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Il realismo della pace

In Gran Bretagna è stato pubblicato il rapporto Chilcot, frutto di una inchiesta durata sette anni sull’intervento armato in Iraq. Il rapporto sancisce a livello ufficiale quello che i movimenti per la pace e papa Giovanni Paolo II nel 2003 avevano ampiamente spiegato: non vi erano prove dell’esistenza di armi di distruzione di massa in mano a Saddam; la via militare fu scelta senza esaurire le altre opzioni; è stato rilanciato il terrorismo "islamista". Qualcosa di simile è avvenuto in Libia. Quelle guerre sono state più gravide di conseguenze devastanti della crisi finanziaria.

Vorrei avanzare alcune osservazioni.

1. Stati Uniti e Regno Unito agirono contro il volere della comunità internazionale ed in contrapposizione con l’Onu. Il movimento nonviolento, nonostante le sue difficoltà e contraddizioni, non è ingenuo. Conosce i mali orribili delle guerre e opera con fatica per prevenirle. Il suo realismo è attento alla "sovranità del diritto" e vede nell'ONU rinnovata l'unica possibilità di intervento credibile anche nel caso drammatico di "interposizione armata" o di interventi di "polizia internazionale". Che tipo di civiltà vogliamo costruire?

2. Il problema non riguarda solo la bancarotta morale di Tony Blair ma la qualità etica e politica dell'Europa che, come ci diceva Romano Prodi al Centro Studi di Pax Christi il 1 luglio scorso su "L'Europa per la pace", sta perdendo la sua anima e preparandosi al suicidio politico. Al recente vertice della Nato a Varsavia, l'Onu (di cui l'Europa dovrebbe essere partner attiva) è stata completamente ignorata. L'Europa vuole diventare braccio armato della Nato, perde significato; è brava nel vendere armi. Il loro commercio verso le zone di conflitto, favorito da paesi europei (compresa l'Italia da cui partono bombe usate dall'Arabia Saudita contro lo Yemen), da Stati Uniti, Russia e altre potenze, è gigantesco. Stiamo pagando le conseguenze di tante complicità con bande armate sparse nel mondo.

3. L'informazione deve maturare consapevolezza etica e smetterla di alimentare l'utopia negativa ("distopia") delle guerre risolutive. Quante irrisioni mediatiche nel 2003 verso gli operatori di pace definiti "anime belle" o "complici" di Saddam (cui abbiamo sempre venduto armi in quantità)!. Quanta connivenza giornalistica con operazioni interessate! Pochi guardavano ai rapporti palesemente falsi passati per veri, a considerazioni di diritto internazionale saltate a piè pari, a valutazioni sulle conseguenze.

La pace è questione politica. Va scelta, amata, costruita, sperimentata ogni giorno. Possiamo esplorarla come nuovo umanesimo. Il realismo profetico di papa Francesco ce lo propone con insistenza. Cercheremo di riproporlo nella marcia Perugia-Assisi del prossimo 9 ottobre.

Sergio Paronetto (vicepresidente di Pax Christi Italia)