Lo «spezzatino» dell'Italia non piace a Giorgio Ruffolo e a Valentino Parlato, spinti a questa convergenza dal riconoscimento dell'ipocrisia di una retorica nazionalista che soffre dell'oscuramento del dibattito storico e politico sul tema. Uno spezzatino prodotto non certo dalle proposte di federalismo in discussione, che hanno ben presente la dimensione nord e sud del problema, ma da una letteratura che nel corso degli ultimi due decenni ha negato l'esistenza di un problema meridionale («Abolire il Mezzogiorno») per frammentarlo in "casi specifici" arricchibili con le "buone pratiche" dell'esperienza del nord (sia pure quella dei distretti industriali).
Tesi questa non certo originale ma che attraverso la teoria dell'"osso" e della "polpa" di Rossi Doria ha guidato le politiche dello Stato verso il Mezzogiorno dal dopoguerra in poi con i risultati disastrosi che ricorda Ruffolo, e tuttora sostenute dalla "cricca degli scrittori" del sud e dai "santoni" cari al nostro socialismo liberale. Alla base di queste tesi c'è il solito disprezzo torinese della cultura del Mezzogiorno e mediterranea che porta Scalfari a parlare del rischio della "maghrebizzazione" del Mezzogiorno.
A questo neocolonialismo sul Mezzogiorno si oppongono, tra le altre, le tesi di Mario Alcaro sull'«identità meridionale», di Franco Cassano sul «pensiero meridiano» e, tra gli economisti, di Adriano Giannola sul persistere del dualismo economico tra Nord e Sud del paese. Inoltre va rilevato che il Mezzogiorno non è una particolarità italiana, ma il risultato di tutte quelle situazioni che in Europa hanno visto l'imposizione di un processo di unificazione statale disegnata sugli interessi del mercato capitalistico a discapito delle dimensioni nazionali e culturali dei popoli e dei territori. Sono presenti in Belgio tra fiamminghi e valloni, in Gran Bretagna tra inglesi, scozzesi e irlandesi, ecc. Il Mezzogiorno è una divisione storica, geografica e culturale che trova i suoi corrispettivi nei quattro Mezzogiorno europei: Il sud d'Italia (otto regioni), il sud della penisola iberica (quattro regioni), la Germania dell'est (5 regioni), e la Polonia nord-orientale (cinque regioni). Terre di transizione geografica, economica e culturale irriducibili a processi di integrazione, sia nazionale sia europeista, perché a cavallo con altre meso-regioni e grandi culture: il mondo arabo a sud e il mondo slavo a est e nord-est.
La proposta di Tonino Perna di un nuovo "incontro di Teano" (il manifesto, 23 maggio), non deve essere un nuovo incontro tra potenti e istituzioni, ma tra comunità del nord e del sud d'Italia per un nuovo patto tra italiani, nel riconoscimento reciproco di autonomia e sovranità tra mesoregioni, dentro una confederazione che faccia da ombrello al bene comune che ciascuna mesoregione elabora e governa in forma autonoma. Ma, come per ogni processo di decolonizzazione, è necessario liberarsi anche delle strutture e infrastrutture della dipendenza (privilegi inclusi), che sono il compenso fornito ai gruppi dirigenti e alle élites economiche e intellettuali del Sud per monetizzare il loro consenso alla rinuncia all'impegno per lo sviluppo di sistemi produttivi e culturali locali.
Fonte: ComunicazioniNazionali