E' bene rimarcare che gli “ambientalisti” sottoscrittori non sono contro la chiusura totale delle cave, ma a favore sia del rispetto delle leggi in essere nel nostro ordinamento giuridico, sia dell'interesse collettivo rispetto a quello privatistico così come indicato dall'art 41 della Costituzione. Sappiamo che nella semplificazione delle argomentazioni elettorali è molto più facile costruire recinti ideologici che affrontare la complessità dei problemi.
1) “Non vendiamo cave” .
R: La concessione delle cave si configura praticamente come una vera e propria alienazione perché il Comune, che è inadempiente non avendo recepito la normativa regionale che fin dal 1995 gli imponeva un regolamento adeguato ai tempi (che nel bene e nel male comunque Carrara ha fatto) , normativa convalidata da una sentenza del Consiglio di Stato, utilizza la legge del 1846 che prevede che chi ottiene una concessione di cava possa venderla, subaffittarla, lasciarla in eredità: se non è una vendita in senso proprio è senz’altro un’enfiteusi anomala, perché non prevede né il miglioramento del fondo, né la scadenza a 99 anni. Dunque una vera e propria cessione di diritti a terzi di beni della comunità. Dopo tutto è il nostro assessore che equipara la concessione in oggetto a quella delle spiagge e sappiamo tutti come vengano generati forti guadagni nella cessione tra privati, e a solo vantaggio dei privati, di beni demaniali.
2) “Danno erariale se il Comune non fa il bando”
R: Davvero assessore? Dobbiamo allora citarla per danno erariale perché non ha ancora fatto il bando per Bore Puntello, Borre, Borre Mucchietto e Carpano di sotto, Colle alle scope?
3) “Il prezzo del bando (50.000 euro) rispecchia la ridotta superficie della cava, la mancanza di una strada, le numerose frane sui fronti di cava e la necessità di messa in sicurezza delle pareti”
R.: Consigliamo all'Assessore di visitare il sito per rendersi conto che una strada c'è fino a poche centinaia di metri dalla cava tanto che esiste una sbarra che impedisce l'accesso ai comuni cittadini come se l'area fosse un fondo privato. Credo che, a quel punto, si renderà conto dello scempio ambientale che l'attività mineraria ha causato. Vogliamo proseguire a tormentare questo territorio fragile e soggetto a frane, come nelle vicine cave della Rocchetta, con un serio pericolo per gli operai che vi lavoreranno?
4) “Nessun danno ambientale perché non ci sono cavità carsiche da poter determinare una connessione con la sorgente del Frigido”.
R.: Lei ha visto il colore del Frigido del 30 di Marzo scorso? Una foto sta girando su Facebook e altre denunce alla stampa in merito al problema erano state fatte questa estate. La sorprende sapere che il canal Fondone è un affluente del Frigido?
5) “La cava era in mano a una società sudafricana non la stava sfruttando, era un cantiere improduttivo…la società non era interessata a sviluppare il sito e a impiegare manodopera locale. Abbiamo iniziato nel 2009 un processo che ha portato alla caducazione”
R: A noi risulta che la cava ha cessato di operare, solo perché il Parco le ha imposto preventivamente di pulire il canal Fondone ricoperto di detriti. Voi obbligherete i nuovi concessionari a rimuovere i detriti, come di dovere? Perché non obbligate a pulire anche il fosso della Rocchetta che scorre a 5 metri dalle sorgenti del Cartaro?
6) “Dal 2008 al 2012 il Comune ha introitato 7.200.0000 euro di tassa marmi e 300.000 di canoni di concessione”
R: Riteniamo briciole i 60.000 euro di canoni di concessione e neppure un milione e mezzo di tassa marmi all’anno, a fronte della devastazione delle montagne, dell’inquinamento delle acque, dei rumori, delle polveri e del disagio provocato dai camion e ci chiediamo quanto abbiamo guadagnato i concessionari.
E poiché parliamo di prezzo, vogliamo ricordare che questa cava nel 2003 è stata venduta per 280.000 euro: 115.000 per l’avviamento commerciale e 165.000 per i macchinari? E l’assessore converrà che il prezzo in rogito non è certamente un prezzo gonfiato.
Vogliamo ricordare anche il prezzo di cessione della Rava: 258.000 euro nel 2002, e ancora i duemiliarditrecentrotrenta milioni del 2001 per la Rocchetta?
Ebbene cio’ che riscuote il Comune a fronte di queste cifre che rispecchiano il valore attribuito in rogito alla cave e dunque fanno intravvedere anche i potenziali ricavi, sono appunto “briciole”.
Certo ci sono poi casi “anomali” come i 20.000 euro della Focolaccia nel 2007(che stridono fortemente con i precedenti passaggi di proprietà), i 70.000 euro della Lavagnina (stessa proprietà della Focolaccia) nel 2006, cave entrambe di marmo pregiatissimo, che aprono purtroppo altri spiragli, o la Mucchietto rilevata da un fallimento per 3.000 (tremila) euro, ma in questi casi alla Procura e alla Finanza spetta verificare la congruità del prezzo.
Vogliamo ricordare il caso del Padulello, lasciato scavare per due anni senza permesso, assoggettato a poche migliaia di euro di multa dopo l'intervento degli “ambientalisti” e le segnalazioni in procura dei Guardiaparco, senza che il Comune avvertisse il dovere di bloccare la cava , ma anzi accettasse di quando in quando la tassa da quella cava che doveva essere chiusa! Ad oggi, grazie anche alla autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune, quella cava risulta completamente operativa. Troviamo per lo meno curioso che, solo successivamente ad una denuncia degli ambientalisti alla Guardia di Finanza, l'amministrazione abbia chiesto ai concessionari della cava Padulello la cifra di 145'000 euro per mancati oneri versati.
7) Per quanto riguarda la questione occupazionale riteniamo che le valutazioni sull'impatto del lavoro in cava devono meritare un approfondimento, sia per la quantità che per la qualità. L'indotto citato dall'assessore si sta esaurendo anno dopo anno ed è sufficiente sia leggere i dati ufficiali della camera di Commercio che vedere quanti laboratori al piano esistono ancora per rendersi conto dell'involuzione del sistema. Mentre gli occupati diminuiscono, anche in cava, gli utili delle società di escavazione aumentano, ma anche in questo caso si tira in ballo un problema di distribuzione di ricchezza del territorio che certamente non è oggetto di riflessione da parte dell’Amministrazione
In conclusione, riteniamo immorale che ogni alienazione- concessione non venga portata all’attenzione del Consiglio comunale, ma sia deliberata dal solo Dirigente in accordo con l’Assessore, e per di più a trattativa privata, trattandosi di beni della comunità; riteniamo inoltre che, visto che la stessa Regione Toscana sta predisponendo una nuova normativa in merito alla regolamentazione delle attività estrattive, visto che anche l'amministrazione comunale di Carrara sta affrontando il problema di una revisione delle regole inerenti gli agri marmiferi, sarebbe molto più corretto, nei confronti della comunità massese, procedere ad ogni nuova variazione degli assetti degli agri marmiferi solo nel momento in cui le nuove regole del gioco fossero operative o comunque si fosse dotata di un regolamento conforme.
Informiamo che stiamo predisponendo una denuncia alla Corte dei Corti per danno erariale dovuto alla inadempienza verso la legge regionale del 1995.
Le associazioni ambientaliste di Massa (Amici delle Apuane, Italia Nostra, La Pietra Vivente, No al traforo della Tambura, Salviamo le Apuane)