Care lettrici e cari lettori di "Pisa Notizie",
da più parti ci è venuta la sollecitazione a chiarire pubblicamente perché il Centro Gandhi, di cui sono il presidente, abbia sollevato un conflitto con l'assessora alla scuola del comune di Pisa, professoressa Marilù Chiofalo, opponendosi al suo progetto di invio dei bambini in caserma, nell'anniversario della morte avvenuta a Nassiryia il 27 aprile 2006 di Nicola Ciardelli, maggiore del 185mo reggimento paracadutisti della "Folgore".
Noi tutti siamo vicini con profonda compassione alla famiglia Ciardelli che ha subito l'incommensurabile dolore per la morte in guerra di Nicola, così come abbiamo un'eguale pietà per tutte le vittime della guerra. Proprio perché condividiamo con profonda partecipazione le sofferenze inenarrabili che la follia della guerra procura, siamo impegnati da anni con molteplici attività editoriali, di studio, ricerca e azione educativa, perché l'umanità elimini dalla storia il ricorso alla violenza nella gestione dei conflitti, adottando il satyagraha, cioè una lotta che si svolge senza fare violenza all'avversario, facendo leva sulla forza della verità, un metodo sperimentato con successo da Mohandas K. Gandhi, Martin Luther King, Danilo Dolci, Nelson Mandela, dalle società dell'Est Europa nel 1989 e, in questi giorni, dalle rivolte dei popoli arabi.
Noi ci siamo impegnati con fermezza, insieme a milioni di pacifisti in tutto il mondo, perché la guerra in Iraq non fosse scatenata e, insieme a centinaia di migliaia di famiglie italiane che esposero alle finestre le bandiere della pace, chiedemmo che l'Italia rispettasse il dettato costituzionale del ripudio della guerra.
Se le implorazioni di pace fossero state ascoltate dai potenti della terra, ora non staremmo qui a piangere le migliaia di vittime della sciagurata guerra in Iraq e Nicola Ciardelli sarebbe ancora vivo!Io sono sicuro che la famiglia Ciardelli sia consapevole di tutto ciò e ci è vicina nell'implorare con Giovanni Paolo II: "Mai più la guerra, avventura senza ritorno"! Mai più guerre, mai più soldati mandati a morire per gli interessi economici delle superpotenze.
"Dulce bellum inexpertis" scriveva Erasmo nel 1508: "Chi ama la guerra, non l'ha vista in faccia". Per questo motivo capita spesso che i militari che hanno conosciuto la guerra sui campi di battaglia diventino i più fermi e convinti pacifisti. Così capitò nell'antica India al re Asoka, o in epoca cristiana ad alcuni grandi santi come Martino di Tours, Francesco d'Assisi, Ignazio di Loyola. In epoca moderna vogliamo ricordare il grande scrittore russo Lev Tolstoj, teorico della non resistenza al male con la violenza; il generale inglese Baden-Powell, che dopo aver partecipato alla guerra contro i boeri in Sud Africa si impegnò nell'educare la gioventù a un sostituto morale della guerra, dando vita al movimento internazionale degli scout; infine, più recentemente, l'ammiraglio inglese King Hall che dopo le esplosioni atomiche capì che bisognava elaborare nuove strategie di difesa non armata e nonviolenta.
Al contrario dei militari i politici danno spesso prova di superficialità e di opportunismo, partecipano sempre con grande narcisismo e compiacimento alle parate, impettiti più di un generale, suggestionati dalle fanfare e dai giochi acrobatici, strumentalizzando con la retorica del patriottismo e delle cosiddette "missioni di pace" i lutti delle famiglie di chi è stato mandato in guerra a morire.
Creare una commistione tra pace e guerra, tra aspetti umanitari e azioni di combattimento, come si fa a Pisa con le giornate dei bambini in caserma, è un modo nocivo per edulcorare la guerra, giustificare le spese belliche, trovare consenso alle missioni militari all'estero, promuovere fin da piccoli la simpatia per l'arruolamento militare.
Guardate su internet i numerosi video prodotti per le giornate in caserma, per cogliere quanto sia seduttiva l'atmosfera creata intorno ai bambini con i parà che si lanciano dagli aeri o che animano i vari giochi allestiti nel cortile della caserma Gamerra, trasformata in luna park con arrampicate, piste ciclabili, tiri a segno, materassi gonfiabili e piscine artificiali.
