Una riflessione di Massimo Michelucci che, prendendo spunto da una vicenda locale, ci induce a riflettere, molto più in generale, sul nostro smarrire con la memoria storica anche i fondamenti su cui si basa la convivenza civile e nazionale nata con la resistenza.
Su Ubaldo Bellugi recentemente è stato presentato di nuovo un odg in Consiglio Comunale a Massa per intitolargli una strada, la proposta è stato respinta dalla grande maggioranza dell’assise. Io sono innamorato di Bellugi poeta dialettale, soprattutto quando sento recitare le sue poesie dall’attore Edilio Bellé, ma non posso che essere d’accordo con l’ANPI di Massa che ha scritto parole molte sagge sull’argomento, affermando che non è in discussione il letterato, ma il fascista, e che di Bellugi è bene e giusto leggere i suoi scritti letterari, ma davvero inopportuno intitolargli un qualcosa di pubblico per il suo ruolo che ebbe col fascismo. In tale controversia che può sembrare anacronistica, provinciale, vetero-ideologica, è in effetti in discussione un valore fondamentale per la nostra democrazia che è l’antifascismo, che dai più è riconosciuto formalmente, ma disatteso nella pratica, in quanto costituisce un rinvio alle regole, alla discussione, alla partecipazione che sono pratiche purtroppo disattese se non sconosciute nella vita politica e civile.
L’ANPI ha altresì rimarcato che dietro ad operazioni di questo genere, volute o no, perché anch’io non voglio escludere a priori l’onestà degli intenti, a parlare di fascisti buoni, fascisti artisti, fascisti architetti, fascisti poeti, etc. viaggia comunque non un processo di pacificazione (già di fatto realizzato nell’immediato dopoguerra), ma di parificazione ideologica, che è davvero strumentale ad un revisionismo che vuol porre in discussione le basi storiche del nostro sistema democratico, e la sua legge fondamentale, cioè la Costituzione. L’ANPI ha scritto in maniera incontestabile:
Perché continuare a pensare al falso mito degli “italiani brava gente”, da cui deriva quello del soldato italiano bravo soldato, e del fascista non cattivo come il nazista, ma in fondo brav’uomo, e come nel nostro caso bravo poeta, bravo artista? Ma come mai ci si ostina, anche in persone che si qualificano appunto antifasciste, a non fare mai veramente i conti con la nostra storia ed il nostro passato? E soprattutto ad esserne eticamente consapevoli? Così si arriva a voler dedicare una strada ad un podestà, perché era un bravo poeta!
Siccome nell’ambito dei pubblici dibattiti e sulla stampa e in Consiglio Comunale sono state messi in discussione, nella loro oggettività e verità storica, i giudizi negativi su Bellugi uomo politico, mi preme fornire alcuni appunti documentari che non provengono da libri di storici avversari del fascismo (ad evitare che si possa dire che ci si basa su giudizi di parte), ma solo da libri e documenti che possiamo definire oggettivamente fascisti.
È però preliminare chiarire due questioni più generali.
Quella che esistono amministratori fascisti che hanno fatto cose buone. Per esempio i giovani di destra hanno ricordato che con Bellugi e il fascismo Massa si abbellì di grandi infrastrutture che hanno segnato il territorio (la Zona Industriale, le grandi strade come il Viale Roma, il Litorale, alcuni edifici pubblici, etc). Altri hanno ricordato in tale senso anche la figura di Osvaldo Sebastiani che promosse la creazione della ZIA, dal suo ruolo di segretario particolare di Mussolini! Insomma fascisti buoni e validi. Tali discorsi dimenticano, e ci si chiede come sia possibile, cioè appare incredibile che la dimenticanza sia onesta, e non strumentale a qualche fine (ed è questo il dramma vero per cui tale posizioni devono essere contestate), che il fascismo guerrafondaio quelle cose che pur fece poi le ha distrutte perché la guerra, che Mussolini fin dall’inizio perseguì volontariamente per tutto il regime come strategia di azione politica basata sulla violenza, portò alla distruzione di tutto il paese, e per stare alla nostra zona: le strade, gli stabilenti della ZIA, gli edifici pubblici furono quasi completamente distrutti, e furono le nuove amministrazioni democratiche che le hanno completamente ricostruite con grandi sacrifici economici che sostennero quindi i cittadini.
