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Se vuoi la pace, prepara la pace: cominciamo dal disarmo

La pace si costruisce preparando la pace, non la guerra!

Ormai la guerra ci viene proposta come un male inevitabile, nel miglior dei casi, per ripristinare un ordine e un diritto, che di volta in volta cambia a seconda delle latitudini, e che ci porta verso la terza guerra mondiale a pezzi, come sostiene Papa Francesco.

Siamo avvolti da un Pensiero Unico Bellicista (PUB)1 che avvolge le nostre vite e la nostra politica, facendo tabula rasa del bisogno di dubbio, che ci dovrebbe accompagnare ogni qual volta analizziamo un fenomeno complesso quali sono i conflitti e le guerre.

Non possiamo comprendere il conflitto di oggi, se non siamo capaci di immergerci anche in quello che è accaduto ieri e, non da meno, se non proviamo ad immaginare quale sarà il domani che vogliamo disegnare con le nostre valutazione e le scelte che andiamo ad operare.

Sicuramente questa modalità di stare nel problema, accogliendo anche la sfida di abitare il dubbio, di frequentare le diverse prospettive e punti di vista, partendo prima di tutto dal riconoscimento dell'altro, anche quando questo è il nemico, è faticosa, ma al tempo stesso è l'unica che ci permette di comprendere e valutare un fenomeno (che non significa giustificarlo) e che ci rende persone veramente libere, animate dal senso critico.

Se avessimo la lucidità di leggere le “scelte militari” di questi ultimi 50 anni ci renderemo conto di come tutti i conflitti nascono sempre e si sviluppano, assumendo contorni sempre più ampi e devastanti, sulla base del principio di azione e reazione, in un vortice progressivo che può anche non finire mai: quella escalation che tutti dichiarano di voler evitare che, tuttavia, viene alimentata quotidianamente.

Non possiamo dimenticare che anche l'azione e reazione di oggi ha un ieri e disegna un domani, che può essere più o meno funesto a seconda se saremo capaci di rompere questo circolo vizioso.

Non possiamo sottacere che dietro ad ogni conflitto, stanno interessi più o meno legittimi e l'idea di una diversa distribuzione dei poteri internazionali, aspetto questo su cui dobbiamo lavorare per prevenire i conflitti e non alimentarli.

La storia di questi ultimi 50 anni ci dice chiaramente che l'opzione militare per risolvere le controversie internazionali (che la nostra Costituzione “ripudia”, verbo forte!) non crea condizioni di maggiore convivenza pacifica, ma anzi crea situazioni in cui i conflitti si rigenerano e si facilita la radicalizzazione delle posizioni: radicalizzazione guardate bene che non riguarda solo il mondo medio orientale, ma anche il nostro mondo occidentale!

Proprio per questo motivo diciamo che, dopo il fallimento della logica militare, la via da sperimentare è proprio quella della pace. Ma la pace non è una parola magica, non è una semplice aspirazione. E' un progetto politico, è un insieme di scelte concrete da iniziare a mettere in atto e che si sviluppa nell'arco del tempo intervenendo prima che il conflitto deflagri, durante il conflitto per mitigarlo e dopo, andando ad immergerci nella complessità e nelle diverse verità, che dobbiamo riuscire a metterle in contatto.

E in ogni caso fare scelte di pace significa scegliere una strada opposta al pensiero militare.

Per questo motivo abbia predisposto del materiale divulgativo per condividere dati e proposte alternative alla logica militare, che esistono e sono possibili: basta volerlo!. Lo abbiamo fatto utilizzando dati e fonti di centri di ricerca consolidati, proprio per comprendere come la pace sia possibile, ma richiede scelte prioritarie, prima tra tutte la strada del disarmo: se si producono armi sempre più sofisticate queste sono merci e come tali vanno vendute e provate sul campo, appunto nelle guerre. Alimentare il commercio delle armi significa mantenere alta la possibilità dello scoppio di un conflitto, magari non vicino a noi, i cui echi non ci disturbino troppo. Ma non sempre questo è possibile come ci raccontano le guerre in Ucraina e in Palestina.

Ed è così forte il Pensiero Unico Bellicista che accettiamo quasi supinamente l'incremento delle spese militari, giustificandole appunto come necessario per assicurare la pace, laddove invece l'incremento delle spese militari è funzionale solo ad incrementare le possibilità di conflitto.

Dobbiamo invertire questo pensiero, nella società e nelle istituzioni, dimostrare che il disarmo ci conviene, perché si liberano risorse da investire in servizi, salute, lavoro e perché ci rende il mondo più sicuro e più bello

L'opuscolo che abbiamo predisposto vuole essere un minuscolo contributo per far crescere una cultura di pace, uno strumento che indichi una strada che può essere percorsa, ma per farla bisogna cambiare sentiero, indicando le priorità: disarmo, cooperazione, governo mondiale democratico per la gestione dei conflitti e delle disuguaglianze, corpi civili di pace di interposizione.

Tutte scelte che richiedono un cambio di paradigma, di passo, di programma e di visione del futuro.

La corsa al riarmo conviene all'industria bellica, a chi fa affari finanziari, ai politici che basano il loro potere sulla creazione di un nemico e sulla paura; il disarmo conviene a tutte le altre persone, e siamo la maggioranza.

 

Il Senato dell'Accademia Apuana della Pace

Massa, 11 febbraio 2024

 

Link al documento:

SE VUOI LA PACE, PREPARA LA PACE: COMINCIAMO DAL DISARMO

(https://www.aadp.it/edocman/aadp/documenti/doc3635.pdf)

 


1“Maledetti Pacifisti”, di Nico Piro, ed. People