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Abitare la città (1)

1. Introduzione

Nel Documento Preparatorio è introdotto sinteticamente il tema “Abitare la città” (par 24), con un richiamo iniziale (che vale la pena sottolineare) alla creatività delle soluzioni da identificare.

Nelle altre sessioni di lavoro la tematica centrale della famiglia è affrontata rispetto a specifiche e distinte dimensioni: fiscalità, ambiente, educazione/formazione, economia, welfare.

In questa sessione dovremmo cercare di mettere insieme a fuoco le interdipendenze tra città e famiglia, in particolare attraverso il nodo della abitazione e dello spazio ad essa complementare, e quindi il rapporto tra città, spazio pubblico, abitazione / famiglia.

Invero, nella città confluiscono tutte le diverse dimensioni di cui sopra, che si intrecciano più o meno intensamente. E qui dovremmo tenere conto di queste interdipendenze, con un approccio relazionale/sistemico.

Cosa la città offre alla famiglia? Cosa la famiglia offre (e può offrire) alla città?

Nella conclusione del §24 del Documento Preparatorio è posta la seguente domanda” Come la famiglia che vive sul territorio può diventare un soggetto sociale capace di influire sulle politiche urbanistiche ed abitative?”

Prima di rispondere, occorre innanzitutto chiarire cosa significa “Abitare la città”? Cosa rende “abitabile” o “non abitabile” la città, il quartiere, uno spazio? Come si valuta l’abitabilità della città? Qual è l’importanza relativa della disponibilità di una abitazione, di certi spazi adeguati per quantità e qualità, di servizi di welfare, di un ambiente pulito, di una lavoro non precario?

Oppure ci sono anche altri elementi della “abitabilità” urbana, che dipendono dalla tipologia e dalla intensità delle relazioni che legano un soggetto all’altro, una persona ad uno specifico spazio?

Se spazio abitabile significa tante cose insieme, che alla fine determinano la percezione di sentirsi a proprio agio, a casa propria, cosa fare per migliorare il nostro modo di abitare la città? per riuscire a stare meglio? Per stare meglio insieme? Insomma, quali soluzioni creative per stare “tutti” meglio? Per rigenerare la vita della città? Per fare in modo che la città diventi più “attraente” per gli attuali abitanti e per i nuovi?

Le domande con cui possiamo riarticolare la domanda generale posta sono dunque molteplici. Qual è l’incidenza ovvero il ruolo dell’assetto fisico/spaziale della città sul comportamento umano? Rappresenta uno scenario neutrale ovvero incentiva (o disincentiva) specifiche scelte, azioni, comportamenti da parte dei singoli, delle famiglie, della comunità? Come la qualità dello spazio incide sulla percezione di benessere, sulla salute delle persone?

Il soggetto che domanda l’abitazione, e quindi anche altri servizi ed infrastrutture/attrezzature urbane, è la famiglia, non è il singolo individuo Ma questa domanda oggi si sta modificando sempre più velocemente, sotto la spinta di un cambiamento dei bisogni della famiglia: a causa della occupazione femminile, dell’allungamento delle prospettive di vita, della scelta di vivere da soli, per la riduzione dei tassi di fertilità, per l’indebolimento dei legami familiari, per il restringimento della prospettiva temporale di riferimento nelle scelte...

La città rappresenta il livello più idoneo al quale affrontare molti problemi e quelli più generali di rigenerazione del sistema economico, ambientale e sociale di una Regione/Paese. È il punto di partenza per la ricostruzione della comunità. Ma come?

Cos’è, oggi, la città? Perché essa è considerata la fonte generatrice della ricchezza economica di una regione/paese, ma anche la causa della crisi ecologica e della disgregazione sociale?

Orbene, si potrebbero raccogliere le nostre idee, esperienze e proposte intorno a questi punti:

a) La città, come la più grande sfida del XXI secolo;

b) La famiglia come istituzione fondamentale della società, produttrice di capitale umano e sociale, da cui dipende l’impiego di tutte le altre forme di capitale e cioè la ricchezza della città;

c) Il rapporto reciproco città/famiglia e famiglia/città;

d) Le proposte per rendere più abitabili le nostre città;

e) Conclusioni per una possibile Agenda.