Quella che esistono artisti e letterati pur fascisti o definiti tali a cui strade e piazze sono in Italia da più parti dedicate, e si fa l’esempio principe di Pirandello. A parte il fatto che il paragone per qualità e livello di cultura, pur stimando il nostro poeta Bellugi, è impresentabile, e se qualcuno lo presenta è inaccettabile. Ma ancora si dimentica la “piccola” distinzione che Bellugi ricoprì anche una carica importante, cioè fu un rappresentante pubblico del regime, una sua bandiera, nella sua persona e nella sua immagine si configurava il sistema, ed il sistema era purtroppo il fascismo. Gli altri intellettuali fascisti o presunti tali cui sono dedicate strade, come ancora ad esempio Pirandello, non ebbero certo un ruolo simile.
Ma veniamo ai dati concreti promessi, perché sulle riflessioni, come detto si può essere contestati.
Nell’ambito della discussione pubblica sul tema è stata definita come calunnia l’affermazione che Bellugi fosse stato arrestato, eccone invece il riscontro inoppugnabile.
“Il 30 aprile [1921] era sorto il fascio di Massa e dal 9 giugno ne era segretario Ubaldo Bellugi, che lo portò ad uno sviluppo notevolissimo soffrendo di persona nel giugno stesso una condanna a diversi mesi per quattro diversi titoli di reato”.
L’ho definito inoppugnabile in quanto la citazione è ripresa da: Da C. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, vol. II, 1921, Vallecchi, Firenze, 1929, p. 456. Una vera e propria opera di regime!
Lo sviluppo del fascio nel 1921 avvenne attraverso le cosiddette spedizioni punitive nelle quali gli squadristi fascisti seminarono violenza in tutto il paese attaccando e distruggendo circoli operai, cooperative agricole e industriali, sezioni dei partiti operai, giornali di sinistra, abitazioni di anarchici, socialisti, comunisti, repubblicani e popolari. Il novero di questi azioni, vere e proprie violenze squadristiche, è elencato dettagliatamente nel libro di Chiurco in quanto erano considerate e definite “trionfi”, dei quali appunto il fascismo ed i singoli fascisti si vantavano come titoli di merito .
Tali nefandezze avvennero anche nella Zona Apuana e Versiliese e nelle spedizioni squadristiche il fascio massese di Bellugi, unitamente a quello di Carrara di Ricci, furono particolarmente attivi o meglio come si afferma “gloriosi”.
Il 12 giugno 1921 i fascisti inaugurarono il gagliardetto della loro sezione a Pontremoli, vi si concentrarono i fascisti provenienti da La Spezia e Massa; vi giunsero lo stesso Perrone Compagni, e Ubaldo Bellugi segretario di Massa con Renato Ricci. La città fu in preda agli squadristi che dalla prima mattina distrussero il circolo ferrovieri e il circolo operaio della Nunziata; il pomeriggio un gruppo di squadristi comandati da Ricci si recò a Sarzana, dove spararono uccidendo un vecchio.
Dal maggio 1925 il segretario del fascio Bellugi assunse la carica dell’amministrazione comunale divenendo poi, due anni più tardi, podestà, carica che tenne senza interruzione fino al 1938.
A seguito dei fatti di Pontremoli e della Lunigiana del giugno 1921 Bellugi fu arrestato. Lo conferma un’altra fonte di parte, l’Opuscolo dell’Amministrazione comunale di Massa, “Massa nell’anno V del Littorio”, 1927, che chiaramente era stata prodotto da Bellugi come Podestà.
Vi si legge:
“Nel giugno, Ubaldo Bellugi, di ritorno dalla rossa Pontremoli, dove era andato entrando in linea un nuovo gagliardetto, era stato arrestato a La Spezia dalle guardie regie, e dopo alcuni giorni di carcere comune, condannato a più di tre mesi con quattro diversi titoli di reato” (p. 52).
Nel libretto l’azione, i metodi e lo stile dell’azione “politica” di Bellugi sono ben illustrati, infatti vi si legge che quando, nell’aprile, fu eletto capo della nuova sezione di Massa:
“Rinforzò la lotta. I nemici tremarono…” (p. 47). “Purificato l’ambiente cittadino, con una azione metodica e martellante di ogni giorno, le camicie nere disinfettarono, metro dopo metro, casa per casa, le zone rurali…” (p. 48)
Quindi nel 1921 i fascisti massesi, con a capo il loro Bellugi, “purificarono” e “disinfettarono” la città e le ville. Bellissime parole! Tanto che si potrebbe sicuramente apprezzarle sul piano poetico! Ma mi preme rimarcare che non si trattò di interventi sanitari o di trattamenti a base di innocuo olio di ricino, ma di cruda e sadica violenza, fatta di agguati, bastonature, distruzione di case e cose, ferimenti, uccisioni. Una stagione che “obbligò” le forze politiche antifasciste, trattate appunto come ratti, a chiedere le loro sedi, a smettere di fatto l’attività politica, ed ai suoi rappresentanti a fuggire via per rifugiarsi finanche all’estero. Tra i tanti mi piace ricordare il caso del massese Aladino Bibolotti, che era stato segretario socialista, poi comunista appunto nel 1921, poi imprigionato dal regime, e che guarda un po’ fu poi un Costituente, cioè uno dei padri della nostra patria.
