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Il Papa a Lampedusa

Arriverà sul molo di Punta Favarola. Lo stesso approdo da cui sbarcano i migranti che riescono ad attraversare il Canale di Sicilia. Farà di questa piccola isola delle Pelagie la destinazione della sua prima visita apostolica. E, così facendo, renderà Lampedusa, d’ora in avanti, «non più il confine d’Italia e d’Europa» (Giusi Nicolini), ma il simbolo di un nuovo cammino pastorale, determinato a schierarsi senza mezzi termini, senza più volgere lo sguardo verso consensi e patrocini politici. Francesco colmerà finalmente un silenzio assurdo e un’indifferenza inqualificabile.

Ci voleva un figlio di migranti, un vescovo venuto dall’altra parte del mondo e scortato da pescherecci e pescatori che hanno saputo accogliere per primi quei “prossimi” venuti da neanche troppo lontano, perché la Chiesa riuscisse a percorrere quel tratto di cuore del Mediterraneo, a passare, curva sotto il peso di moderne croci, attraverso una sempiterna chiusa Porta d’Europa.

“Sarà un gesto storico”, dicono alcuni; “Si renderà protagonista di qualche ulteriore fuoriprogramma”, ribattono altri; “Restituirà dignità alle migliaia di vittime della guerra che da oltre 15 anni riempie ciclicamente i nostri giornali”, commentano altri ancora…

…porterà semplicemente la Chiesa nella periferia di quel mondo migrante, oggi cimitero di un numero indistinto di profughi, dove, insieme all’Italia e al mondo intero, avrebbe dovuto essere da tempo… la porterà, ricordandoci che è solo per un caso che quel “neanche troppo lontano” non sia stato la nostra terra di nascita e che a quella “prossimità”, che a fatica riusciamo a guardare in volto, siamo legati a doppio filo, più di quanto siamo capaci di riconoscere…


Fonte: Newsletter Suore Comboniane del 4 luglio 2013