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Nonviolenza e forze dell'ordine: una lettera di Enrico Peyretti ai promotori del convegno

Cari amici,

sono lieto e ammirato del vostro impegno nel convegno su "Nonviolenza e forze dell'ordine", tema già affrontato da voi diversi anni fa. Il problema è di importanza essenziale.

Si dice che lo stato ha "il monopolio della violenza". No, assolutamente! Nessuna realtà umana ha diritto alla violenza, che è offesa all'umanità delle vittime e anche di chi non è direttamente colpito e di tutta la società.

Lo stato ha il compito di difendere la convivenza dalla violenza, non ha diritto di usare la violenza.

Forza e violenza non sono affatto la stessa cosa, sono l'opposto una dell'altra.

La forza (vitale, morale, fisica, psicologica, resistente) è una qualità della vita.

La violenza è un fattore di morte.

Certo, la forza materiale può essere usata, in contraddizione con la vita, per fare violenza. Ma la forza che spetta al potere politico è per limitare, contenere, ridurre la violenza. La forza pubblica correttamente intesa e la violenza vanno in direzioni opposte.

Quando lo stato fa violenza - Genova 2001! - si delegittima.

Ogni buon genitore conosce bene la differenza: la forza - morale, psicologica, fisica - serva ad educare e accompagnare il bambino, ad evitargli i pericoli, ad aiutarlo nel diventare forte. La violenza, invece, compromette o distrugge la crescita umana del bambino.

Perciò polizia e guerra - nonostante quel che si dice e a volte accade - sono in antitesi: la polizia corretta riduce la violenza, la guerra accresce la violenza, perché premia il più violento e spregiudicato.

Anche Gandhi (Teoria e pratica della nonviolenza, p. 69) ammette il tragico caso estremo in cui un cittadino, o la forza pubblica dell'ordine, devono persino uccidere chi sta uccidendo altri, se assolutamente non c'è alcun altro modo di impedirgli quella massima ingiustizia. Ma proprio lo sviluppo culturale e pratico dei mezzi sociali nonviolenti può ridurre quasi a zero tali situazioni tragiche. Gandhi pensa uno stato nonviolento, senza esercito, ma con una forza di polizia, nella quale i poliziotti saranno seguaci della nonviolenza e riformatori sociali (p. 144).

Auguro il migliore successo ai vostri lavori e spero che vengano divulgate le conclusioni nell'informazione, nell'educazione popolare diffusa, e in particolare nella preparazione e nella consapevolezza del personale delle forze dell'ordine.

Grazie!

Enrico Peyretti