Molto è stato detto sull’elezione di Trump alla Casa Bianca, non insisteremo perciò qui sulle diagnosi, più o meno allarmate, su quanto potrà accadere soprattutto a Gaza, dato lo stretto rapporto della famiglia Trump con Israele e Netanyahu: c’è il rischio di un incentivo al suicidio di Israele, come lo chiama Anna Foa, e di una sua ricaduta sul popolo ebraico della diaspora, come fanno presagire le violenze scatenatesi ad Amsterdam tra olandesi e tifosi ultras israeliani; né si può non essere atterriti al preannuncio trumpiano della deportazione di milioni di immigrati dagli Stati Uniti.
Quello che invece vorremmo qui rilevare è che la vittoria di Trump ha sdoganato una crudeltà che prima era nascosta. L’abbiamo vista con sgomento nei volti di alcuni partecipanti a uno dei consueti talk show televisivi, un professore, un imprenditore, una parlamentare di governo, sia che si parlasse di Gaza sia che si discutesse della “deterrenza” con cui il governo vuol dissuadere i migranti dal venire in Italia suscitando in loro il terrore di finire in Albania e di qui essere rispediti là da dove, per tremende ragioni, sono fuggiti.
Sui volti di questi interlocutori televisivi abbiamo visto i tratti di una singolare durezza nell’imperativo della “difesa dei confini”, e più ancora abbiamo visto addirittura un sorriso beffardo di fronte alle immagini degli uccisi, degli scacciati, degli affamati e dei disperati di Gaza con l’alibi di dire che nulla vi fosse di vero.
Ci siamo ricordati allora della invocazione di Italo Mancini il cui auspicio, per uscire dai tormenti di questa nostra modernità, era che “tornino i volti”, cioè che si torni a rapportarsi con l’infinito valore e l’unicità di ogni persona, i volti, “questi inauditi centri di alterità che sono i volti, volti da guardare, da rispettare, da accarezzare”: ma oggi sono i volti di Gaza, i volti nascosti dalla fitta selva di mani alzate per cercare di strappare un frammento di cibo o una ciotola di minestra sfuggiti al blocco degli aiuti impediti dall’assedio per fame.
E abbiamo pensato a quello che oggi l’Occidente non vuole vedere dei tormenti che esso stesso ha inflitto e infligge a popoli interi, a milioni di volti, per quella falsa coscienza che esalta la violenza travestita da democrazia e da Stato di diritto come difesa della nostra identità e dei “nostri” valori. È quello che dice Roberta De Monticelli denunciando la “catastrofe intellettuale e morale” in cui si è trasformato il dibattito pubblico sull’eccidio di Gaza, su questa “umanità violata”, come recita il titolo del suo libro dedicato alla “Palestina e l’inferno della ragione”. È il libro che mancava sulla guerra in corso nel Vicino Oriente, della quale sono piene le cronache, mentre non viene scandagliata la sua ragione profonda, la filosofia che la interpreta, la fenomenologia che la spiega: la Palestina come un “nodo del pensiero”. Un libro che perciò non si può fare a meno di leggere perché, se nulla possiamo fare per lenire la sofferenza anche di un solo volto a Gaza o a Nablus, almeno abbiamo il dovere di capire e sapere, per immaginare, sperare e promuovere un altro futuro per Israele, i palestinesi, e anche per noi. Quel futuro che oggi, come spiega la De Monticelli, è oggetto di rimozione, perché come riconosceva un autorevole articolo a più voci pubblicato su Foreign Affairs, c’è un “innegabile” che è anche “indicibile”: l’innegabile è che “una soluzione a uno Stato non è una futura possibilità, esiste già un unico Stato tra il Mediterraneo e il Giordano”, ciò che per Israele è irreversibile benché l’annessione non sia stata dichiarata, e si risolve in un regime di apartheid; ma questo innegabile è “indicibile” perché fingendo che sia ancora in corso il processo per la soluzione a due Stati si può ancora mascherare la contraddizione tra l’ebraicità e la democraticità dello Stato di Israele, come è stato finora concepito.
La soluzione è perciò che la realtà innegabile e indicibile sia resa visibile, presa in carico e trasformata attraverso un processo di riconciliazione fino a fare di Israele uno Stato binazionale, con due tradizioni, due culture, due popoli con pieni e identici diritti. Solo allora la crudeltà sarà sconfitta, e torneranno i volti da amare.
Fonte: newsletter “Chiesa di tutti chiesa dei poveri” del 9 novembre 2024
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