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Tre ragioni (Sini Peppe)

Almeno tre ragioni mi sembra vi siano per respingere la cosiddetta riforma costituzionale che il governo del principe golpista e la maggioranza parlamentare eversiva e clientelare ad esso prona approvarono mesi or sono e che tra qualche settimana sarà oggetto di consultazione referendaria. La prima: le modifiche della parte seconda della Costituzione della Repubblica Italiana introdotte dal principe golpista distruggono la Costituzione nei suoi fondamenti, riverberando altresì i loro effetti sulla parte prima e fin sui principi fondamentali che della Costituzione costituiscono i valori supremi modificando i quali il nostro ordinamento giuridico decade ad altra, innominabile indecente cosa.
Frantumare l'accesso ai diritti e delegare funzioni e responsabilità decisive per l'inveramento dell'uguaglianza tra tutte le persone, in modo tale che il principio di cittadinanza coessenziale all'istituto statuale ne resta vulnerato e quasi schiantato: questa è la cosiddetta "devolution".
Rompere la circolarità dei poteri e dei controlli, attribuendo al presidente del consiglio dei ministri un potere di tipo monarchico, significa radicalmente annichilire il principio della separazione dei poteri che è alla base dalla riflessione e dell'esperienza politica e giuridica cui è legata non solo la democrazia parlamentare, ma la civiltà umana dell'età moderna stessa. E questa è la farneticazione e il crimine del "premierato forte".
Improvvisare una delirante proliferazione di distinguo nell'ambito del potere legislativo spezzettato e caleidoscopizzato, introducendo un labirinto di conflitti di competenze, provocando ad un tempo autoritarismo e anomia: questa è la conseguenza della demolizione del bicameralismo attuale e la sua sostituzione con un'orgia di affatturazioni.
E si potrebbe continuare.

La seconda: la Costituzione del 1948 è frutto di una vicenda storica che rimonta al primo e al secondo Risorgimento, e del confronto alto e della convergenza profonda della maggiori tradizioni della cultura politica contemporanea.
Non solo: nasceva dall'orrore della seconda guerra mondiale e dalla volontà di far cessare tutte le guerre; nasceva dalla liberazione d'Italia dal barbaro dominio fascista; nasceva da un rinnovato sentimento di solidarietà e di affermazione dei diritti e dei doveri inerenti allo statuto di esere umano.
Infine: si collocava in quel comune sentire che va dalla Carta delle Nazioni Unite - fondata sul ripudio del "flagello della guerra" - alla Dichiarazione universale dei diritti umani, che la Costituzione italiana esplicitamente anticipava.
Quella Costituzione, la nostra Costituzione, non è solo descrizione e riconoscimento giuridico di valori e diritti, non è solo definizione di un ordinamento giuridico, ma è anche progetto trasformativo, impegno costruttivo, messaggio di liberazione, scelta di responsabilità: fondamento di una democrazia progressiva. Prova ne è il fatto che l'adeguamento ad essa della legislazione penale è stato un lungo processo tuttora in fieri.
Quella Costituzione, la nostra Costituzione, è presidio delle nostre libertà, rinunciare ad essa significherebbe arrendersi alla barbarie.

La terza: quali modelli giuridici, quali modelli culturali, quali modelli di società si confrontano e si scontrano in questo referendum? La "riforma" golpista berlusconiana è coerente con una idea di società fondata sul pieno dispiegarsi della violenza del più forte.
La difesa della Costituzione della repubblica italiana democratica ed antifascista si fonda sulla volontà di difendere un'idea di società e di umanità così come definita dai primi undici articoli della Carta: una società in cui si riconoscano tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

In conclusione: il referendum costituzionale che avrà luogo tra poche settimane costituisce un appuntamento decisivo. La sua valenza istituzionale, giuridica e politica è enorme.
Tutto lascerebbe supporre che se la generalità dei cittadini votassero con piena cognizione di causa non vi dovrebbe essere dubbio sull'esito: la Costituzione del 1948 verrebbe confermata, il golpe berlusconiano verrebbe respinto, i "no" al colpo di stato prevarrebbero di gran lunga.
Ma non possiamo escludere che il dispiegarsi - nei giorni immediatamente precedenti il voto - di una campagna mediatica dotata della potenza dirompente che può esser messa in campo dall'apparato ideologico e propagandistico del principe golpista potrebbe sedurre e traviare, ingannare e truffare moltissime persone, e indurle a votare per la propria schiavitù anziché per la propria libertà.
Ancora una volta, vi è un solo modo per contrastare la menzogna e la prepotenza, l'inganno e l'oppressione: ed è di favorire la massima informazione, discussione, partecipazione.
Valgono ancora e sempre le immortali parole dell'antico poeta: più luce.