• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Una lettera al presidente del consiglio (Mao Valpiana)

(Fonte: "la nonviolenza è in cammino", n. 1318 del 6 giugno 2006)

Leggo su "il Messaggero" del 4 giugno 2006 un articolo di Fabrizio Rizzi a colloquio con il presidente del Consiglio dopo le polemiche sul 2 giugno.
Nell'articolo trovo scritto: "'Non capisco perché la pace e gli uomini in divisa non debbano andare d'accordo'. Il premier, Romano Prodi, risponde così, in un colloquio con 'Il Messaggero', alle critiche del fronte pacifista seguite alla parata militare del 2 Giugno ai Fori imperiali. Il Professore trascorre un week-end in famiglia, è sereno, ha il tono pacato.
"Questi uomini che hanno sfilato sono quelli che difendono e tutelano la pace. Non c'è alcuna contraddizione sul valore della pace e della libertà di tutti. Questo è quanto pensa il governo che così interpreta in maniera autentica lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione. La pace è il fondamento della nostra Carta. Ed è l'obiettivo primario per l'Italia. Sono proprio gli uomini in divisa, che ne sono custodi, a vegliare su di essa in Italia e all'estero". Dopo queste stupefacenti dichiarazioni, sono andato a rileggermi, per l'ennesima volta, il dettato dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

Signor Presidente del Consiglio, come lei stesso può constatare, non si parla in questo articolo né di militari né di Forze Armate. Il soggetto è l'Italia, cioè l'insieme di donne e uomini che formano la comunità italiana.
Insomma, la gente, i cittadini, gli italiani, il "popolo" cui spetta la sovranità, come dice la Costituzione stessa. Dove lei abbia potuto intendere che sono i militari a dover difendere il valore della pace, e pretendere così di interpretare in maniera autentica addirittura lo spirito dell'articolo 11, proprio non riesco a capirlo.
Le sue parole stravolgono la verità scritta.

Signor Presidente del Consiglio, comprendo la necessità del realismo politico cui lei è tenuto per l'importante compito che gli elettori le hanno assegnato, ma non posso accettare che per mantenere il delicato equilibrio su cui si regge la sua maggioranza, lei stravolga la lettera della Costituzione, sulla quale ha giurato fedeltà davanti al Presidente della Repubblica.
"L'Italia ripudia la guerra": questa è la lettera e lo spirito dell'articolo 11, che lei ha il dovere di osservare.
Già troppe volte quell'articolo è stato ignorato, calpestato, vilipeso dalle scelte fatte dai governi del passato, non si arrivi ora a negarne anche il senso compiuto. Non giochi anche lei con le parole, signor Presidente. Rispetti almeno la lettera, se non può salvare la sostanza.