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Rete di Quarrata – Lettera ottobre 2020

Carissima, carissimo

è davvero strano sentire quanto ciò che stiamo vivendo, all’improvviso, non coincide più con qualcosa di conosciuto. Questo insinua in noi una sottile angoscia che tentiamo di esorcizzare muovendoci, inventando,

sperimentando ma, senza fermarci per conoscerla questa paura, schiavi come siamo del nostro pensiero.

La speranza che potessimo trarre un insegnamento dall’esperienza nella tragedia di questa epidemia, sembra ormai svanita. Niente è più come prima però, il cambiamento continuerà, indipendentemente da noi. Se lo subiremo soltanto, non potrà essere di nessuna utilità.

Sarà un’altra delusione che daremo a noi stessi. L’umanità sarà in grado di provarlo quel salto che ci aspetta da tanto tempo?

Purtroppo sono coinvolte, in questo, forze sbagliate: la mente al posto del cuore.

Ora, da un autunno inconsueto, stiamo andando verso il silenzio di un inverno nel quale ci si può ritrovare per rivedere e comprendere dinamiche a noi immanenti che potrebbero portare a un profondo risveglio.

Se volgiamo lo sguardo alla realtà socio-politica nella quale siamo immersi quotidianamente, posso dire che l’Italia ha raggiunto una china pericolosa che peggiora ogni giorno di più, in particolare nel corso degli ultimi anni, di cui non capisco l’esito finale, ma temo non sarà positivo.

Accanto ai problemi che affliggono l’umanità intera, come ad esempio la diffusione di notizie false sui social, la violenza online, che i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri aumentano a dismisura, l’insensibilità a eludere le tasse ecc... ce ne è uno particolarmente inaccettabile: una parte di coloro che si occupano di “cosa” pubblica, non lo fanno per “servire” [il prossimo], come dovrebbe essere ma, per potere, per arricchirsi personalmente, appropriandosi di risorse pubbliche e causando un aumento esponenziale del debito pubblico, a danno dell’intera collettività ma, soprattutto a danno dei nostri figli e nipoti, insomma di chi sarà chiamato a ripianarlo.

Purtroppo non possiamo negare che oggi siamo in crisi, si è rotto il cosiddetto “patto educativo”; il patto educativo che si crea tra la famiglia, la scuola, il mondo, la cultura e le culture. Si è rotto e rotto davvero; non si può incollare o ricomporre. Non si può rammendare, se non attraverso un rinnovato sforzo di generosità e di accordo universale.

Una tale gestione del potere in uno degli Stati più potenti e armati della Terra, tanto più all’ora del suo declino, ha ricadute di indubbia gravità sul resto del mondo. Si ripropone il rischio già sperimentato all’inizio del secolo quando la destra al governo impostò il programma della militarizzazione dello spazio per meglio dominare la Terra e annunciò di voler instaurare il “nuovo secolo americano”, ovvero un’obbedienza planetaria, che causò la devastazione del Medio Oriente, nell’incentivo all’estremismo islamico e nel terrorismo generalizzato.

Le ricadute negative delle pretese di dominio globale e del contrasto al diritto internazionale possono essere molto gravi anche oggi.

Basti pensare a quanto accade in Brasile dove è in corso, col patrocinio di Trump, una catastrofe politica, sanitaria, economica e sociale. “La crisi peggiore di tutta la storia del Brasile” ha detto il leader dei contadini Joào Pedro Sedile che partecipò agli incontri dei movimenti popolari col papa; oggi in Brasile si sta realizzando l’attacco del neo-liberismo più sfrenato e Bolsonaro (un altro negazionista colpito dal virus) sta “privatizzando-svendendo tutto”: dalla Petrobras alla Caixa economica federal, dall’Embraer al Banco do Brasil, all’Acqua, alle Foreste, alle Risorse minerarie, all’Amazzonia ecc.

Si pensi ancora al tentativo americano di intimidire papa Francesco e bloccare il processo di conciliazione con la Cina. O si pensi al piano congiunto con Netanyahu per l’annessione a Israele delle terre palestinesi, in base ai diritti storici rivendicati dagli ebrei a partire dalla Bibbia; “Civiltà cattolica” spiega nel suo ultimo numero che la Bibbia può avere una tutt’altra lettura, e che “le rivendicazioni ebraiche nei confronti della terra vanno viste anche alla luce dell’esilio del popolo palestinese dalla sua patria e dalle sue esperienze di discriminazione e occupazione nelle terre oggi governate da Israele”.

È chiaro peraltro che se la tempesta incombe da Occidente, non certo rassicurazioni vengono da Oriente; e l’Europa stessa che sembrava ravvedersi sotto la spinta del Covid, deve ora fare i conti con i suoi sovranisti dell’Est continuando a sbarrare i suoi mari ai migranti.

Oggi il mondo intero appare immerso nella tormenta.

Perciò è necessaria una risposta politica. L’instaurazione di un sistema di garanzie a livello mondiale – dalla garanzia della pace a quella della salute, della difesa dell’ambiente, della libertà di migrare.

Oggi pur in questa grave situazione la violenza ha mille facce: da quella di un’economia che uccide, esclude e distrugge a quella che si annida in molte delle nostre case, contro le donne, i bambini, i diversi, i migranti, gli scartati.. Quella della corruzione, delle mafie e delle droghe ma, anche quella che tutti i giorni esce dalla televisione, dal web, alle parole che uccidono, al bullismo diffuso che ci perseguita. Penso alla guerra che si è riaccesa nel Nagorno-Karabakh, a quelle che da 75 anni insanguinano la Terra Santa e il Medio Oriente e a tutte quelle che non fanno mai notizia. Credo inoltre che ognuno di noi potrebbe giovarsi di una “regola” di vita per resistere alla deriva che ci sta trascinando verso una chiusura sempre più netta tra chi ha e chi soffre..

Una regola che ci permetta di capire cosa è bene e cosa è male, su quali valori va fondata la vita di una comunità, regole importanti, che ci permetteranno di formarci una visione più ampia di ciò che stiamo vivendo e decidere cosa accogliere a far parte della nostra vita.

Con l’enciclica sociale “Fratelli tutti”, papa Francesco continua a stupirci, a donarci il cuore di un pastore, la cui lettura del mondo parte da lontano, da una visione di ampio respiro e interpretazione, dai più poveri, da chi fa più fatica. L’enciclica è rivolta sia ai credenti sia ai non credenti. Papa Francesco sottolinea la necessità di ripartire da una fratellanza universale, dalla pace, affermando che la politica può fare molto. Ma, ovviamente, il Papa invita anche ognuno di noi a piccole azioni quotidiane, di conversione personale, familiare, dei corpi intermedi della società che possono lavorare sui territori e rendere più umani, vivibili e solidali i nostri quartieri, le nostre città, le nostre nazioni.

Per questo auguro ad ognuno di noi un tempo pieno di creativa volontà, di militanza e di solidarietà.

Antonio


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