Pubblichiamo questa intervista, tratta dal sito dell'Associazione Cultura della pace di Sansepolcro, fatta da Andrea Borghini a Johan Galtung, sui temi della democrazia, dei movimenti e dell'economia, per avere uno sguardo dalla prospettiva nonviolenta sulla crisi del pensiero dominante occidentale.
L'eguaglianza sembra la questione cruciale del nostro tempo ma pare ridursi - come il concetto di libertà - ad una accezione di illimitata possibilità/diritto di autorealizzazione del singolo individuo, ma come staccato dal corpo sociale di cui fa parte: siamo forse giunti all'idea economica di un'eguaglianza tra dissimili, dove per rispetto del potenziale dei migliori si rigetta qualunque responsabilità verso chi resta indietro, da ritenersi sì eguale, ma di seconda fascia? a ognuno secondo le proprie capacità invece che secondo i propri bisogni?
Questa non è una domanda è tutta una filosofia sociale: si tratta esattamente del contrasto fra il livello sociale e il livello individuale. lo credo che uno dei problemi più importanti della società, che conosciamo molto bene in occidente, è un'esagerazione di competizione, verticalità e individualismo, in altre la gerarchia e !'importanza che viene data allo stare in cima alla gerarchia. Come possiamo contrastare questa tendenza? Con la cooperazione, l'orizzontalità. Ma perché non pensare a una combinazione delle due? Secondo me un'ottima soluzione si trova nella filosofia buddista: non si tratta di eliminare la competizione ma di entrare in competizione con se stessi e fare sempre meglio sia a livello individuale che nel tessuto sociale. Fare sempre meglio ma non nel senso di vincere nella relazione con gli altri ma nella relazione con se stessi. La formula, dunque, potrebbe essere la combinazione di cooperazione e competizione con se stessi.
La crisi della democrazia nell'epoca della globalizzazione si configura come crisi sistemica del modello economico-sociale retto dal mercato finanziario e dalla delocalizzazione, nei cui confronti lo stato-nazione ha perso ogni controllo; se prospettive come la decrescita appaiono utopie, quali nuove forme di politica possono impedire alle contraddizioni mondiali di arrivare al collasso?
La democrazia, naturalmente, è importantissima ma bisogna conoscerne la definizione. È un sistema di Governo che gode del consenso dei governati. Come possiamo sapere che c'è consenso? Un metodo sono le elezioni. Un altro metodo è il dialogo, che ha lo scopo di sviluppare il consenso. Un consenso più creativo, non certo nel senso del dibattito inteso come 'separazione mutua'. Di nuovo, perché non combinare tutti i metodi? Elezioni, dibattiti, dialoghi e molto più consenso. In un governo l"opposizione' fa esattamente questo. Il sistema migliore, secondo me, è il sistema svizzero con una coalizione permanente. È un pò la stessa risposta della domanda n. l. È necessario introdurre un elemento di orizzontalità - che si chiama dialogo - in tutta la verticalità che abbiamo anche nella democrazia, come dimostrato dal fatto che ci sono elezioni solamente ogni 4 anni e che quella finestra si apre solamente per 8 10 o 12 ore. Non è molto per questo è importante introdurre un elemento di coalizione permanente nel Governo, con molti referenti, e aprire la possibilità dei governati di pronunciarsi non solo con le elezioni dei partiti ma proprio sulle domande e i problemi specifici che si presentano volta per volta, esattamente come fanno in Svizzera ogni seconda domenica del mese nelle comunità locali.
Indignados, Occupy Wall Street, in Italia i No Tav e così via, una costellazione di masse insoddisfatte e impoverite non credono più nella democrazia rappresentativa, e richiedono la partecipazione diretta alla gestione del potere o l'autodeterminazione in toto: ritorna uno strisciante ideale anarchico con la possibilità di derive violente - e dunque funzionali al mantenimento degli assetti di potere - oppure questa indignazione può trovare un percorso idealepolitico nonviolento per generare un reale riassetto sociale?
