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Verso la marcia della pace Perugia-Assisi "per la pace e la fratellanza dei popoli". Contributi di Alfredo Galasso, Giulietto Chiesa, Giuseppe Moscati e Carlo Sansonetti

In vista del cinquantesimo della marcia della pace Perugia - Assisi, che si terrà il prossimo 25 settembre, condividiamo alcune delle interviste che il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo ha pubblicato sui notiziari quotidiani.

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale è stato il significato della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

  • Alfredo Galasso: Ricordare e testimoniare che la pace è un grande ideale di convivenza civile e insieme la via concreta per la risoluzione dei conflitti tra regimi, tradizioni, culture e generazioni differenti.

  • Giulietto Chiesa: Due principali. Il primo è che ha consentito a molte forze e visioni diverse di manifestare insieme contro la guerra. Il secondo è che ha tenuto vivo il ricordo di questa necessita', soprattutto verso le nuove generazioni, che purtroppo dovranno vivere in un mondo pericolosamente inclinato verso la guerra. E non lo sanno.

  • Giuseppe Moscati: Credo che l'intima energia che ha animato sin dal suo esordio la Marcia, in definitiva, sia lo stesso che ha fatto sì che essa potesse raggiungere un simile, significativo traguardo, vale a dire il grande potere di rinnovamento che essa ha portato con se', unito al valore di testimonianza viva di un'alternativa possibile. Solo che le cadute retoriche, gli infiacchimenti e in generale le tentazioni di "svendere" questo o quell'elemento autentico della Marcia sono sempre dietro l'angolo e fanno paura: a questa sfida di attenzione è chiamato oggi più che mai ogni amico della nonviolenza.

  • Carlo Sansonetti: Ogni marcia non è che un piccolo segno, un simbolo per indicare qualcosa di enormemente più grande. Nel caso della marcia Perugia-Assisi mi piacerebbe dire cosa ha conservato nelle sue viscere nonostante i tradimenti, perché di fatto molte, anzi troppe volte, Chiesa e Stato ci hanno messo lo zampino per svilirne il significato, per istituzionalizzarla e per addomesticarla. Ma la marcia continua a conservare li', appunto nelle sue viscere, l'annuncio del mondo nuovo, liberato dalle guerre, e quindi annuncia anche che è possibile un mondo liberato da qualsiasi violenza. Quando marcio per dire basta alle guerre, agli eserciti e alla fabbricazione di armi, lungo la marcia - e dunque lungo la vita - sono invaso e riempito tutto dalla certezza che i popoli sono affratellati, che le culture dei diversi popoli sono i gioielli dell'umanita', che la nonviolenza è l'unica forma ragionevole di vita.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

  • Alfredo Galasso: Se la pace è un impegno concreto e non solo un ideale o un'utopia, occorre, nella difficile congiuntura economica e sociale che investe il mondo nella sua globalita', assumere e diffondere la pratica della partecipazione attiva, la protesta nonviolenta, se necessaria, per sostenere rimedi e misure che garantiscano uguaglianza e giustizia sociale, senza le quali la pace resta, particolarmente oggi, una parola vana.

  • Giulietto Chiesa: Non so quale accentuazione verrà data. Credo che ci dovrebbe essere una riflessione severamente critica e autocritica per lo stato delle cose in seno al movimento pacifista. Il quale ha subito gravi rovesci in questi ultimi anni. Bisognerebbe analizzare cause e responsabilità politiche e morali per questi rovesci.

  • Giuseppe Moscati: Il cinquantenario della Marcia è una gran cosa, ma sarebbe un grave errore considerarlo un punto di arrivo. La nonviolenza è in cammino o non e'; e allora non ci si può accomodare. I tratti distintivi di un simile evento non possono che essere quelli che rimandano alla situazione di globalizzazione dei problemi: problemi di tutti che richiedono l'impegno di tutti, in chiave di ecosostenibilità e di solidarietà internazionale. Ma il mio augurio personale, quasi una sorta di aggiunta capitiniana, è che la Marcia - per tramite di tutti gli enti che la promuovono e di tutte le sue differenti voci - non perda l'occasione di tornare alla insistenza con cui Capitini (che è stato qualcosa di più del suo ideatore) accentuava l'aspetto positivo-propositivo del termine nonviolenza. Non "non violenza" nè "non-violenza". Più che mero pacifismo.

  • Carlo Sansonetti: Certamente il tentativo manifesto di riprendere decisamente il suo senso originale. E poi il tentativo di dire una parola chiara di condanna sulle intromissioni che si sono fatte, sulle ingerenze che ci sono state nelle edizioni passate, come abbiamo detto prima, e di prendere decisioni strutturali in quel senso.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Qual'è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

  • Alfredo Galasso: A me sembra, come la partecipazione democratica, un fiume carsico, che talvolta scompare per poi riemergere limpido e fluente dove e quando non lo aspetti.