2. La città, oggi

In termini generali, la città rappresenta il progetto di vita che si costruisce insieme con l’altro. Esprime un progetto di umanità in termini di relazionalità, essendo l’espressione fisica, concreta, spaziale dell’idea di persona che si realizza nella dimensione relazionale: il luogo dove vivere insieme, lavorare insieme, difendersi insieme. Adottando un approccio sistemico, la città è definibile come un sistema complesso dinamico ed adattivo continuamente in cambiamento (allo scopo di soddisfare i bisogni degli abitanti), caratterizzato da una elevata densità di interdipendenze tra i sottosistemi economico, sociale, ecologico. Il suo equilibrio instabile va continuamente ricostruito con uno sforzo creativo di governo e gestione.

Poiché le città sono il luogo dell’incontro e quindi dello scambio di idee, da cui scaturisce la creatività e l’innovazione, esse sono i laboratori dove da sempre si sperimentano nuove soluzioni, il luogo dove si costruisce il futuro. Il futuro della società del XXI secolo è anticipato nelle città.

Orbene, il processo di accelerata urbanizzazione (che riguarda in particolare i Paesi in via di sviluppo) sta cambiando radicalmente il paesaggio sociale, economico, ecologico, umano delle città. Si stanno moltiplicando i quartieri “informali” (soprattutto periferici), gli slums, le favelas, i barrios perché la velocità di crescita della domanda è superiore alla capacità di offerta dei governi locali ad offrire abitazioni, servizi e lavoro.

I costi umani, sociali, ambientali stanno crescendo nelle città e stanno allontanando di fatto la prospettiva di sviluppo umano sostenibile.

Molte contraddizioni caratterizzano la dinamica evolutiva della città nel XXI secolo. La città è diventata infatti il luogo dello spazio dove si produce la ricchezza economica di una regione/paese: è il vero motore del suo sviluppo economico.

Ad esempio San Paolo in Brasile ha il 7% di popolazione e contribuisce per il 37% del prodotto interno lordo del Paese. A Praga... A Nairobi...

Ma la città è anche fonte di entropia crescente. È il luogo dove i consumi energetici sono massimi, con rilevanti effetti negativi sull’ecosistema naturale, a causa del rilascio in atmosfera di gas climalteranti, di inquinamenti vari, etc. Essa sta erodendo il suo capitale naturale e quindi sta riducendo la sua capacità di resilienza ecologica.

Molto spesso l’attenzione alla città ed al futuro della città è focalizzata sul suo sistema di supporto ecologico, sul suo metabolismo lineare e non circolare.

In realtà, la perdita di capitale sociale è un altro degli aspetti più preoccupanti dello sviluppo della città contemporanea. Ma essa appare solo indirettamente o in filigrana quando ci si interroga sul futuro della città, perché non ci sono esaurienti risposte.

Da un lato la città consuma capitale sociale; dall’altro ne ha sempre più bisogno quale elemento strategico per il proprio sviluppo. La sfida della rigenerazione della città si può sintetizzare nella sfida di riprodurre capitale sociale ad una velocità almeno equivalente a quella del suo consumo.

Orbene, qual è il ruolo e quali sono le esperienze della partecipazione alle reti associative nello stimolare la produzione di capitale sociale/civile. Qual è il ruolo della famiglia e della rete di famiglie?

Le sfide della città del XXI secolo sono la sfida della città che riduce il consumo di energia convenzionale, cioè la sua dipendenza dal petrolio, e quindi riduce la quantità di gas climalteranti; è la città ecologica che trasforma tutti i rifiuti in risorse, rigenerando un metabolismo circolare a imitazione di quello degli ecosistemi naturali e quindi il suo sistema industriale/produttivo; è la città caratterizzata da processi economici sempre più circolarizzati, in grado di meglio competere nella competizione internazionale.

Ma da dove la città può prendere l’“energia” per affrontare tutte queste sfide tremende? Quale ruolo in questo contesto può giocare l’istituzione “famiglia” nella progettazione e nella gestione delle diverse risposte possibili? È solo una questione di spazi fisici attrezzati?

3. Abitazione e famiglia

In generale si può dire che se la città è in salute, lo è anche la famiglia; e viceversa. Se la città è malata, questa malattia coinvolge anche la famiglia. Se una città perde il suo collante sociale, diventa semplicemente una folla di individui soli, che contraddice clamorosamente il progetto stesso della città. Se evapora ogni forma di socialità/comunità, questo è il segnale che anche la famiglia non sta bene: non riesce a contribuire a produrre il necessario capitale umano e (soprattutto) sociale.