Non si dubita che quest'atmosfera contagiosa abbia avuto i suoi effetti anche sugli adulti. L'umano narcisismo non può non gonfiarsi a contatto con tanto sfoggio di forza e di organizzazione, sentendosi importanti vicino a uomini in divisa che hanno potere di vita e di morte, legittimati in ciò e benedetti anche dalla massima autorità religiosa, l'arcivescovo di Pisa. In conseguenza di una tale commistione sacrilega, ci si può sentire come condottieri di una grande nave e guardare dall'alto in basso quei miseri pacifisti che si ostinano a non adorare il vitello d'oro.
Dalla grande ammiraglia gli obiettori di coscienza appaiono dei poveri illusi, tanti Sileni di Alcibiade che vorrebbero su fragili scialuppe impedire a navigli sicuri e ben attrezzati, guidati da esperti capitani di lungo corso, di prendere il largo.
La metafora navale evocata dall'assessora Chiofalo, in vena di poesia nella sua lettera a "Pisa Notizie", ignora, in realtà, l'esito finale dell'umana traversata in mare aperto. Il racconto ci è stato tramandato dagli Atti degli Apostoli nel capitolo 27. Paolo di Tarso, l'apostolo delle genti, cercò inutilmente di avvertire il centurione che la navigazione si sarebbe fatta rischiosa, supplicandolo di non partire. Ma chi era Paolo per dare consigli? Un folle, un disobbediente, un prigioniero che stava per essere condotto a Roma davanti a Cesare per essere giudicato. Sicuramente più affidabili erano il pilota e il comandante della nave, e al loro insindacabile giudizio si affidò il centurione. Costoro si ritenevano esperti navigatori e, accecati dall'hybris del loro orgoglio e della loro scienza, ignorarono gli avvertimenti di Paolo e portarono la nave al naufragio con tutto il suo carico umano.
Come nell'antichità le opinioni di Paolo di Tarso furono irrise e perseguitate dai pagani, ugualmente ai nostri tempi gli insegnamenti di Aldo Capitini, Giorgio La Pira, padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani, Teresa Mattei, maestri e testimoni dell'obiezione di coscienza agli eserciti, vengono ignorati o messi a tacere da chi governa gli Stati.
La minaccia che incombe sull'umanità non è oggi un uragano di acqua, ma di fuoco. La possibilità di una guerra nucleare dovrebbe, in verità, indurre i teorici del realismo e della ragion di Stato a meditare su quanto scriveva Einstein: "Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si combatterà con pietre e bastoni". E similmente scriveva il Mahatma Gandhi: "O l'umanità distruggerà gli armamenti o gli armamenti distruggeranno l'umanità".
Cercare forme di difesa alternative alle armi è, quindi, l'unica scelta razionale e realistica per la sopravvivenza del pianeta. Ben vengano i bambini e i giovani a frequentare le caserme riconvertite a usi di pace, ad addestrarsi ai modi della difesa popolare nonviolenta. Da tempo reclamiamo che una delle caserme in via di dismissione ospiti i corsi di laurea in scienze per la pace, unici in Italia, le cui lezioni, dopo dieci anni dall'attivazione, continuano a svolgersi in situazioni strutturali molto precarie, andando raminghi da un luogo all'altro della città senza avere una sede stabile.
Ben vengano gli aerei che si sollevano in volo non per trasportare armi, ma bambini bisognosi di cure. Ma ciò che avviene solo sporadicamente non sia utilizzato in modo strumentale per giustificare l'ampliamento dell'aeroporto e la costruzione dell'hub militare, mescolando ancora una volta la dimensione umanitaria e quella bellica.
Quando abbiamo chiesto al Comune di Pisa nell'autunno scorso il patrocinio del convegno per il centenario della morte di Tolstoj, il grande maestro di Gandhi, ci fu risposto che l'amministrazione comunale non aveva neanche la possibilità di stampare un centinaio di inviti per il convegno. Allora viene spontaneo chiedersi in situazioni di penuria quanto venga a costare la trionfalistica manifestazione in caserma dei 1.500 bambini e bambine con i loro insegnanti. Questi numeri così imponenti, che non neghiamo, fiore all'occhiello dell'amministrazione comunale, ci lasciano in realtà costernati e preoccupati per la regressione culturale che ha subito negli ultimi anni la società italiana, di cui l'adesione acritica a un tale progetto da parte di scuole e insegnanti è un sintomo evidente.
