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Chi vincerà il prossimo referendum? Ormai da molti mesi l'unico scopo, l'"oggetto immenso" della politica italiana è la vittoria nel referendum.

Renzi non pensa ad altro, e attribuisce all'esito del referendum conseguenze epocali sia per il vincitore - che dovrebbe essere lui - sia per i perdenti che dovrebbero essere tutti gli altri (D'Alema, Bersani, Zagrebelsky, i Cinque Stelle, i gufi, i parrucconi).

Il dibattito, se così si può chiamare, intorno alla riforma della Costituzione, ma, in generale, l'attuale dialettica politica mi lasciano perplesso e, sopratutto, mi fanno percepire inadeguato a questa cultura politica, che ormai ha contagiato quasi tutti, segnando una sconvolgente continuità con gli ultimi due decenni trascorsi.

Pubblichiamo, inviato dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani, il testo del discorso pronunciato da Piero Calamandrei a Milano nel Salone degli affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione dell'inaugurazione di un ciclo di conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi.

Guardando alle discussioni sul referendum costituzionale, sembra ogni giorno più difficile segnare un confine tra politica e antipolitica, stabilire dove finisce l'una e comincia l'altra. Un manifesto come quello che chiede ai cittadini "Vuoi diminuire il numero dei politici? Basta un Sì", incorpora clamorosamente l'antipolitica, le attribuisce una legittimazione che finora le era mancata.

Mentre in Italia, nel mondo, nel Mediterraneo, in Siria, a Calais c'è tanta disperazione, noi siamo costretti a devolvere due mesi della nostra vita privata, e se non della nostra vita privata, della nostra vita pubblica, al referendum per cambiare la Costituzione.

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