È proprio vero che se sei "amico di Israele" sei anche "amico degli ebrei" e quindi ti puoi dire scevro da pregiudizi antisemiti e considerare arruolato fra coloro che si battono contro l'antisemitismo? Per dare a Silvio quel che è di Silvio, dobbiamo riconoscere a Berlusconi, nonché al suo fedelissimo Ciarrapico, il merito di avere dimostrato che quella equazione non si regge su solidi fondamenti (anche se occorre ammettere che talvolta possa essere valida). Con le loro recenti esternazioni, i due citati esponenti politici hanno reso esplicito ciò che i meno sprovveduti avevano visto e compreso da lungo tempo.
Quando Berlusconi dichiara di "amare Israele", anzi, di "essere israeliano", è difficile pensare che non sia in buona fede. Ma nel contempo, quando si intrattiene con il profanum vulgus di casa nostra - al quale certe facezie triviali vanno a genio - per raccontare turpi storielle che si prendono gioco delle vittime della Shoah, nessuno di coloro che, in Italia e in Israele, sono sintonizzati con lui e con la sua logica fa mostra di impermalirsi. Non è forse vero che, semel in anno, arriverà pur sempre un 27 gennaio che consentirà anche al razzista più incallito e intollerante di celebrare con parole di circostanza la memoria dei morti nei Lager? Berlusconi, dunque, è uno dei migliori amici e sostenitori di Israele, ma è tale non perché Israele sia o si definisca "lo Stato degli ebrei". E allora, quali sono gli aspetti di Israele e della sua immagine che tanto affascinano il nostro primo ministro e i suoi sodali? Vale la pena di ricordare che in un'Europa alle prese con il problema di "gestire" le nuove minoranze di immigrati che dal sud e dall'est vi si stanno insediando, i vari Paesi mostrano di proporre soluzioni di segno diverso. Nella Germania federale, per esempio, che pure non ha un governo di sinistra, numerose prese di posizione del Cancelliere Angela Merkel e del ministro delle Finanze Wolfgang Schauble, nonché le recentissime dichiarazioni sull'Islam del presidente Christian Wulff, lasciano intendere che il sistema politico tedesco, guidato da una classe di governo che sa guardare avanti, nel futuro, è chiaramente orientato a integrare le minoranze, accettando di favorire la nascita di una società multietnica e aperta alla pluralità delle fedi e delle culture.
Per contro l'Italia berlusconiana fa parte - assieme alla Francia di Sarkozy, all'Olanda e alla Danimarca - di un nucleo di Paesi che reagiscono alle "infiltrazioni aliene" con le espulsioni, con i respingimenti e con vari altri strumenti che la cultura dell'intolleranza li induce a utilizzare. Agli occhi (forse un pò invidiosi) di Berlusconi, Israele appare non già come lo Stato pensato e creato in Palestina da ebrei in fuga dall'Europa razzista, bensì come il simbolico avamposto dell'"Occidente" alle prese con l'"accerchiamento islamico": una sorta di efficiente sentinella avanzata, chiusa a riccio in difesa della propria integrità, impavida nel suo isolamento e capace, quando il caso lo richieda, di ricorrere senza troppi scrupoli a politiche muscolari e a rispondere al nemico colpo su colpo.
E sull'altro versante non v'è dubbio che i principali esponenti politici della destra nazional-religiosa che stanno attualmente guidando Israele, preoccupati come sono di conservarsi la "profonda amicizia" di Berlusconi, guardino alla xenofobia, al disprezzo per le minoranze e anche a eventuali concessioni all'antisemitismo dell'Italia berlusconiana con benevola indifferenza.
Queste sono alcune delle cose che le recenti sortite di Berlusconi e Ciarrapico hanno avuto il pregio di portare allo scoperto. Oggi, però, a riproporre in termini plateali la discutibilissima equazione tra sostegno a Israele e lotta contro l'antisemitismo, e quindi a rendere ancora una volta poco limpide le acque nelle quali stiamo cercando di nuotare, si terrà a Roma la manifestazione "Per la verità, per Israele" promossa da Fiamma Nirenstein e Giuliano Ferrara. A essa prenderanno parte anche alcuni nostri amici e persone per le quali nutro personalmente il massimo rispetto.
Anche se in quella sede verranno espresse opinioni varie e forse contrastanti, dubito fieramente che l'odierna maratona verbale possa dissipare le nebbie e il disorientamento che aleggiano in Italia attorno a Israele e al conflitto nel Vicino Oriente. Quando, su queste tematiche, mi accade di leggere i testi che Nirenstein e Ferrara producono con eroico furore, le loro parole mi appaiono involucri vuoti, contenenti un pesantissimo nulla.
Temo che, alla fine della maratona, nessun serio passo in avanti sarà stato compiuto, nè a vantaggio della verità, nè a vantaggio di Israele.
Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo