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Riflessioni sulla "Legge Bavaglio"

Pubblichiamo la sintesi dello schema di intervento dhe Buratti Gino, in rappresentanza del PRC di Massa, ha tenuto all'incontro organizzato dalla rivista "Trentadue" sulla "Legge Bavaglio" e la libertà di stampa.


E' ben evidente come tutto quello che ruota attorno al tema dell'informazione assume una rilevanza fondamentale per l'assetto democratico di una società, incluse, ovviamente, sia le leggi che la governano, che quella che potremmo chiamare “qualità ed autonomia” del sistema informazione.

Ed è un tema che attraversa trasversalmente tutta quanta la società, ma che assume una importanza rilevante per le forze che vogliono una trasformazione dell'esistente, una costruzione di un modello sociale e di sviluppo in avanti, per quanti considerano l'evoluzione della società un dato costante.

In qualche modo potremmo dire che la stampa e l'intero sistema della comunicazione, diventa il uno dei luoghi della libertà e di una nuova forma di rappresentazione della società.

In tal senso un'informazione libera e plurale permette l'acquisizione di elementi per formulare un pensiero proprio, diventando uno degli elementi essenziali per la costruzione di un senso critico, unica condizione per superare le contraddizioni di un sistema.

In tal senso è inevitabile che l'informazione diventi un elemento di conflitto con il potere, un aspetto determinante del controllo di chi governa.

Paradossalmente, tuttavia, è anche il potere stesso, ad aver bisogno dei sistemi dell'informazione per acquisire consenso, adottando strumenti variegati per controllarlo o limitarne gli effetti.

Gli strumenti dei sistemi totalitari li conosciamo, sono stati spesso oggetto delle nostre battaglie di democrazia.

Tuttavia anche nei sistemi democratici, in maniera più o meno manifesta, mettono in campo strumenti di condizionamento più o meno espliciti, che si intrecciano alle contraddizioni e criticità del sistema sociale:

  • l'ingresso dei potentati economici nell'informazione rafforza il potere della finanza ed esercita forme significative di condizionamento della lettura dei fenomeni (pensiamo a come certa informazione ci propone la crisi economica che viviamo, o come è stata proposta la vicenda di Pomigliano, o delle pensioni).

  • il controllo della distribuzione della pubblicità, che toglie risorse all'informazione libera e indipendente;

  • la concessione degli aiuti in maniera poco trasparente ai mezzi di informazione indipendenti (pensiamo alla situazione del Manifesto, di carta...)

  • Il concentrarsi di fette enormi della comunicazione in poche mani.

  • L'omologazione dei contenuti mediatici e informativi.

In tal senso la pacata lettera della Busi, con la quale chiede di essere esonerata dalla conduzione del TG1, è quanto mai significativa, perché esprime il livello di “asservimento” al potere che è in atto da parte di mezzi di informazione importanti.

Nonostante questo in Italia il potere ha avvertito la necessità di introdurre norme ancora più restrittive nei confronti dell'informazione, determinando situazioni di forte condizionamento.

Intervenire pesantemente introducendo norme che da un lato limitano gli strumenti dell'attività investigativa, dall'altro limitano l'informazione da dare ai cittadini, è un precedente pericolosissimo per l'assetto democratico di un paese, dove sempre di più di stanno “legalizzando” caste e aree di intoccabili.

La stessa motivazione addotta, ovvero la necessità di tutelare la privacy delle persone, è veramente risibile se si pensa ai tracciati che restano nella rete on line, a quella mobile e ai sistemi di videosorveglianza...

Come dice Rodotà: “Se si vuole un'effettiva e difendibile tutela della privacy è sufficiente intervenire sulle intercettazioni estranee alla materia dell'indagine. In quel caso ci sarebbe stata un'approvazione rapidissima della legge, con benefici certamente per la tutela delle privacy delle persone che non sono coinvolte nelle indagini... Ma c'è anche un principio, quello della cosiddetta ridotta aspettativa di privacy delle figure pubbliche, che non è un'invenzione di queste settimane: nel 1998 fu approvato dal Garante e dall'Ordine dei giornalisti un codice di deontologia professionale che è una vera e propria norma, applicabile anche dall'autorità giudiziaria. All'articolo 6 è prevista la tutela della privacy delle cosiddette figure pubbliche a condizione che le informazioni che li riguardano non abbiano alcuni rilievo per la valutazione della loro attività. Ora non c'è dubbio che tutto quello di cui stiamo parlando riguarda direttamente l'attività di questi soggetti, quindi ha rilievo. E i cittadini lo devono sapere”.

E' evidente che l'intento del legislatore, in questo caso, è finalizzato a mettere in atto azioni di condizionamento, sia nei confronti di uno strumento investigativo, sia, sopratutto, per quanto concerne il diritto dei cittadini di essere informati.

E' un attacco diretto all'informazione plurale, minando la formazione di quel senso critico, che è elemento essenziale per difendersi dai virus del pensiero unico.

A rendere la situazione ancor più grave, sopratutto nell'ottica di una minaccia per stessa democrazia, è il fatto che questa operazione si inserisce in una manovra ben più ampia che, progressivamente, mina la coesione sociale e che passa attraverso la riduzione dei diritti (vedi Pomigliano), il progressivo smantellamento del welfare, la completa esaltazione della libertà individuale e d'impresa a scapito dei diritti collettivi, la disarticolazione del sistema scolastico e universitario...

E' in atto un attacco esplicito, non solo di questa maggioranza, ma dell'insieme dei poteri forti che essa rappresenta ai diritti e alla possibilità di accedere ad una informazione altra.

La stessa vicenda di Pomigliano, ad esempio, nel suo esplicitare un attacco ai diritti del lavoro, ha posto, concretamente, forti interrogativi sul ruolo dell'informazione, sullo spazio che tutte le posizioni possono avere.

Non credo sia una lettura così estremista: nel decreto sulle intercettazioni emerge con forza il tentativo di condizionare fortemente il diritto di cronaca giudiziaria, cercando di limitare quanto più possibile il libero circolare delle informazione e dei fatti.

  • è consentito solo per riassunto la pubblicazione degli atti di un procedimento penale, quando gli stessi non siano più coperti dal segreto.

  • Al tempo stesso è vietata, anche parziale, della documentazione relativa a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.

  • E' vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari.

Queste norme sono state giustificate sulla base della esigenza di tutelare la privacy, ma, come ha spiegato il prof. Rodotà, che sicuramente è un esperto, ha l'unico effetto di limitare la conoscenza di fatti ed episodi, anche di grande rilievo pubblico e, in ipotesi, allarme sociale, impedendo alle persone di potersi fare una idea di persone e forze che, in qualche modo, governano o condizionano la propria esistenza.

Si viene a determinare poi una situazione rischiosa. Quegli atti e quelle intercettazioni delle quali, pur non essendo pubblicabili, sono a conoscenza molte figure (magistrati, avvocati, indagati, personale di cancelleria, agenti di polizia giudiziaria, periti, consulenti...) possono divenire oggetto di un autentico “mercato nero”, o utilizzati a mo' di merce di scambio, laddove invece la libertà di pubblicazione avrebbe l'effetto di inflazionare il valore economico e/o politico di quei contenuti, rendendoli inutilizzabili.

  • E' ribadito inoltre la non possibilità di pubblicare quelle conversazioni di cui è stata disposta la distruzione, anche se non coperte dal segreto.

Norma questa forse banale, se non fosse che ribadisce ancora una volta la non possibilità di pubblicare atti, quando precedentemente era consentito di pubblicare quegli atti non più coperti da segreto. Che senso ha impedire la pubblicazione di atti, non più coperti dal segreto, che lo stesso magistrato ritiene inutili.

  • Viene inoltre stabilito che nel caso che impiegati dello stato o di altri enti pubblici, ma anche persone esercenti una professione per la quale è necessaria una abilitazione dello Stato violino il divieto di pubblicazione, si dispone una sospensione dall'esercizio della professione fino a tre mesi... si può sospendere un medico, un avvocato, un architetto...

Inoltre è stata aggiunta una norma “anti Patrizia”, dalla quale sono stati esclusi ovviamente i servizi segreti:

  • viene disposta la secretazione di tutti i documenti illegittimamente acquisiti, come le registrazioni fraudolente

Inoltre nello stesso DDL sono contenute norme sulla rettifica che riguardano tutti: dai quotidiani in edicola ai TG, fino ai siti internet. Anche chi ha un blog non registrato come testata giornalistica (quindi non soggetto alla legge sulla stampa) avrà l'obbligo di pubblicare la rettifica, su richiesta della persone offesa, entro 48 ore. Se ciò non avviene, o non vengono usate le stesse caratteristiche grafiche e la stessa visibilità, si rischia una multa fino a 12.500 euro

In qualche modo quindi il legislatore si preoccupa di contenere i poteri di indagine giudiziaria e di limitare l'esercizio della cronaca giudiziaria da parte dei mezzi di informazione, preoccupandosi di estendere le norme anche alla rete e ai siti.

Come vedete il quadro è sicuramente fosco e mette in gioco uno dei presupposti delle democrazie, l'informazione.

La libera circolazione delle notizie è una forma essenziale al controllo popolare... e sappiamo bene quanto già di per sé sia faticoso veicolare una informazione altra.

Che senso ha conoscere i fatti quando c'è il rinvio a giudizio, dopo cioè che sono passati magari anni

Un'informazione sotto la spada di damocle di sanzioni e censure... una informazione che non può rappresentare pensieri diversi.

Che tutele hanno giornalisti ed editori?

Cosa sarebbe successo delle informazioni che abbiamo avuto sul tragico G8 di Genova con questa legge in vigore?

Tutte quelle registrazioni, quelle intercettazioni di comunicazioni, spesso recuperate casualmente, erano di per se atti illegali.

E' una sfida trasversale, ma che a sinistra assume un significato particolare, perché so interseca con il conflitto sociale, del lavoro che scompare, dei diritti sotto accusa, della cultura e della formazione ridotte ad impresa.

E' una sfida molto più ampia, che attraverso tematiche diverse tra di loro, ma che ha come comune denominatore il lottare contro chi si oppone ad ogni trasformazione del sistema sociale.

La FIAT a Pomigliano non ha avuto bisogno anche dell'informazione per gestire il referendum?

Questi sono interrogativi, ma non possiamo sottrarci, pur sapendo che esiste oltre questa legge una crisi del sistema dell'informazione.

Mi piace concludere riportando un pezzo tratto dal Comunicato Stampa dell'Accademia Apuana della Pace:

Solo un'informazione plurale e libera è la base per una democrazia compiuta ed è la condizione indispensabile per permettere e rafforzare la coscienza e il senso critico di ciascuna persona.

Solo una pluralità di fonti, di angoli di lettura, di punti di osservazione, senza nessun oscuramento, possono educarci al bisogno di approfondire, andando oltre la prima immagine.

Una legge che, in qualche modo, condizioni le fonti di informazione non è una legge che aiuta a formare cittadini responsabili, ma semplicemente dei sudditi passivi, e la passività, come insegna bene Hannah Arendt, è la causa e la fonte dell'affermarsi delle dittature e delle tragedie umane.

In un contesto di "pensiero unico", nel quale è complicato e difficile anche avanzare riflessioni diverse sulle contraddizioni del nostro sistema economico e sociale e sulle relazioni internazionali (distribuzione delle risorse, Afghanistan, Iraq, missioni di pace) è necessario opporsi ad ogni forma di censura (incluso l'oscuramento di siti internet), per affermare il bisogno, la necessità di sviluppare il senso critico e iniziare ad abitare più frequentemente il dubbio.