L'espressione 'le strade dell'indignazione' è molto importante perché sottolinea la reazione del popolo, tuttavia, anche qui non mancano i problemi:
1) i politici "lassù" non conoscono le risposte; se avessero saputo le risposte avrebbero fatto molto meglio. Non è che loro non fanno niente perché non lo vogliono (a volte naturalmente c'è anche questo elemento) ma perché non lo sanno. Molto più importante dell'indignazione è avere idee chiare e precise e con le idee aiutare i politici.
2) io non sono convinto che la crisi economica che stiamo vivendo si possa risolvere a livello dello Stato centrale e delle Regioni. Ma naturalmente, ci sono cose che si possono fare, in particolare controllare la speculazione. In secondo luogo, molto più importante, è il livello locale, sviluppare l'economia locale. lo credo che gli indignati dovrebbero lavorare di più in un altro senso: creare cooperative agricole con punti vendita per vendere i prodotti direttamente dal campo al cittadino senza utilizzare i supermercati, per esempio. Questo non significa eliminare i supermercati ma significa avere una strada economica più diretta per il mercato. Questo potrebbe funzionare e potrebbe dare non solamente lavoro, ma cosa ancora più importante, potrebbe dare da mangiare agli indignati stessi. Quindi idee chiare e pratica a livello locale questo sarebbe un contributo non violento alla democrazia.
L'Occidente che esporta democrazia e mercato è lo stesso che produce il concetto di 'vittime collaterali': in realtà noi occidentali tolleriamo l'Altro solo come innocuo folklore, mentre lo rifiutiamo quando si manifesta come insopprimibile Diverso da noi? come guarire da questa schizofrenia?
La schizofrenia è molto chiara e anche la risposta è chiara: è necessario introdurre la democrazia nel mercato.
l. innanzi tutto all'interno della ditta stessa: cioè avere un'assemblea generale con i dirigenti, il capo generale, gli operai ma anche i clienti e la comunità dove si trova la ditta, un'assemblea generale dove articolare tutti i problemi e trovare insieme la soluzione.
2 cosa molto importante, curare il rapporto consumatori/ produttori. Per spiegarmi meglio vorrei fare degli esempi. Il primo: il computer. In questo caso i produttori hanno fatto, io credo, uno sbaglio fondamentale, creando la necessità di salvare il testo che viene scritto. Naturalmente noi non scriviamo i testi per perderli ma il problema non dovrebbe essere come salvarli ma forse, come eliminarli. NeIla vecchia macchina da scrivere era ovvio che con la carta c'era il testo adesso invece abbiamo sempre l'ansia di aver dimenticato di salvare. Un dialogo fra produttori e consumatori avrebbe forse molto da offrire in questo senso. Un altro esempio è l'automobile, molto importante nella nostra vita come il computer. lo credo che la macchina sia stata fatta male e si stia continuando a fare lo stesso. Molto meglio sarebbe una macchina molto più rotonda non esattamente circolare ma ovale e con un tipo di rivestimento interno di caucciù, anziché metallico, tale rivestimento dovrebbe essere anche interno per evitare alle persone le conseguenze terribili degli incidenti; ancora, dovrebbero avere la velocità massima che corrisponde alla velocità che abbiamo nelle strade. Invece, abbiamo un tipo di macchina che provoca moltissimi danni e tutte le officine guadagnano moltissimo dal riparare le macchine, senza contare i danni alle persone, con molti feriti con moltissimi morti. È una vera catastrofe. Ancora una volta un dialogo fra produttori e consumatori potrebbe essere molto molto utile e non è troppo tardi, si può iniziare con dei computer che non abbiano in sé questo 'errore' di salvare, e eliminare immediatamente le macchine che sono una minaccia per la vita umana e forse c'è da qualche parte un produttore che potrebbe utilizzare questa idea anche per guadagnare un pochino di più.
Johan Galtung, fondatore dell'lnternational Peace Research Institute e della rete Trascend per la risoluzione dei conflitti
Pubblicato sul n. 592 - anno 50 – aprile 2013 di “Azione Nonviolenta”, rivista mensile fondata da Aldo Capitini nel 1964
Intervista a cura di Andrea Borghini, dell'Associazione Cultura della pace di Sansepolcro