Intanto, mentre sono gli stessi amministratori a lamentare il taglio dei finanziamenti statali per i servizi sociali e culturali, nessuno denuncia il nesso evidente tra il crescere delle spese per gli armamenti e i tagli all'istruzione pubblica. In realtà sul sostegno al riarmo e sul progetto di costruzione a Pisa dell'hub militare si assiste a un convergere in egual modo sia delle forze di centrosinistra che di quelle di centrodestra. Che tristezza! Che mancanza di coraggio!Così va il mondo, predicano i machiavellici in nome del realismo politico. E ad una comune visione della politica di potenza degli Stati si accodano anche coloro che pur si dicono seguaci del Maestro divino che aveva detto: "Il mio Regno non è di questo mondo"!Durante la manifestazione delle donne del 13 febbraio scorso a nome del Centro Gandhi per la nonviolenza ho preso la parola per salutare e incoraggiare le donne nel loro impegno per la pace. Ho riportato una considerazione di Gandhi: "Soltanto che le donne dimenticassero di appartenere al sesso debole, non ho dubbi che potrebbero opporsi alla guerra infinitamente meglio degli uomini... Supposto che le donne e i fanciulli d'Europa si infiammino di amore per l'umanità, trascinerebbero gli uomini e annienterebbero il militarismo in tempo incredibilmente breve". A qualcuno dei presenti è sembrato improprio che nella giornata della dignità delle donne si distribuisse un volantino contro l'invio dei bambini in caserma. Ma non è forse il militarismo l'espressione più truce del maschilismo? E i missili e le bombe, come ci ricorda Galtung, non sono forse la rappresentazione tragica del potere fallocratico che stupra la Madre Terra e massacra con un terrorismo dall'alto le popolazioni civili? Parlando ai piedi della torre pendente, alla fine del corteo, ho invitato le donne a mantenere un'uguale capacità di mobilitazione nel contestare i progetti dell'hub militare e di impedire che l'amministrazione comunale prostituisca la città alle logiche della guerra.
Non bisognerebbe mai temere la diversità di opinioni e negare la libertà di espressione a chi contesta le decisioni di chi comanda.
La nostra iniziativa di contestazione non ha nulla di personale nei confronti dell'assessora Chiofalo di cui riconosciamo il carisma e la personale generosità. La pace e la guerra, però, sono questioni troppo importanti per tenerle confinate nei limiti di una discussione privata e i cittadini devono poter ricevere il massimo di informazioni.
Come Centro Gandhi accetteremmo volentieri la sfida che ci lancia l'assessora Chiofalo di recarci in caserma con una nostra iniziativa di nonviolenza.
Ma andando in caserma il Centro Gandhi sarebbe garantito nell'esercizio della libertà di espressione? I bambini e le bambine potranno invitare i soldati al rispetto dell' art. 11della Costituzione italiana, sollecitando i paracadutisti a ritirasi dall'Afghanistan, o questa richiesta sarebbe interpretata come un reato, un invito alla diserzione?In caserma vorremmo, se fosse possibile:- spiegare che le spese per gli armamenti costringono alla morte per fame, per malattie, milioni di bambini della terra. Le armi uccidono anche se non vengono usate, diceva Raoul Follereau, mentre invitava a concedere l'equivalente di due bombardieri per sconfiggere la lebbra.
- ricordare al cappellano militare il comandamento biblico: Non uccidere!- sollecitare nei bambini con laboratori audiovisivi, con musiche e drammatizzazioni, la repulsione per il sangue e per le armi, perché la guerra, dice padre Zanotelli, deve diventare tabù, e un tale meccanismo culturale si sviluppa nella prima infanzia.
- esporre le foto dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, le foto dei bombardamenti su Pisa del 31 agosto 1944, che provocarono 9.000 morti.
- pregare e cantare con le canzoni pacifiste di Fabrizio De Andrè, Joan Baez, Mercedes Sosa, meditare con la lettura di brani dagli scritti di Tolstoj, Gandhi, Capitini, Lanza del Vasto, Danilo Dolci, don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani.
Quel giorno i soldati metteranno i fiori nei loro cannoni. E sui muri della caserma cartelli accoglieranno i bambini con frasi che inneggiano all'amore, e non alla guerra.
Finalmente "svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai", come invitò a fare il compianto presidente Sandro Pertini.
Rocco Altieri, presidente del Centro Gandhi di Pisa
Pisa, 18 febbraio 20