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Democrazia e dissenso

Leggo che nei resoconti della manifestazione di sabato si parla di guerriglia. Ora, la parola guerriglia significa conflitto armato fatto di assalti a sorpresa o imboscate. Cosa di cui non c’è stata traccia, sabato. Nessuna arma, nessuna imboscata. Solo uova e pomodori lanciati, che non hanno peraltro colpito nessuno. Perché dare dunque l’impressione di qualcosa che non c’è stato? A chi serve? A cosa serve?

Unicamente a dire che il dissenso non può e non deve essere tollerato – come la polizia del resto ha mostrato con i fatti, con una carica a freddo totalmente ingiustificata, visto che non c’è stato, come invece è stato detto, alcuno sfondamento del cordone da parte dei manifestanti (diciamolo chiaro: l’unico soggetto a esercitare violenza, sabato pomeriggio, è stata la polizia).

Qualcuno dice che i contestatori non sono democratici perché volevano negare la libertà di parola a Salvini. Paradossale: Salvini è ad ogni ora del giorno e della notte in televisione, dove dice quello che vuole, dando libero sfogo alla sua orribile propaganda razzista e autoritaria. Non mi pare che chi dissente da lui abbia la stessa libertà di parola. Forse è su questo, allora, su cui bisognerebbe riflettere: che cos’è, oggi, in senso sostanziale, la libertà di parola, e, in ultima analisi, che cosa è la democrazia.

Ma poi: uno dei padri nobili della patria, Sandro Pertini, rivendicava il libero fischio in libero Stato. Lo rivendicava perché credeva fermamente che la manifestazione del dissenso fosse sintomo privilegiato di una democrazia reale. Oggi, invece, l’esercizio del dissenso non viene tollerato, viene immediatamente tacciato di eversione. E questo è del resto normale in un paese dove il governo deve essere saldamente nelle mani di un grande partito della Nazione dalle magnifiche sorti e progressive.

Marco Rovelli

Pubblicato su www.altracitta.org

Fonte: L'AltraCittà - giornale della periferia