  • Giulietto Chiesa: Direi che siamo appena all'inizio di una riflessione in questo senso. Se il mondo diventa sempre più violento c'è una serie di cause. Bisogna capire, prima di tutto, quali sono. Combattere la violenza con la nonviolenza sarà probabilmente uno dei compiti più difficili che si dovranno affrontare nel prossimo futuro.

  • Giuseppe Moscati: Andare oltre le parcellizzazioni è una delle urgenze cui dovrebbero guardare i soggetti della nonviolenza nostrana. Senza il superamento concreto delle posizioni strettamente ideologiche (non che ideologia in sè e per sè sia una parolaccia: mi riferisco alle derive dell'ideologia) si rischia la peggiore delle regressioni. Anche in quest'ottica c'è ancora molto da fare e tuttavia mi sento di dire che non sono poche le luci gettate su un panorama non certo sereno. Lo "stato dell'arte", insomma, è fatto di grandi potenzialita', qualche passaggio da non sottovalutare e tante, tante attese che devono fungere da sane provocazioni.

  • Carlo Sansonetti: Nell'ultimo anno ho passato molto del mio tempo in America Latina e non ho il polso della situazione. Però appare chiaro che in Italia c'è un soggetto sociale che di fronte alle scelte scellerate di questo governo, soprattutto in campo sociale ed economico, come anche di fronte alla complicità chiara della sinistra all'opposizione, si organizza in un modo sempre più compatto e numeroso, e che sa trovare modalità di lotta di stampo chiaramente nonviolento. Questo è successo in particolare con i movimenti studenteschi (l'"onda"), e con quelli di stampo femminista ("se non ora, quando?"). Pero', ho anche da dire che, di fronte alle ingerenze e intromissioni di facinorosi nelle azioni di quei o di altri movimenti (NoTav, per esempio), non c'è stata una chiara condanna nè una determinazione strutturale a impedirne l'inquinamento. Forse - mi permetto di aggiungere - questo non è loro possibile proprio perché non vogliono strutturarsi. Io non condivido questa posizione, anche se al contrario condivido la preoccupazione che ne è alla base. Per cui, la mia opinione è che ogni struttura sia da costruire, sia valida e vada rispettata, solamente per il progetto, per l'iniziativa puntuale. Detto con due parole: ogni struttura deve essere e, soprattutto, deve rimanere, leggera, agile e al servizio totale e incondizionato del soggetto sociale che rappresenta.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e gli altri mobimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

  • Alfredo Galasso: Conosco poco, e mi dispiace, il Movimento Nonviolento, ma la mia storia personale mi sollecita a chiedergli un'azione paziente, sul versante culturale soprattutto, a inserirsi dov'è possibile nel circuito scolastico.Per quello che so fare e dire, giustizia e legalità costituzionale, sono pronto a collaborare.

  • Giulietto Chiesa: Promuovere lo studio della crisi contemporanea. Poco si studia, cioè poco si sa della dinamica accelerata che porta verso una catastrofe senza precedenti per la storia umana. Moltissimi, anche tra i nonviolenti, continuano a pensare in modo lineare, come se il domani fosse uguale all'oggi. Non sarà cosi'.

  • Giuseppe Moscati: Il Movimento Nonviolento ha un compito importantissimo e peraltro può far tesoro di un'eredità storica e culturale in senso lato di un così grande valore che esso non può non sentirsi all'altezza del compito che l'attende. Se penso poi ai numerosi giovani che si sono sentiti coinvolti dal progetto dell'Anaac - l'Associazione Nazionale degli Amici di Aldo Capitini di cui ho la fortuna di essere segretario - di costituire una rete di studiosi del pensiero capitiniano, devo dire che mi riscopro ottimista. La nonviolenza attuale in Italia è ricca di realtà piccole, ma tenaci: sarebbe proficuo un maggior lavoro di raccordo di tutte queste nobili forze.

  • Carlo Sansonetti: Credo che questi benemeriti movimenti, preziosissimi per conservare puro il messaggio di Aldo Capitini e degli altri padri della nonviolenza nel mondo, debbano soprattutto dedicarsi alla formazione alla nonviolenza delle associazioni e gruppi che si impegnano sui vari campi o livelli del sociale in Italia o all'estero. Io, appartenendo all'Associazione Sulla Strada, che ha progetti sia in Italia che all'estero indirizzati all'infanzia, sento forte la necessità di questo sostegno formativo da parte dei movimenti nonviolenti.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

  • Alfredo Galasso: Penso alle molte manifestazioni di ragazze e ragazzi, di donne di ogni fede e colore, che hanno riempito le piazze d'Italia, spesso ignorate (o insultate) da partiti e giornali di regime, che prefigurano un futuro di convivenza e impegno civile.

