuole private... forse ne ho dimenticati alcuni...
penso che siano troppi, che ci sia il rischio di assuefazione e i cittadini continuino a non andare a votare... ma soprattutto credo che sia illusorio ed una scorciatoia pensare di costruire una cultura ecologica e movimento per il cambiamento sociale ed economico e per i diritti a livello di massa, solo attraverso i referendum.
Credo che anche se uscissimo vincenti dai referendum, non basterebbe a farci intraprendere la strada della conversione ecologica , economica, produttiva, se nel contempo non riuscissimo a ricostruire un movimento di lotta dei lavoratori, con un potere di contrattazione e governo nelle fabbriche, capace di imporre con la lotta , il come si lavora, per cosa si lavora, quale occupazione, con quali scelte produttive alternative... riconvertendo in senso ecologico molte aziende e le sue finalità produttive .
Per fare ciò, in Italia è necessario un moto profondo di rinnovamento e di protagonismo, di cambiamento a tutti i livelli ( fabbrica, Sindacato, Istituzioni, scuala, territori, ecc..) in grado di sviluppare lotte adeguate in tutte le direzioni... come in altre epoche storiche abbiamo già conosciuto. Purtroppo manca un vero movimento di lotta anche perchè il Sindacato compreso la CGIL , sceglie la via della raccolta di firme per petizioni e i referendum, anziche quella della lotta su precise rivendicazioni !
Quello che è accaduto progressivamente negli ultimi 30 anni, non è soltanto un fatto di trasformazione globale del del mondo capitalistico, sia in termini tecnologici che nelle scelte economiche scelte finanziarie liberiste. In Italia la classe operaia ha perso la sua egemonia anche per il fatto che le Confederazione Sindacali , compresa la CGIL, ad un certo punto della storia hanno scelto un modello sindacale subordinato alla logica del profitto delle imprese, dando più potere decisionale ai vertici sindacali, adottando le politiche di compatibilità con il sistema capitalistico e quelle dello scambio tra le richieste dei lavoratori e le richieste effettuate dalle imprese.
Anche se oggi la situazione è molto difficile per il fatto che per molti anni, nei sindacati confederali, compresa la Cgil (anche se in modo diverso) c'è stato un processo di putrefazione di fondo , con gruppi dirigenti che si sono preoccupati più del governo della situazione presente , trasformandosi in sindacato che assiste i lavoratori per le ricadute negative delle scelte effettuate da chi detiene il potere economico e di salvare se stessi, che quello del cambiamento della realtà sociale, economica, ambientale, occupazionale, attraverso la contrattazione delle scelte da effettuare.
In questo contesto si è rimescolata molto l'identità che faceva capo "all'egemonia" della classe operaia... I lavoratori, hanno dovuto e devono fare i conti con una serie lunga di sconfitte, che da una parte hanno redistribuito la ricchezza dalla classi più povere a quelle più ricche, e dall'altra hanno fatto emergere anche la guerra tra i poveri , l'individualismo, il corporativismo, l'egoismo dell'avere .
Quindi i cambiamenti globali del clima , il rischio per le prospettive del nostro Pianeta, sono anche il frutto della sconfitta della classe lavoratrice , avvenuta in Italia ed in quasi tutti i Paesi più avanzati del Mondo.
Ma se crediamo che la strada della conversione ecologica ambientale sia necessaria, non esistono scorciatoie, a mio parere un ruolo fondamentale per la conversione ecologica, continua a rivestirlo soprattutto "il lavoratore sociale" in grado di contrattare attraverso il conflitto, il come e per cosa lavorare la qualità del lavoro, l'organizzazione del lavoro e le sue ricadute nel territorio . Diventa quindi fondamentale ricomporre e ricostruire nei luoghi di lavoro il potere di contrattazione.
Umberto Franchi