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L'acqua è un bene comune! Opponiamoci alla privatizzazione e finanziarizzazione del servizio idrico

Mi sono stropicciato gli occhi. Un (bel) pezzo sul fallimento della privatizzazione dei servizi idrici in Gran Bretagna è stato pubblicato proprio dal Corriere della Sera, a firma del corrispondente da Londra. L’articolo è intitolato «La Gran Bretagna è diventata una fogna a cielo aperto: ‘La gente morirà per l’inquinamento’».

Scriveva qualche tempo fa l’inviato del Corriere: “Le aziende idriche in Inghilterra sono state privatizzate all’epoca di Margaret Thatcher e spesso mettono il profitto davanti alla sicurezza. Sotto accusa è anche la loro gestione: Thames Water, che rifornisce d’acqua Londra, è sull’orlo della bancarotta e si profila il ricorso al salvataggio pubblico, a spese dei contribuenti” e aggiunge “Non stupisce dunque che dalle file del Labour si levino voci che chiedono la rinazionalizzazione dell’industria idrica”.

Una decina d’anni fa, nell’introduzione a un volume sulle privatizzazioni in Inghilterra e Galles che venne anticipata sul sito di Micromega e la Repubblica (“La grande rapina della privatizzazione dell'acqua. Che cosa insegna all'Italia il caso inglese”; link nei commenti) cercavo di spiegare perché le cose sarebbero andate esattamente come sono andate.

Ma torniamo al Corriere della Sera del 2024: “La Gran Bretagna è diventata una fogna a cielo aperto, con le sue acque inquinate a livelli record. (…) Test recenti hanno evidenziato che nella rete acquifera inglese c’è di tutto: batteri, virus, sostanze chimiche e perfino radioattive (…). La questione sta diventando politica, perché la colpa del degrado è anche delle aziende di fornitura delle acque, che scaricano i residui a mare o nei fiumi senza precauzioni, nel momento in cui annunciano nuovi aumenti delle tariffe che andranno a colpire una popolazione già stremata dal carovita”. Aziende appunto privatizzate nell’epoca Thatcher, che hanno accumulato 64 miliardi di sterline di debiti e distribuito dividendi per ben 78 miliardi da quando sono state privatizzate, nel 1989. Le tasche degli azionisti privati in questi decenni si sono riempite grazie alle tariffe stellari pagate dai cittadini-utenti, all’indebitamento, a investimenti scarsi.

Ormai Parigi ha ripubblicizzato la gestione del servizio idrico, Berlino idem, e leggiamo che persino Londra, preso atto del disastro della privatizzazione, sta finalmente pensando alla ripubblicizzazione. Perché solo in Italia centro-destra e centro-sinistra (che preferisco chiamare “centro-PD”), infischiandosene del referendum del 2011, continuano ad andare nella direzione opposta? Quella della privatizzazione, anzi della finanziarizzazione della gestione dell’acqua?

In Toscana, la regione in cui vivo, stanno ora costruendo qualcosa di analogo a Iren, Hera, Acea o A2A. Hanno dato cioè luce a una Holding finanziaria (la così detta “Multiutility”) che intendono quotare in borsa. L’obiettivo è la valorizzazione delle azioni e la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti, compresi i vari fondi speculativi internazionali che faranno a gara per prendersi una fetta di questi servizi a domanda garantita, ex monopoli pubblici naturali divenuti monopoli privati, come nel caso del servizio idrico integrato. Un processo di finanziarizzazione - ultimo gradino della privatizzazione - che è stato fortemente voluto dal PD toscano e fiorentino (da Giani a Nardella fino alla neosindaca Funaro) in accordo con Fratelli d’Italia e con la benedizione della Meloni.

Questo è l’ultimo atto di quel lungo tradimento referendario che denunciamo da quasi quindici anni, ma è anche un processo in corso che può essere fermato, se c’è la volontà politica. Quel che è stato possibile a Parigi, Berlino e sperabilmente a Londra, deve essere possibile anche qui.

Post sulla pagina facebook di Tommaso Fattori del 10 luglio 2024