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Meno parole conosci più il padrone ci guadagna

L’attacco globale del ricco contro i poveri è sostenuto dall’ignoranza dei loro figli
di Mario Pancera

I ricchi oggi si chiamano imprenditori, industriali, banchieri, uomini dell’alta finanza: torniamo a chiamarli ricchi. I poveri si chiamano indigenti, bisognosi e via dicendo: torniamo a chiamarli poveri. I miserabili vengono chiamati clochard, senzatetto e simili: torniamo a chiamarli miserabili. Ricordiamo semplicemente, senza gli stravolgimenti dei politici e di tutti coloro che sono interessati alla confusione, che il lavoro produce il capitale, mentre non sempre il capitale produce lavoro: a volte vi contribuisce, a volte invece lo distrugge, provoca discordie, sommovimenti e crisi sociali. Il capitale è nelle mani dei ricchi, il lavoro è nelle mani dei poveri. Non è il lavoro che provoca discordie o crisi, ma il denaro. Lo scontro non è dato dal lavoro, ma dal potere del denaro, che per essere accumulato ha bisogno di molto lavoro a poco prezzo. Il lavoro non si può accumulare (più di tanto, in 24 ore, un uomo o una donna non possono dare), il denaro sì. Il lavoratore risparmia sul proprio guadagno, il capitalista lo reinveste per averne di più: più denaro più potere e così via, in una ruota continua. Sembra di parlare di argomenti già visti e rivisti dall’Ottocento (e non solo dai materialisti, ma anche da grandi uomini di chiesa), invece sono gli stessi che ci troviamo davanti agli occhi ancora oggi.

Il fatto è che si usano parole differenti e frasi involute, a coprire episodi e intrighi che favoriscono il capitale e danneggiano il lavoratore. La lingua, almeno quella italiana, si è impoverita, le scuole appaiono (in generale) di livello sempre inferiore a quelle delle generazioni precedenti, gli scolari ne escono sempre meno istruiti. Masse di studenti sono sempre più ignoranti, hanno un linguaggio sempre più limitato e questo impoverimento delle parole significa pure impoverimento delle nozioni, dei concetti, delle idee.

Li sento parlare o vociare sui tram e sugli autobus, seduti a mangiare un panino da McDonald’s: termini gergali, volgarità, sport, bestemmie rapide come esclamazioni normali. Sono tenuti volutamente nell’ignoranza. Che lavoro possono fare domani? Chi non sa, non può pensare, quindi non ha idee: prende quelle degli altri. Il capitale gliele propone: dopo avergli tolto il lavoro adeguato, gli ha tolto la possibilità di pensare. Chi pensa, infatti, è portato prima alla protesta, poi alla ribellione. È un rivoluzionario – cioè vuol cambiare la società, sulla base di una maggiore giustizia comune – ma viene chiamato mestatore. Il ricco ha sempre ragione, i poveri hanno torto.

I mass media sono l’unica scuola che oggi conosco. Uso qui il «Corriere della sera» del 24 dicembre 2010. Può bastare. Un’intervista al cardinale Camillo Ruini, influente figura della chiesa contemporanea, porta questo titolo: «La stabilità è un bene. Opportuno il contributo di chiunque possa darlo». Solo un lettore sciocco potrebbe dire che la stabilità è un male e che sono inopportuni i contributi alla stabilità. Con messaggi di questo livello non si supera nemmeno la prima elementare. L’articolo è inframmezzato da alcune sottolineature di sconcertante banalità: «Il cardinale Ruini: la protesta dei giovani? Quando non è violenta c’è il dovere di ascoltarli». Si noti la diseducazione subliminale della scuola dei mass media: viene amplificato il concetto di «violenza dei giovani», mentre non si va alle origini della protesta.

Altra frase, assolutamente vuota: «Il Papa? Mi hanno colpito la sua disarmante sincerità e il suo esporsi sui temi più difficili». Domandiamoci: che cosa dovrebbe fare il pontefice se non essere sincero ed esporsi proprio sui temi più difficili in difesa dei fedeli e della chiesa? Altra frase bene in vista: «Il federalismo corrisponde alla ricchezza plurale della nostra società. Certo bisogna che sia solidale». Spero che queste frasi nulle siano dovute a qualche redattore, che ignorando la forza delle parole, le ha scritte sul suo giornale, dimenticando che sono lette da, e influiscono su, centinaia di migliaia di persone. Se un cardinale, infatti, esprime queste «idee» non può pensare di avere un seguito di fedeli istruiti e in grado di capire il Vangelo.

Sulla stessa copia del quotidiano si trovano decine di frasi e di articoli vuoti e diseducativi, con i politici come protagonisti. Se potrò li esamineremo in un’altra occasione. Tutto questo per dire che questa «scuola» (giornali e tv sono in mano ai ricchi e non ai poveri, al capitale e non ai lavoratori) è purtroppo importante per deformare le menti di gran parte dei giovani di oggi che non hanno strumenti sufficienti per difendersi e preparare con dignità e intelligenza il loro futuro. Non sanno quale domani li aspetta.

Mario Pancera