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Se l’antifascismo è di maniera

L’antifascismo è un valore, rappresenta il richiamo ad una democrazia fatta di responsabilità di scelte, di dialogo, di confronto, tra uguali. Questa sua sostanza vede nel razzismo il fondamento del suo opposto, la concezione della disuguaglianza assoluta.
Quando i ragazzi vengono all’ANPI o all’Istituto Storico della Resistenza ci chiedono sempre di intervenire su problemi che attanagliano la nostra vita sociale quali il lavoro, gli immigrati, il futuro. Ci chiedono di rispettare i valori che diciamo di rappresentare, ed hanno ragione. Il farlo è un dovere per ogni antifascista ed è chiaramente un intervento civile e culturale, ma anche politico. Invece nella società domina un antifascismo di maniera, di facciata, che spesso è purtroppo solo un proclama.

Se l’antifascismo è di maniera permette che nella cultura si sviluppi un revisionismo storico che nega anche i lager nazisti ed i mali del fascismo e consente che nella società si sviluppi una atmosfera di disinteresse verso la memoria, per cui gli italiani  continueranno a non fare i conti con la loro storia e le loro nefandezze.

Se l’antifascismo è di facciata, e non mi riferisco solo alla classe politica, ma davvero alla comunità ed alla sua coscienza, accetta anche di consentire città sporche di simboli nazisti, raduni e bandiere con richiami nostalgici, siti e comunicati da tregenda inneggianti la disuguaglianza tra i popoli e le razze.

Se l’antifascismo è ipocrita permette che  la legge Scelba del 1953, che condanna l’apologia del fascismo, e la legge Mancino del 1993, che condanna le forme di razzismo, rimangano da sempre disattese ed inapplicate.

Se l’antifascismo non è conseguente diventa responsabile del diffondersi nella società e soprattutto nei giovani di un brodo culturale negativo e superficiale che non ha punti fermi di valore,  dove trovano spazio individui che armati di pistola assassinano senegalesi anonimi e sconosciuti, e incolpevoli di alcunché, in mezzo alla gente di un  mercato, come l’altro ieri a Firenze.

Se l’antifascismo è, detto in maniera cruda, falso, finirà per riconoscere che anche il disgraziato omicida sia stato una schezza impazzita, un povero diavolo, un malato, più o meno come i soldati di Salò che dopo sessant’anni sono  diventati bravi ragazzi e non più mercenari asserviti ad un esercito straniero occupante il nostro paese.

Se l’antifascismo rimarrà così gli antifascisti veri dovranno alla fine forse anche nascondersi.

A perderci saranno purtroppo i giovani che non sapranno più a chi rivolgersi per pretendere che ai valori ed agli ideali si sia conseguenti od anche solo coerenti.

È più che mai urgente riscattare l’antifascismo che è non solo base ideale, ma concreta, metodo di partecipazione, salvaguardia della nostra democrazia.

Massimo Michelucci

Vicepresidente Ist. Storico Resistenza Apuano