Si è svolto, venerdì scorso, 19 giugno, presso la Villa della Rinchiostra a Massa, il dibattito promosso dall'Accademia Apuana della Pace sul tema "Guerre contemporanee e immigrazione tra disinfomrazione, pregiudizio e paura", al quale sono intervenuti il Alessandro dal Lago (docente universitario e giornalista de "Il Manifesto") e Paolo Busoni (esperto di storia militare e collaboratore di Emergency).
La numerosa partecipazione di pubblico testimonia il bisogno la necessità di approfondire queste tematiche, andando oltre le spiegazioni semplicistiche, i luoghi comuni e le scorciatoie... ma accettando la sfida che un tema così complesso ci impone, chiedendoci strumenti non banali nè semplici.
E' stata un'occasione per riflettere sul nesso inscindibile tra conflitti e fenomeni migratori, dinanzi ai quali troppo spesso assistiamo a disinformazione, che alimenta il pregiudizo e la paura.
Appare evidente come sia assolutamente indispensabile tenere insieme la situazione delle guerre contemporanee, che prendono le forme drammatiche dell'Iraq, dell'Afghanistan, della Libia, della Siria, dello Yemen, dell'Eritrea... ma anche quelle dei regimi repressivi, quale quello egiziano, e della fame che attanaglia milioni e milioni di essere umani con i fenomeni migratori, che sembriamo subire, quando invece dovremmo essere capaci di governarli.
Dinanzi a questa situazione come occidente non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità, che prendono le forme di come abbiamo modellato con le nostre politiche coloniali del passato quei paesi, di come poi abbiamo operato in questi anni, essendo talvolta attori primari di guerre e di repressione, magari finalizzate allo sfruttamento delle ricchezze, o assumendo politiche contraddittorie, quasi incapaci di leggere e decifrare a lungo termine i movimenti che man mano si sono andati delineando in quelle aree.
Queste guerre contemporanee, in un'accezione ampia, non possono non essere poste in relazione con i fenomeni migratori, ma sopratutto non possono essere tenute separate dal dramma di quei milioni di persone che fuggono da esse e da condizione disumane di vita per cercare altro...
Tenerle separate, come molte forze politiche fanno, è un'ipocrisia culturale... serve solo a tacitare le nostre paure e a tenere i drammi lontano dai nostri occhi...
Per questo motivo diventa assolutamente fondamentale riflettere su tutto ciò, sulle miserie delle politiche europee e nazionali, proprio tenendo insieme questi due aspetti.
In tale ottica, come Accademia Apuana della Pace, accanto al nesso “Guerre e migrazioni”, abbiamo voluto porre un altro trinomio che è una sorta di circolo vizioso: la disinformazione, il pregiudizio e la paura.
Perché questi sono elementi reali, sui quali le nostre politiche operano per ampliarli e non per governarli.
La disinformazione è un elemento essenziale: riguarda il sapere poco di cosa succede in quelle aree, o meglio di mettere in circolazione solo gli aspetti che in qualche modo possono essere funzionali a giustificare certe scelte e politiche dell'occidente. Pensiamo a come si è riusciti a costruire una giustificazione culturale, etica e politica all'intervento in Iraq, fondandolo su menzogne.
La disinformazione riguarda i numeri e come vengono presentate le situazioni, pensiamo al fenomeno migratorio, ai numeri e alle dimensioni che forse non hanno a che fare con quella invasione che viene prospettata, ma anche a come certe in certi contesti alcune situazioni debbano essere dilatate ed esasperate per costruire un clima di paura e pregiudizio, a giustificazione di certi slogan della nostra politica.
La disinformazione alimenta allora la paura e il pregiudizio... e questi, in maniera assurda, chiedono, quasi a giustificarsi, nuova disinformazione.
Dobbiamo rompere questo circolo vizioso, sapendo che siamo di fronte a fenomeni complessi, che richiedono capacità di governo e di analisi, ma al tempo stesso anche la consapevolezza che questi fenomeni hanno al centro donne e uomini, i loro drammi, le loro storie... le loro disperazioni.
Ecco perché questi aspetti diventano dirimenti, perché su di essi misuriamo la nostra capacità di essere capaci di ritornare ad essere sempre più umani, e misurano quanta umanità abbiano le nostre politiche e i nostri progetti, ad esempio, di costituzione di un'Europa che, nata sulla tragedia dei genocidi (Ebrei, Rom, omosessuali) e delle ideologie di esclusione, ora è incapace di ritrovare quei valori fondanti di pace, di inclusione e di solidarietà che ne avevano determinato il pensiero iniziale costituente.
Un'Europa che appare sempre di più solo un insieme di interessi economici, incapace di esprimere un minimo di politica sociale e internazionale che indichi l'orizzonte che ne delinea la sua costituzione... anzi, paradossalmente, quanto successo a Ventimiglia, quanto si vuole fare in Ungheria, ci dicono davvero come il sogno europeo sia stato drammaticamente messo in un cassetto.
Accademia Apuana della Pace