Nell’ottobre di quest’anno il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il premio per la pace all’Unione europea per la sua “vittoriosa lotta per la pace e la riconciliazione, per la democrazia e i diritti umani”, come si legge nel testo delle motivazioni. Il 10 dicembre alcuni rappresentati dell’Unione europea saranno ad Oslo per ritirare il premio.
Insieme a molte/i altre/i, non possiamo che esprimere la nostra contrarietà per questa decisione che ci lascia intravedere una strana idea di pace che non può essere la nostra e dallo spazio in cui ci collochiamo abbiamo deciso di contestarla. Siamo un gruppo di donne italiane e di madri e famiglie tunisine che dall’anno scorso lottano insieme nell’ambito della campagna “da una sponda all’altra: vite che contano. Dove sono i nostri figli?”. Pretendiamo che le istituzioni dei due paesi, l’Italia e la Tunisia, diano conto della scomparsa di molti migranti partiti subito dopo la rivoluzione, sapendo che non si può scomparire nel nulla. Siamo consapevoli che le ragioni per contestare un premio Nobel per la pace all’Unione europea sono molteplici, noi lo faremo perché riteniamo che le politiche migratorie dell’Unione europea prevedono da molti anni la scomparsa e la morte di migliaia di persone e la trasformazione del Mediterraneo in un cimitero marino. Lo faremo perché una pace che implichi quelle scomparse e quelle morti non può essere la nostra: noi la chiamiamo guerra.
Collettivo femminista Le Venticinqueundici (
Le madri e le famiglie dei migranti tunisini dispersi
Fonte: Cronache di ordinario razzismo