  • Giulietto Chiesa: Non ho esempi da portare migliori di quello del movimento No Tav. In Val di Susa la scelta è stata quella della nonviolenza. Eppure molti continuano a forzare la mano a chi vuole mantenere (e io sono integralmente d'accordo con loro) la scelta nonviolenta. Si tratta però di una resistenza attiva e non passiva. Una nonviolenza che agisce e non subisce, che accerchia e non attacca. Quanti hanno capito queste cose, fuori dalla Val di Susa? Non so. Io considero la loro esperienza di "difesa del territorio" come assolutamente esemplare. Da studiare.

  • Giuseppe Moscati: In Italia c'è Marco Pannella e poco piu'; in effetti la politica nostrana si occupa poco di strategia nonviolenta, mentre il mondo dell'associazionismo si è dimostrato capace di azioni corali rilevanti, solo che troppo poco passa oltre il muro massmediatico che conta. Nel mondo non sono mancati abborracciamenti di nonviolenza, che però spesso si sono persi qua e là in rivoli di piccole e grandi violenze. Della serie: buoni propositi e scarsi risultati; forse il nodo cruciale rimane quello dell'accordo nonviolento di fine nobile e nobili mezzi, per cui ci si concentra troppo sulla bontà del fine e troppo poco sulla genuinità nonviolenta dei mezzi. Alcuni segnali rilevanti arrivano dal continente asiatico, dal mondo arabo e in generale da aree del mondo che in qualche modo e in qualche misura, per tanti, erano "insospettabili". Un'icona? Senz'altro la politica birmana premio Nobel per la Pace (1991) Aung San Suu Kyi.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

  • Alfredo Galasso: Sono molte le iniziative da promuovere, all'insegna del principio dell'autodeterminazione (testamento biologico, coppie omosessuali, ad esempio) con l'unico limite del rispetto della libertà altrui. E la lotta antimafia, che sta rischiando di diventare uno slogan comodo a tutti, mafiosi compresi.

  • Giulietto Chiesa: Difesa del territorio, considerando come "territorio" la nostra mente, il nostro corpo, il luogo in cui viviamo, l'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo.

  • Giuseppe Moscati: Molto va fatto contro la violenza economica, che dilaga quasi incontrastata ad ogni latitudine; la nonviolenza deve ripartire da qui, da un'opposizione forte contro tutto ciò che crea attrito per la fluidità delle conquiste dei diritti umani, civili, politici, per la libertà di informazione, di opinione, di credo politico e di fede/laicita'. Condivido la proposta avanzata dall'amico Francesco Pullia di "dare vita ad un'emittente magari telematica, via internet, o la conquista di spazi radiotelevisivi o, ancora, una maggiore diffusione a livello nazionale di uno strumento informativo come 'Azione Nonviolenta'". Perché - e non sarà un male ripeterlo fino alla noia - la democrazia passa attraverso l'informazione e la comunicazione. Lo ha chiarito Capitini, ma anche Karl Jaspers, Hannah Arendt, Danilo Dolci...

  • Carlo Sansonetti: A me pare fondamentale concentrarsi e stare saldamente in guardia di fronte alle prossime mosse del nostro governo (piccolo strumento in mano al Fmi e alla Banca Mondiale) in campo economico, perché saranno scelte di una violenza inaudita. Credo che sia urgente anticipare, cioè agire preventivamente contro, ogni scelta che faccia pagare ai cittadini e a tutta la società civile i danni causati dallo stesso sistema neoliberista, che è in mano, come si diceva, non a questo o a quel governo, ma alle lobby economiche mondiali (e il capo del nostro governo è chiaramente un uomo di quelle lobby). L'Italia e la Spagna sono i paesi che stanno seguendo, a un solo palmo di distanza, la tragedia della Grecia, che, in ultima analisi, non è altro che il modello di crisi che l'Argentina dei primi anni di questo secolo ha terribilmente sofferto, ma anche nobilmente sconfitto. Un ottimo documentario in questo senso è quello che si trova in http://www.youtube.com/watch?v=zAWivIQxuG0

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Che cos'è la nonviolenza e come accostarsi ad essa?", cosa le risponderebbe?

  • Alfredo Galasso: La cultura e la civiltà del Millennio, cui ispirare e misurare la propria azione quotidiana nelle relazioni personali e nella vita professionale, contro la mercificazione pervasiva e violenta di uomini e donne, di bisogni individuali e collettivi. Per un giurista come me la pratica del diritto come "hominis ad hominem proportio".