Se un numero crescente di famiglie continua ad essere sempre più in difficoltà vuol dire che le politiche di supporto, a cominciare da quelle abitative, sono insufficienti ed inefficaci...

Certamente oggi la famiglia è attraversata da una molteplicità di problemi:

- la difficoltà di conciliare tempi di lavoro e tempi da dedicare alla famiglia(soprattutto da parte della donna);

- rapporto squilibrato tra canone abitativo e reddito familiare;

- difficoltà ad accedere ai servizi del welfare;

- precarietà dei redditi lavorativi;

- precarietà del lavoro dei giovani;

- assenza di futuro, restringimento dell’orizzonte temporale nelle scelte;

- difficoltà delle giovani coppie di accedere alla abitazione;

- difficoltà di gestire i conflitti tra generazioni; incapacità di garantire la trasmissione della tradizione da una generazione e l’altra, essendo incapace di proporre testimonianze significative.

Malgrado tante difficoltà, la famiglia continua a svolgere un importante funzione sociale e formativa. Ha spesso impedito la disperazione di componenti espulsi improvvisamente dal mercato del lavoro, a causa della crisi economica.

L’abitazione stimola le prime mediazioni tra interessi privati ed interessi comuni: come migliorare queste mediazioni? Nello spazio domestico l’IO si confronta per la prima volta con il NOI nel costruire (anche in modo conflittuale) le graduatorie di priorità tra consumi, investimenti e risparmi; tra i bisogni dei diversi soggetti; tra ciò che è bene e ciò che non lo è; tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La disponibilità e l’uso di spazi comuni esterni alla abitazione possono consolidare quanto sopra.

4. La “ricchezza” della città

La ricchezza economica di una Regione/Paese è prodotta nelle sue città. È semplicemente la ricchezza delle sue città.

La ricchezza della città dipende da queste quattro forme di capitale: manufatto, naturale, umano e sociale.

Il particolare, la ricchezza di una città dipende dalla intensità di ciascuna di queste forme di capitale e dalle loro combinazioni reciproche. Ma il capitale umano e quello sociale sono le forme più importanti di capitale perché da essi dipende la combinazione più produttiva e feconda tra capitali diversi.

Orbene, un ruolo chiave nel combinare, gestire, accrescere queste diverse forme di capitale è svolto dalle istituzioni. Esse regolano i rapporti nello scambio economico, sociale, politico, ambientale etc... Dal capitale istituzionale dipende il sistema di iniziative per ammortizzare gli effetti destabilizzanti dovute alle forze esterne alla città e cioè dipende la capacità di resilienza della città.

Un assetto organizzativo decentralizzato della città favorisce la capacità di resilienza rispetto alle forze destabilizzanti della crisi.

La famiglia è una cellula fondamentale del capitale istituzionale della città.

La famiglia in salute si è rivelata una istituzione resiliente, che ha ammortizzato (e continua ad ammortizzare) molti effetti destabilizzanti conseguenti alla crisi economica.

Essa contribuisce a produrre le forme più importanti di capitale: quello umano e quello sociale(insieme con la scuola, il terzo settore, la fabbrica, etc): da qui deriva il “valore” della famiglia nei confronti della città.

Ne discende che intervenire nella famiglia, investire in essa e nelle reti di famiglie significa investire nella conservazione, gestione e creazione della ricchezza della città e nella sua resilienza, e quindi investire nel la costruzione di un suo futuro più desiderabile.

Se si vuole rigenerare la città occorre rigenerare la famiglia, e viceversa: la famiglia è uno degli elementi fondamentali che concorrono a rigenerare la città.

La famiglia, nella misura in cui è in grado di prendersi cura della produzione dei servizi alla persona, di soddisfare i bisogni fondamentali dei suoi componenti, di educare al discernimento critico i figli, di educare alla soluzione dei conflitti in modo creativo, salvaguardando le aspettative di tutti in una prospettiva a somma positiva, stimolando capacità di auto-organizzazione ed autogestione contribuisce alla ricchezza della città. Essa diventa un possibile catalizzatore di uno sviluppo umano sostenibile .

Essa contribuisce allo sviluppo integrale della città. La green city, l’eco-city, la green society non sono solo una questione di tecnologie, ma si cominciano a costruire a partire dalla famiglia. È qui che si cominciano a costruire i modi di interpretare la realtà, di ragionare, di agire.

