Sulle pagine di internet molti numeri trovano spazio, numeri corrispondenti alle relative voci nella lista della spesa attuale per la Difesa: 250 carri freccia spesa 1,3 miliardi, 8 droni spesa 1,3 miliardi, 100 elicotteri da guerra Nh-90 spesa 4 miliardi, 12 navi da guerra spesa 6,5 miliardi, 2 sottomarini U-212 spesa 1 miliardo.
A questi si aggiungono altri numeri: quasi 35 miliardi per coprire le spese per i sistemi informatici militari, per gli stipendi del personale, spese di esercizio mezzi e strutture, senza dimenticare gli 800 milioni all'anno per l'intervento in Afghanistan, ormai tragico simbolo della stupida inutilità della guerra.
Questi numeri traducono un atto concreto deciso dal governo: l’ipotesi di taglio di 100 milioni anno sui capitoli di spesa per le armi è stata infatti all’ultimo momento rigettata e i tagli per l’acquisto di armamenti si limitano a poche decine di milioni, ipotizzando una diminuzione degli effettivi delle Forze Armate realizzabile solo fra molti anni.
Numeri che traducono le decisioni prese dal nostro governo, governo spesso riassunto in un aggettivo: tecnico.
Un governo formato da tecnici che prendono decisioni tecniche basate su relazioni tecniche fondate su studi, comparazioni e numeri.
Al di là delle riflessioni etiche che il tema del ricorso alla guerra come risoluzione dei conflitti comporta, il numero che dovrebbe far riflettere maggiormente suppongo che sia il 90 e ciò che rappresenta: 90 come gli F-35 Joint Strike Fighter di cui il nostro governo tecnico ha confermato l'ordine per una spesa che ad oggi è attestata attorno ai 12 miliardi.
Nel Gao, l'ultimo rapporto della Corte dei conti statunitense sul programma F-35 Joint Strike Fighter, viene detto chiaramente che i cacciabombardieri sono gravemente difettosi e le modifiche progettuali necessarie ne faranno lievitare i costi, prevedendo un numero di modifiche molto elevato fino al 2019.
Le modifiche rese necessarie a seguito dei collaudi effettuati hanno fatto raddoppiare dal 2001 a oggi il costo complessivo del programma (da 183 a 312 miliardi di euro) e di ogni singolo aereo (da 63 a 127 milioni di euro), ma il peggio deve ancora venire, considerato che attualmente solo il 4 percento dei requisiti è stato verificato.
La vendita dell'F-35 della Lockneed è in crisi in tutto il mondo: la recessione economica e i crescenti problemi tecnici evidenziati hanno prodotto la scelta di cancellare ordini da parte di diversi paesi, fra questi anche il Canada. E noi?
Nel nostro paese il governo tecnico ha confermato un ordine di 90 F-35, mentre ha deciso di intervenire in modo drastico sulla spesa sociale e sanitaria.
Se il governo tecnico ha letto questo rapporto autorevole perché persevera nella decisione di acquistare dei cacciabombardieri difettosi?
E tutto questo in tempo di IMU: la cifra raccolta nell'intera provincia di Palermo per la prima rata dell'IMU, 110 milioni e rotti di euro, non è sufficiente per acquistare un solo F-35.
Proviamo a dirlo al nostro vicino di casa tartassato dall'IMU?
Post scriptum:
a Venezia accanto alla tomba di Peggy Guggenheim c'è "L'albero dei desideri": chi lo desidera lascia traccia dei propri desideri scrivendoli su bigliettini di carta che rimarranno lì, appesi ai rami, fino a che il vento o la pioggia glielo consente, condivisi con chi lo desidera.
Mi sono immaginata appesi a quell'albero 75.000 mila bigliettini: quelli delle donne e degli uomini che hanno chiesto al governo di fermare la spesa per l'acquisto degli F-35.
La loro - nostra richiesta di fermare l'acquisto degli F-35 non è "solo" una richiesta di stampo pacifista: è anche segno di responsabilità verso l'Italia e gli italiani.
Adriana Riccardi (Emergency Massa-Carrara)
Editoriale del n. 390 del 17 agosto del Notiziario Settimanale dell'AAdP