All’azione su Sarzana del luglio 1921 per liberare Ricci arrestato, parteciparono chiaramente anche gli squadristi massesi, alcuni morirono. Il fascismo li ricordò come eroi, ma erano partecipanti a spedizioni punitive, erano loro cioè i violenti. E lo erano oggettivamente al di là delle loro convinzioni personali, nell’atto della partecipazione ad una azione violenta che la storia e la coscienza civile condannano senza giustificazioni di sorta. Ebbene i nomi di tali eroi appaiono ancora sulla facciata del Duomo di Massa, che fu fatta sotto il fascismo, ed a nessuno, mi pare, è mai venuto in mente di cancellarli, a dimostrazione che poi anche il fervore antifascista in città nel dopoguerra non fu terroristico ed iconoclasta tanto da prendersela anche con certi monumenti. A Sarzana i fascisti massesi erano assieme a quelli di Carrara e a quelli di Firenze, capeggiati da Dumini, che poi fu l’assassino di Matteotti.
Si potrebbe quindi chiosare che tra i fascisti della prima ora, tra gli squadristi violenti, qualcuno divenne sicario, qualc’un altro podestà.
Ma appunto i giudizi e le differenziazioni nella storia non si fanno sui singoli e le loro personalità, ma più in generale per appartenenza, per cosa rappresentarono nell’insieme. Identico errore per esempio lo si fa a destra (e purtroppo ormai anche a sinistra!) quando si parla dei bravi ragazzi di Salò. E chi nega che tra essi ci fossero giovani idealmente ed onestamente motivati? Quel che conta purtroppo è cosa rappresentarono nel loro insieme: un esercito mercenario, asservito all’occupante nazista che li usò soprattutto in azioni di rastrellamento e in azioni di rappresaglia antipartigiana che diedero luogo soprattutto ad azioni violente e tragiche verso la popolazione, dando di fatto il là all’inizio di una vera e propria guerra civile!
Veniamo all’ultimo documento, davvero interessante.
Si tratta di una comunicazione ufficiale del Questore di Massa Epifanio Pennetta che scriveva al prefetto della Provincia, in data 7 settembre 1932. Pennetta ebbe una storia importante nella polizia del regime: da commissario, nel 1924, aveva indagato anche sul delitto Matteotti, fu poi stretto collaboratore del Capo della Polizia Senise, e nel 1941 ricopriva l’importante ruolo di Direttore della seconda sez. affari generali e riservati di PS. La lettera si trova all’Archivio di Stato di Massa, fondo Gabinetto Prefettura, IV serie, 1921-1939, b. 3 fasc.9-1. Siamo in pieno regime!
Il Questore offre il quadro di tutti i componenti il Direttorio Federale dal PNF, e per Bellugi così riferisce:
“Il Cav. Uff. UBALDO BELLUGI, fascista della prima ora, seguace un tempo di S. E. Ricci, col quale pare si sia in questi giorni riconciliato, è una bella intelligenza. Non ha, però, titoli di studio e poca volontà ha di lavorare. Dicesi abbia diverse passività. Come Podestà di Massa è molto discusso, per il disordine amministrativo nel quale è tenuto il Comune. Non ha benemerenze di guerra, è ufficiale della Milizia (ora Senior) per avere comandato un reparto durante la Marcia su Roma. Ha partecipato a varie azioni fasciste, a Massa ed altrove, tra le quali quella di Sarzana. È un simpatico “causeur” ed è l’idolo di alcuni salotti cittadini. I massesi affermano che si occupi di teatro e di donne più che di amministrazione”.
Riconosco che le citazioni possano essere anche un po’crude. Ma nella baraonda degli interventi a favore e contro (strumentali ed onesti che siano) sembra che nessuno conosca bene la storia, e allora i documenti anche indelicati diventano opportuni ed è quindi giusto farli conoscere perché solo attraverso essi si hanno informazioni concrete, non opinioni.
Ognuno ora dopo averli letti da sé, tra sé e sé, può farsi la propria ragione.
28 ottobre 2011
Massimo Michelucci