Conservare il valore della famiglia con investimenti adeguati è, dunque, interesse della città.

5. Le proposte per rendere “più abitabile” la città

Dal riconoscimento di questo valore conseguono le varie azioni pubbliche volte al sostegno/tutela della famiglia.

Le forme di intervento pubblico a favore della famiglia si articolano innanzitutto nelle politiche abitative.

Esse sono state recentemente aggiornate con il “piano casa” del governo. Questo prevede forme di sostegno sotto forma di accesso ai mutui per l’acquisto della prima casa, per le giovani coppie, per genitori soli con figli, per l’Housing sociale, etc. facendo riferimento al livello di governo urbano per la concreta attuazione. Si viene incontro al bisogno di ridurre l’incidenza della causa più importante dell’indebitamento delle famiglie, che è l’acquisto della abitazione. Si interviene sul rapporto tra canone di affitto e reddito familiare, che supera spesso oggi la soglia critica del 30% ; si identificano le condizioni per il rilancio della edilizia privata sociale...

Quale valutazione è possibile dare? Fino a che punto si integrano con altre iniziative di supporto alla salute delle famiglie ( Co-Housing, etc). Quali vantaggi e quali svantaggi?

A quali condizioni possono risultare più efficaci?

Indipendentemente dall’esito della riflessione comune, appaiono comunque tre condizioni generali per una migliore efficacia, che è possibile già da ora delineare.

Se le politiche per l’abitazione, per il welfare, per l’ambiente, per l’occupazione, per la famiglia etc sono portate avanti in modo settoriale, con riferimento a singoli Assessorati o Ministeri, gli effetti positivi continueranno ad essere ridotti. Occorrono strategie Integrate di intervento, che leghino interventi per l’abitazione con quelli per la salute con quelli per l’ambiente, con quelli per l’occupazione, con quelli per la rigenerazione dello sviluppo, con quelli per il miglioramento della qualità del paesaggio storico urbano attraverso un approccio sistemico, cioè volto a promuovere un nuovo metabolismo della città (un metabolismo circolare). Per esempio, attraverso strategie integrate si evita di risolvere un problema abitativo e sociale a danno della salute dell’ecosistema e si attivano sinergie feconde nel soddisfare meglio i bisogni(anche in termini di qualità complessiva dello spazio).

Occorrono strategie urbanistiche innovative, insieme ad originali strategie progettuali. La forma dello spazio incide infatti sul benessere delle persone, delle famiglie e della comunità. Con la pianificazione/progettazione della città si produce una migliore qualità dello spazio urbano che determina capacità di attrazione per persone, attività, investimenti, e quindi nuova occupazione, reddito, etc. Con la progettazione urbanistica si rigenerano le relazioni della città con il suo ecosistema naturale, con quello economico e quindi con quello sociale.

Con il diffondersi della nuova governance, si assiste ad un processo di progressiva “democratizzazione” del processo progettuale, di piano e gestionale. Per esempio, nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale è ormai consolidato convincimento che è indispensabile un attivo coinvolgimento della comunità che si riconosce in quello specifico patrimonio: che riconosce le proprie radici, tradizioni, simboli, valori... Si stanno moltiplicando gli strumenti per rendere più efficace la partecipazione della comunità: dalle varie Agende Locali 21 ai Living Lab etc. Ma in generale le Organizzazioni che rappresentano le reti di famiglie non sono coinvolte, malgrado i contributi specifici che possono apportare, perché prevale un approccio per silos verticali, e non “orizzontale” e sistemico. La seconda condizione è rappresentata dunque da un coinvolgimento delle famiglie nella costruzione delle scelte urbanistiche e progettuali. Questa decentralizzazione consente di identificare più efficaci soluzioni a problemi complessi. Il processo partecipativo andrebbe potenziato, aprendo nuove opportunità. Strumenti come il Bilancio Partecipativo (da inserire nello Statuto Comunale) hanno dato incoraggianti risultati nella pianificazione urbana e nella riqualificazione del patrimonio dei centri storici: esso può essere applicato alle politiche abitative. Anche i processi di Living Lab sono utili a promuovere una partecipazione creativa nei suoi risultati, come molte recenti esperienze testimoniano. Per esempio, la forma dello spazio della abitazione che nel rapporto tra spazi privati e spazi comuni enfatizza quelli privati a danno degli altri non sollecita comportamenti comunitari, non incentiva il senso di comunità, di auto-organizzazione ma piuttosto l’isolamento e l’individualismo. Al contrario, uno spazio che incentiva l’incontro interpersonale diventa fonte di benessere, di salute e qualità della vita, oggi che i valori relazionali contano più degli altri, cioè dell’efficacia economica, della disponibilità di verde etc. Spazi comuni e spazi pubblici(giardini, parchi, orti, prati, piste ciclabili, aree pedonali, ma anche cortili, slarghi, così come ludoteche, sale per la lettura, il teatro, l’arte etc) svolgono un ruolo centrale in questa direzione.

