Più che alla legge truffa di De Gasperi, che truffa invero non era, perché prevedeva un premio a chi avesse ottenuto il 50% + 1 dei voti, di fronte ai pericoli della legge elettorale promossa dall’attuale governo il richiamo dovrebbe andare più propriamente alla legge elettorale detta Acerbo, discussa e approvata nel 1923. Con essa il Fascismo si accomuna al Reichtag tedesco che votò i pieni poteri a Hitler nel 1933, o alla riforma di Petain del 1940. Con la Legge Acerbo, infatti, che concedeva i 2/3 dei deputati alla lista che a livello nazionale avesse ottenuto il 25% dei voti, di fatto si regalava la maggioranza parlamentare all’esecutivo: “permettendogli di introdurre, senza violare la legalità formale, le innovazioni più traumatiche e più lesive della legalità statuaria sostanziale, compresa quella che consisteva nello svuotare di senso le procedure elettorali, trasformandole in rituali confirmatori da cui era esclusa ogni possibilità di scelta”. Questo giudizio severo è di uno dei massimi storici del Fascismo, Giovanni Sabbatucci, che mette in mostra con parole semplicissime la valenza del NO a leggi elettorali come la Renzi-Boschi.
Del resto il gran vecchio storico, maestro di molti di noi, Giorgio Candeloro, aveva annotato che il Re, che aveva ceduto al fascismo, non aveva inserito la legge elettorale nei pieni poteri concessi a Mussolini, nominato capo del governo, con legge 3 dicembre 1922, n. 1601.
Anche questo, per chi non è sordo o cieco, dovrebbe pur significare qualcosa, il nostro piccolo Re è considerato uno che aveva consegnato l’intero paese a Mussolini, senza alzare la voce su niente.
Queste riflessioni e questi fatti dovrebbero far ben pensare tutti gli italiani.
Non si sta discutendo in effetti di noccioline, nemmeno di quelle americane!
Massimo Michelucci
Vicepresidente ISRA - Istituto della Resistenza Apuano