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Nel condividere queste brevi riflessioni mi piace ripensare da un lato all'invito di Vittorio Arrigoni a “restare umani”, che io declinerei “a ritornare ad essere umani”, tenendo conto che a mio avviso questa qualità la stiamo perdendo, dall'altro ad alcune considerazioni fatte da Gianni Tognoni1 ad un seminario del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza)2 che mi sembrano quanto mai pertinenti come premessa al ragionamento che andrò sviluppando.

Il simboli dell'Italia dovrebbero essere il lavoro e la pace, principi fondamentali della nostra Repubblica.

Il 2 giugno è l’anniversario della Repubblica, nata dalla Resistenza (che fu un movimento prevalentemente civile e popolare antifascista e antinazista) e dalla volontà popolare del Referendum (strumento fatto di seggio, scheda, matita, che per la prima volta usarono anche le donne).

Nel settantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, data nefasta per i palestinesi che ricordano la Nakba, la più importante gara ciclistica italiana partirà da Gerusalemme. Una scelta incomprensibile che verrà usata dal governo di Netanyahu per i propri fini propagandistici.

Le notizie sempre più tragiche (e sempre più distorte dai media) dei massacri di dimostranti palestinesi disarmati, che arrivano da Gaza e dagli altri Territori Palestinesi occupati, non sembrano toccare gli ineffabili organizzatori del Giro d’Italia, RCS Mediagroup, e l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI). Entrambi hanno ignorato i tantissimi appelli, dall’Italia e dal mondo, che hanno chiesto a gran voce lo spostamento della partenza del Giro da Israele, per le violazioni del diritto internazionale e delle stesse regole dell’UCI.