L’hanno chiamata “Pacchetto merito”, la riforma che dovrebbe premiare “gli eccellenti”. Perché è questo che dovrebbero essere le nostre ragazze e ragazzi. Competitivi. Migliori. Primi. Già a partire dai banchi di scuola. Meglio si sappia subito che, in questa società, l’importante è vincere, non partecipare. Non siamo contro la meritocrazia. Anzi! Che bello sarebbe se fosse l’unico metro di valutazione per tutti, in tutte le categorie sociali, in ogni settore occupazionale e soprattutto a tutti i livelli istituzionali. Ma non ci serve una scuola assoggettata alla logica economica della competizione per il guadagno. Ci serve una scuola in cui si apprende tutti insieme. In cui si insegna che il sapere serve non per primeggiare sugli altri, ma per essere cittadini migliori, per coltivare il piacere della conoscenza.
La scuola non può, soprattutto quella pubblica, rispondere alla logica del riconoscimento del merito in base alla mnemonica acquisizione delle nozioni, una sorta di “un tanto al chilo”… La scuola è quella che garantisce il conseguimento di basi di partenza uguali; che premia (come afferma l’art. 34 della Costituzione) quelli che sono «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi» e garantisce loro il «diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi»; che insegna che se uno rimane indietro quello più avanti si impegna ad aiutarlo, non accelera per “fargli mangiare la polvere”, perché sia chiaro chi tra i due è il primo!
La scuola non può essere votata a elevare il primo, la scuola deve avere come obiettivo il “sortirne tutti insieme”… Perché, come scriveva ieri Nadia Urbinati, su Repubblica: «Una scuola che lascia a terra chi non arriva primo, che decreta “vincitori” e sconfitti”, è quanto di più distante dalla filosofia della scuola pubblica di una società democratica». E, ci viene da aggiungere, è quanto di più deleterio si possa insegnare ai cittadini di domani.
Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane
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- Categoria: Pedagogia
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