Covid-19, non torniamo alla normalità. La normalità è il problema
- Ángel Luis Lara,
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Nell’ottobre del 2016 i suini neonati degli allevamenti della provincia di Guangdong, nel sud della China, cominciarono ad ammalarsi per il virus della diarrea epidemica suina (PEDV), un coronavirus che colpisce le cellule che ricoprono l’intestino tenue dei maiali. Quattro mesi dopo, tuttavia, i piccoli suini smisero di risultare positivi al PEDV, anche se continuavano ad ammalarsi e a morire.
Appello ai Comuni: nessuna discriminazione nell'erogazione degli aiuti per l'emergenza
- Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione
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Gli interventi straordinari devono essere rivolti a tutti coloro che ne hanno subito gli effetti, indipendentemente dalla nazionalità, dal titolo di soggiorno, dalla durata della permanenza precedente sul territorio.
L’Italia vive un tempo di sospensione, che indica come sia necessario cambiare sguardo: rinunciare all’illusione di controllare tutto e rinforzare il senso di affidamento alla base di ogni scelta di impegno. In dialogo con i concittadini, i cristiani hanno un contributo specifico da offrire.
Armi. Anche in tempi di emergenza da coronavirus la produzione militare, dai mitragliatori alle bombe, dai Mangusta ai cacciabombardieri F-35 è considerata strategica e tra le attività indispensabili per il nostro Paese.
La pandemia e la guerra hanno in comune le vittime, la paura e l'emergenza, intesa come sospensione di ciò che viene definito come normalità. Non bastano, tuttavia, questi tre elementi a giustificare l'utilizzo del linguaggio bellico per descrivere cosa sta succedendo.
"Todo despareciò: cambiò la suerte voces alegres en silencio mudo: mas aun el tiempo da en estos despojos espectaculos fieros a los ojos: y miran tan confusos lo presente, que voces de dolor el alma siente" (Rodrigo Caro, Cancion a las ruinas de Italica, vv. 29-34)
Gli eventi si susseguono rapidi fra il confine di terra turco-greco e la striscia di mare che separa l’Anatolia dalle isole dell’Egeo. Il burattinaio Recep Tayyip Erdogan usa come pedine i milioni di rifugiati presenti sul suo territorio, bloccati dallo scellerato accordo del 2016 siglato proprio con le istituzioni europee, al prezzo di sei miliardi di euro pagati ad Ankara da un’Europa terrorizzata dall’idea di fare la propria parte nell’accogliere alcune decine di migliaia di disperati in fuga dal dramma siriano, dal buco nero afgano, dall’Iraq senza futuro.
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Ricominciare, con un altro sguardo
Industria bellica, perché la produzione non si riconverte
La pandemia non è una guerra, è una catastrofe
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Lo scudo della vergogna