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Massa, a Gaza batte forte il cuore dell’Opa

C'è un lungo cordone ombelicale che unisce la terra apuana alla Palestina. È il cordone umanitario che parte dall'Opa e arriva nel cuore del conflitto israelo-palestinese, nella Striscia di Gaza, dove in dodici giorni di offensiva israeliana sono morte oltre 300 persone, molti dei quali bambini.

Sono loro le principali vittime di questa follia umana: vengono bombardati mentre giocano a pallone o fucilati in strada. Negli ultimi attacchi israeliani via terra ne sono morti altri quattro, tra cui un neonato di cinque mesi. Ma non sono solo le bombe e le armi da fuoco a uccidere quelle anime innocenti. Un bambino su cento nella Striscia di Gaza nasce con cardiopatia congenita complessa, ma senza speranza di essere curato: su 600 bambini nati nel 2010 con tali patologie, solo 138 sono stati operati. Per questo è intervenuta l'Opa. L'incidenza di cardiopatie nei bimbi in quel limbo di terra è molto più alta rispetto all'Occidente e a Israele stessa, dove “solo” due bambini su 1000 nascono malati. Le cause sono da individuarsi nella malnutrizione: le donne incinte soffrono la fame e non riescono a dare al feto le proteine necessarie. A questo si aggiungono gli effetti postumi delle bombe, vere armi di distruzione di massa, che esplodendo rilasciano fosforo e piombo fuso inquinando aria, acqua e terra e provocando altre malattie, come il cancro.

Tuttavia, fino al 2013, le speranze di sopravvivere per i bambini nati con cardiopatie complesse nella Striscia erano veramente basse: non solo mancava un reparto di cardiochirurgia pediatrica ma era, ed è, praticamente impossibile superare la frontiera e arrivare a Gerusalemme est – parte araba della città – per farsi curare.

Da qui è partita la missione umanitaria dell'Opa e di Vincenzo Stefano Luisi, chirurgo pediatrico dell'Ospedale del Cuore apuano. Già dal 2007 operava, infatti, a Gerusalemme all'Al-Makassed Hospital dove si occupava, insieme al team dell'ospedale apuano inserito nel progetto di cooperazione sanitaria internazionale, di interventi chirurgici e formazione del personale. «Operando in quell'ospedale – racconta il chirurgo – mi resi conto che i bambini di Gaza non riuscivano ad arrivare e, anche quando ci riuscivano, non avevano già più speranze.

Durante una missione ne arrivarono cinque: uno morì subito dopo l'intervento, uno visse, dopo molti giorni di terapia intensiva, e gli altri tre furono mandati a morire più dignitosamente a casa. Era un'ingiustizia che non potevo sopportare». Così, alla presidenza del Pcrf Italia – sezione italiana del The Palestine Children's Relief Fund – Luisi decise di raccogliere tutte le forze mediche toscane e portarle nella Striscia di Gaza per creare un reparto di cardiochirurgia pediatrica nell'European Gaza Hospital in Khan Jounis. Dal maggio 2013 a oggi sono già state fatte dieci missioni in quella terra, per un totale di cento interventi.

Missioni però non facili. Per arrivare nella Striscia di Gaza, infatti, bisogna passare da Israele che impedisce il passaggio dei medicinali e del materiale necessario. «Spesso veniamo controllati all'aeroporto di Tel Aviv – continua Luisi – All'equipe di Bergamo hanno sequestrato tutti i medicinali che avevano portato. Noi siamo riusciti a portarli grazie a degli studenti dell'Università di Pisa, che li hanno nascosti in valigia». In questi anni sono partiti numerosi medici dell'Opa per andare in prima linea a Gaza: dal 2003 a oggi – considerando anche la missione a Gerusalemme est e a Gaza– sono circa sessanta. L'ultima missione nella Striscia è stata fatta a febbraio; nei giorni scorsi l'European Gaza Hospital è stato bombardato e parzialmente distrutto e le missioni sono nuovamente bloccate. «E' veramente una delle più grandi scelleratezze dell'Occidente – racconta con emozione il chirurgo – Non c'è giorno in cui un palestinese non venga ucciso per mano israeliana, anche in periodi cosiddetti di pace: non può coltivare la terra, non può muoversi. È come se fosse in gabbia.

Il motivo reale dell'aggressione e dell'uccisione di tanti bambini palestinesi è il totale annientamento di una popolazione che nonostante le uccisioni, i carceri, l'esodo forzato in altri paesi e le malattie indotte con agenti chimici ha superato numericamente quella israeliana complicandone il progetto di occupazione totale di quella regione. Solo così si spiegano i continui bombardamenti di ospedali pediatrici, di orfanotrofi, di scuole, di istituti di riabilitazione e molti omicidi come quello recente dei quattro bambini che giocavano in spiaggia». Il team dell'Opa sta aspettando nuovamente il via per ripartire, ricostruire nuovamente il reparto e continuare a operare bambini palestinesi, che hanno il diritto di vivere come tutti gli altri.

 

Fonte: Il Tirreno del 20 luglio 2014