Certamente lo spazio ha un suo ruolo, ma è poi lo stile di vita, il modo con cui lo spazio è abitato che determina il passaggio dalle potenzialità alle realizzazioni concrete. Ma la crisi della famiglia, come la crisi della città, non si risolve solo con una progettazione partecipata degli utenti alla progettazione. Richiede una cultura, un certo modo di comportarsi, di ragionare, di fare delle scelte. La cultura del riuso, recupero, riclo, rigenerazione si costruisce innanzitutto nella abitazione e nella famiglia.

Dunque, la terza condizione è che occorre promuovere una nuova cultura per abitare la casa e la città: una cultura che riconosca il senso del limite, che non sia portata alla massimizzazione di obiettivi ma ad un loro equilibrato, soddisfacente e ragionevole bilanciamento; una cultura dei diritti e dei doveri, cioè della responsabilità; una cultura che recuperi il principio di relazionalità nel modo con il quale interpretare la realtà e comportarsi, capace di riconoscere l’importanza della reciprocità e più in generale della circolarizzazione dei processi: delle simbiosi e delle sinergie; di poter ricostruire l’unità nella molteplicità…

Alla luce di quanto sopra, occorrerebbe identificare, sulla base di specifiche esperienze, una prima lista di alcune possibili prospettive/proposte per promuovere una migliore abitabilità della città, cioè per promuovere la “città delle famiglie”, la “città a misura di famiglia” (per parafrasare Giuseppe Lazzati) e su cui esercitare il discernimento critico.

6. Conclusioni per una possibile Agenda

Un futuro più umano e sostenibile rende più abitabile la città. Esso si può costruire solo INSIEME, con il contributo di TUTTI. La famiglia è una componente importante in questo processo.

Nella famiglia si comincia a costruire la forma di capitale più importante per lo sviluppo della città e per la produzione di ricchezza, nonché per migliorare la capacità di resilienza. Dalla vitalità della famiglia consegue la vitalità della città, dovuta alla sua organizzazione sistemica, nella quale ogni parte interdipende con tutte le altre.

Questa è la idea di città “umana”, cioè a misura di uomo. Questa è una città “abitabile”.

Se dunque si vuole promuovere un cambiamento in una direzione più desiderabile occorre rigenerare non solo l’ecosistema naturale di supporto ecologico, non solo una economia circolarizzata, ma anche il “collante sociale” che caratterizzava Agropolis, ed è venuto meno nella Petropolis.

Uno spazio centrale riguarda l’informazione e l’educazione/formazione delle famiglie. Più in generale, c’è il nodo culturale. Esso riguarda la capacità di superare la cultura della massimizzazione dell’utilità individuale e di ricercare soluzioni bilanciate.

Nella città antica, la piazza era lo spazio comune/pubblico un “luogo centrale” della città: il “luogo” dello scambio non solo mercantile, ma anche di conoscenze, esperienze, idee…. Oggi la piazza può essere ri-proposta come metafora di un modo di pensare per rendere più abitabile la città, come un catalizzatore della cultura della co-evoluzione, co-esistenza, co-operazione… cui la famiglia e le istituzioni dovrebbero poter contribuire.

Questa sessione dovrebbe configurarsi come un laboratorio di idee, a partire dalla identificazione e valutazione di alcune buone pratiche?

Quali sono queste buone pratiche?

Quali risultati positivi?

Come si sono superati i vincoli? Con quali approcci? Con quali strumenti?


Prof. Luigi Fusco Girard

Ordinario di Economia Ambientale, Università Federico II di Napoli

Teatro San Massimo - Venerdì 13 settembre 2013


 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

La famiglia, speranza e futuro per la società italiana
Torino, 12-15 settembre 2013


Segnalato da Francesco Ostrogovich – SICET Massa-Carrara