Perché ricordare due giornalisti cattolici antifascisti che si sono battuti per la libertà? Perché tutto cominciò con le liste di proscrizione
di Mario Pancera
Nel settembre scorso se n’è andato il giornalista e scrittore Franco Fucci, che era stato alpino nella seconda guerra mondiale e partigiano amico di Giancarlo Puecher. Si era battuto per la libertà. L’avevo conosciuto, agli inizi del mio lavoro, nel quotidiano « Il Popolo», organo ufficiale della Democrazia cristiana, il cui primo direttore era stato Giuseppe Donati, che il fascismo aveva messo nelle sue liste di proscrizione e morì esule a Parigi. Due giornalisti cattolici antifascisti: sarebbero oggi nelle liste nere di Beppe Grillo. Secondo i giornali, lui le ha chiamate, appunto, black list. Con Grillo non dimentichiamo Gianroberto Casaleggio, ritenuto il suo ispiratore.
Donati e Fucci mi sono nomi cari, sia pure naturalmente per motivi diversi, ma a loro mi legano gli ideali di libertà. In questo momento rappresentano, ai miei occhi, tutta la categoria dei giornalisti che si battono per la libertà di stampa, quelli che sono minacciati, quelli che hanno dato la vita, quelli che sono detenuti e torturati nelle carceri dei regimi totalitari di tutto il mondo. Nomi nuovi, nel mirino delle mille mafie del globo, si trovano quasi ogni giorno sui mass media. Davanti a loro c’è da inchinarsi.
«Diamo ad Al Qaeda le coordinate per bombardare il Parlamento», aveva gridato Grillo tempo fa. E aveva invocato lo tsunami sui politici. Aveva attaccato anche l’istituzione dei partiti politici e gli elettori che davano loro il voto. Distruzione e morti, senza contare i gesti, le offese, le volgarità coprolaliche. Adesso arriva a chiedere: chi conosce qualche critico del grillismo che scriva sui giornali o lavori in altri mezzi di informazione, lo segnali al duo Grillo-Casaleggio. Penseranno loro a farlo fuori con i mezzi finanziari e propagandistici di cui dispongono. Hanno già cominciato con una giornalista dell’«Unità».
Ricordano le delazioni e le infamie all’ombra delle rivoluzioni, da quella francese, a quelle sovietica, fascista, nazionalsocialista e così via. Bastava un sospetto, una inimicizia, una parola e, zac, la persona «ostile» era finita: la ghigliottina, la Lubianka, la Siberia, il confino, il Lager, l’isolamento. A seconda dei paesi e delle epoche. Operai o poeti, avversari o compagni di strada, vicini di casa e perfino familiari. Poveri giornalisti «ostili» a Grillo…
La solita voce dal loggione: «E, con tutto quello che succede, finisce qui?»
Seconda voce: «No».
Cri cri tra la folla: «Viva il fascismo».
Mario Pancera