  • Giulietto Chiesa: La nonviolenza è al tempo stesso un'idea etica e pratica. I detentori della violenza sono coloro che ci opprimono e depredano. Essi hanno i mezzi per attuarla. Predicare la violenza significa dare loro il modo di reprimerci, cioè di sconfiggerci. Nello stesso tempo l'uso della violenza rende violenti. Dunque educare alla nonviolenza è un atto civico. Ma io non credo alla "non violenza" passiva: di chi "attende" la violenza. Io propongo la nonviolenza attiva, come forma di resistenza e di difesa organizzata. La nonviolenza, in questo senso, non deve essere individuale. Io non desidero una "non violenza" per la sconfitta, ma mi batto per una nonviolenza che cambi il mondo e difenda i più deboli.

  • Giuseppe Moscati: A rischio di un eccesso di sintesi e tuttavia con l'intento di non appesantire l'idea di nonviolenza che vorrei trasmettere, direi che si tratta di un atteggiamento di cura verso tutti - albero e formica compresi - che si fa tensione a donare capitinianamente la propria aggiunta per contrastare l'insufficienza della realta'. Oltre a suggerirle la lettura dei testi di Capitini (preziosa l'antologia curata da Mario Martini per La Ets di Pisa, Le ragioni della nonviolenza), la inviterei a prendere contatto con gli amici del Centro di Viterbo, con la Fondazione Centro studi Aldo Capitini di Perugia, con l'Anaac... Insomma con chi alla nonviolenza dedica, in maniera disinteressata, molto del proprio tempo e delle proprie energie.

  • Carlo Sansonetti: La nonviolenza è la più concreta, razionale ed efficace risposta e controproposta alla violenza che ogni sistema (politico, economico e religioso) porta connaturata in se'. È la più concreta perché non è emotiva o maliziosa ma progettata a breve, medio e lungo termine. È la più razionale perché non segue la reazione istintiva della violenza ma cerca, con un atteggiamento che rimane sempre umano e con tecniche affinate negli anni, di far uscire l'altro dalla sua immaturità e farlo risorgere nella sua umanita'. È la più efficace perché ottiene la pace e la riconciliazione senza che ci siano vincitori e vinti, e perciò evita risentimenti e vendette. Secondo me ci si può accostare alla nonviolenza soltanto con la parte femminile che è in ciascuno di noi: credendo nella vita e dandola in abbondanza; accudirla, nutrirla e proteggerla; guardare l'altro sempre con tenerezza e pazienza.


Note biografiche degli intervistati:

Alfredo Galasso: professore di diritto civile e avvocato. È stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura e parlamentare nel gruppo della Rete, negli anni Novanta. È stato presidente dell'Associazione L'Altra Italia, editrice del settimanale "Avvenimenti", cui ha collaborato, oltre che a "La Repubblica", come editorialista. Ha rappresentato e rappresenta la parte civile in numerosi processi di mafia, nel processo per la strage di Ustica, nel processo G8. È autore di molti saggi e volumi di diritto, alcuni dei quali dedicati alla tutela dei diritti della persona.

Giulietto Chiesa: giornalista, corrispondente da Mosca per venti anni con "L'Unita'" e "La Stampa". Ha fondato il laboratorio politico Alternativa e l'associazione culturale Megachip - Democrazia nella Comunicazione. È stato deputato europeo nel 2005-2009".

Giuseppe Moscati: dottore di ricerca in Filosofia e Scienze Umane e collaboratore del Dipartimento di Scienze filosofiche dell'Università degli Studi di Perugia, è formatore sui temi della pace, del disarmo e della cooperazione internazionale. Giornalista pubblicista, è redattore della rivista "Rocca", per la quale si occupa di filosofia e letteratura contemporanee, e scrive per la terza pagina di alcuni quotidiani regionali e nazionali. Tra le sue ricerche, quella sulla nonviolenza è stata oggetto di alcuni volumi e di numerosi studi apparsi in riviste di filosofia ("Bollettino della Società filosofica italiana", "Rivista di storia della filosofia" e altre) nonchè di seminari e corsi di formazione e aggiornamento con particolare riferimento agli aspetti educativi. Insieme a Thomas Casadei ha curato per la Fondazione Centro studi Aldo Capitini il carteggio Aldo Capitini - Guido Calogero, Lettere (1936-1968), Carocci 2009. Segretario dell'Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini, ha curato il volume Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle nuove generazioni (Levante, Bari 2010), dedicato all'attualità di una cultura della nonviolenza per i giovani di oggi.

Carlo Sansonetti: Nato nel 1951, ha vissuto sedici anni in comunità per tossicodipendenti, in Italia e all'estero; è stato parroco di Attigliano (Tr) dal 1999 al 2010 ed è stato fra i fondatori dell'Associazione Sulla Strada onlus (www.sullastradaonlus.it) alle cui attività si sta dedicando a tempo pieno fin dall'anno scorso.