Gli attacchi al Parlamento. La Boldrini ha ragione. In attesa di un decisione dei vescovi
di Mario Pancera
«Quello che è successo è scandaloso e mortificante per l’Italia e per tutti. Io mi sentirei umiliato ancora più di quanto non mi sento già umiliato se l’Italia fosse la fotocopia di quanto è successo in Parlamento», ha detto il vescovo Nunzio Galantino, durante la conferenza stampa che ha concluso il Consiglio episcopale permanente. Il segretario generale della Cei parlava delle aggressioni agli altri parlamentari da parte di loro colleghi del M5s: aggressioni verbali violentissime, specie contro le donne, con minacce di ogni genere continuate nei giorni successivi. Alla tv si è visto di tutto.
Qualcuno vorrebbe che, nella crisi generale, il dramma vissuto in Parlamento in questi ultimi mesi diventi tragedia, cioè porti alla sua dissoluzione. Alcuni mestatori lo dichiarano pubblicamente. L’Italia nel caos. Non sapendo cosa avverrà in futuro, raccolgo qui qualche commento e qualche immagine della settimana tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio per avere un punto fermo. Ho vissuto alcuni anni prima della seconda guerra mondiale e perciò, inevitabilmente, entrano nel discorso anche alcuni ricordi di quei tempi «in camicia nera».
Qualche giorno dopo la dichiarazione del vescovo Galantino, in occasione di una conferenza del cardinale Angelo Scola nell’aula del consiglio della Regione Lombardia su «Un nuovo umanesimo», i seguaci di Grillo e Casaleggio, sono usciti. Per disinteresse o per altri lavori? No, «per protesta». Di che cosa? Vogliono che la chiesa non entri nella politica, che deve restare laica. Questo ho capito dalle parole di una loro consigliera, intervistata dalla Rai. E se invece dell’arcivescovo di Milano l’intervento fosse stato del rabbino, dell’imam o di un altro rappresentante religioso? La domanda non le è stata posta (o, almeno, non l’ho sentita in quella trasmissione). Era, a mio parere, solo una stupida scortesia in un luogo istituzionale. La Regione è di tutti. La stupidità al posto delle idee diventa violenza.
«”Hate speech”, discorso dell’odio. È così che in inglese si parla degli insulti. Quegli “atti linguistici” particolari che non servono solo a “dire”, ma anche a “fare” qualcosa. Ossia ad offendere, a ferire, a far male. Perché quando si insulta una persona, lo scopo non è affatto quello di manifestare il proprio disaccordo e dialogare con l’interlocutore, ma piuttosto quello di togliergli le parole di bocca e farlo tacere», ha scritto Michela Marzano, della Commissione Giustizia del Senato, aggredita con frasi triviali dal senatore Massimo De Rosa, M5s. In effetti, c’era da aver paura. Forse l’ha avuta anche l’on. Roberto Speranza, Pd, sotto la valanga di accuse gridategli addosso dall’on. Alessandro Di Battista, M5s, per impedirgli di parlare alla stampa. Di fatto, gliel’ha impedito e ha preso il suo posto davanti alle tv.
«”Noi rappresentiamo i cittadini, voi siete il male assoluto”. Era così che era iniziato tutto. Da chi rivendica sempre pacifismo e volontà di cambiare le cose democraticamente. Quanta democrazia e pacifismo c’è dietro la violenza degli insulti?», conclude la Marzano. Molti si sono chiesti che cosa era andato a fare alla Commissione Giustizia (che in quel momento si occupava di detenuti) il senatore De Rosa, vicepresidente della Commissione che riguarda ambiente, territorio e lavori pubblici? Leggo: appariva agitato e aveva in mano un casco da motociclista. Chiunque avrebbe avuto paura.
La presidente della Camera, Laura Boldrini, qualche giorno dopo in un’intervista tv ha detto che questi sono «atti eversivi». Ha ragione. Il fascismo cominciò con le parole e le minacce. Grillo ha detto che i partiti sono morti, che bisognerebbe fornire le coordinate ad Al Qaeda perché bombardi il parlamento (italiano). Non parliamo di quanto dice sul presidente della Repubblica. L’anno scorso si è fermato un momento prima di fare una già annunciata marcia su Roma. Il parlamento, i partiti e il presidente sono di tutti gli italiani. Cosa si vuole di più per assomigliare allo squadrismo degli Anni Venti?
Il segretario della Cei ha osservato che «siccome non vogliamo farci prendere da quel tipo di palude, come aveva richiamato il cardinale Bagnasco nella prolusione di lunedì 27 gennaio, vogliamo e amiamo pensare che, grazie a Dio, c’è anche dell’altro. Abbiamo l’obbligo di far notare che c’è altra gente che cammina in modo diverso».
D’accordo, monsignore. Facciamolo notare, non entriamo in quel tipo di palude, ma – lo gridino tutti i vescovi ai politici che si dicono cattolici – fermiamo l’eversione con un’altra politica, grazie a Dio, più matura, viva, vitale, libera, cristiana. Sui fondamenti cristiani. E, come diceva don Mazzolari: «Adesso, non domani».
Mario Pancera