Di male in peggio (Letizia Lanza )
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Interessante riflessione, pubblicata sul n. 735 del 18 febbraio 2009 di "Notizie minime della nonviolenza", sui recenti fatti di cronoca che hanno visto alcuni ragazzi "dare fuoco" a barboni o immigrati.
Fao: aumenta la fame nel mondo (Mailing list Ecumenici)
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La fame nel mondo è aumentata. E' di quasi un miliardo, precisamente 963 milioni, il numero delle persone denutrite nel mondo, secondo il rapporto pubblicato dalla Fao "Lo Stato dell'Insicurezza alimentare nel mondo 2008": 40 milioni in piu' dell'anno scorso e 115 milioni in piu' rispetto al biennio 2003-2005. E l'attuale crisi finanziaria ed economica - avverte l'agenzia dell'Onu con sede a Roma - potrebbe far lievitare ulteriormente questa cifra.
Derattizzare (Ettore Masina)
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Oh, non turbate il Santo Padre, che è vecchio e stanco. Ditegli che c’è un guasto nei ripetitori di Ponte Galeria e perciò nei palazzi vaticani per qualche giorno radio e televisori sono in black-out. Ditegli che c’è uno sciopero dei giornalisti di tutto il mondo e quindi non arrivano notizie. Fate che non sappia, insomma, quel che sta succedendo in Italia ai Rom: e cioè che, come molti non-papi e non-VIP sanno, da mesi gli "zingari", in Italia, vedono (e non soltanto a Ponticelli ma in molte città e paesi) i loro campi assaltati da facinorosi o rimossi, quasi senza preavviso, dalle "forze dell’ordine".
Carnefici, vittime e spettatori impotenti (Giulio Vittorangeli)
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Pubblicato su Notizie minime della nonviolenza, n. 124 del 18 giugno 2007
Sappiamo che la realtà in cui viviamo, il capitalismo, di cui la globalizzazione è espressione, ha poco da offrire alla stragrande maggioranza dei popoli del Sud: vantaggiosa per una minoranza di persone, esige in contropartita l'impoverimento degli altri, in particolare delle società contadine, che costituiscono quasi metà dell'umanità.
Sappiamo che, su scala globale, la logica del profitto porta alla progressiva distruzione delle basi naturali della riproduzione della vita sul pianeta. Privatizzando i servizi pubblici, riduce anche i diritti sociali delle classi popolari.
Quello che troppo spesso ignoriamo, è che noi apparteniamo a questa realtà globalizzata da un lato come carnefici, dall'altro come vittime.
"Abitatori dei cosiddetti Paesi del benessere, non solo sappiamo di vivere una vita più agevole e garantita di quella della enorme maggioranza dei nostri simili, ma anche che questa nostra condizione deriva dalla sottrazione di risorse appartenenti ad altri popoli e alle future generazioni; e che questa rapina è continua e organizzata dalla progettazione di meccanismi che respingono enormi masse ai margini estremi del sistema in cui viviamo, li riducono a scarti della cosiddetta civiltà, a popoli in esubero, a serbatoi da cui trarre manovali di morte, soldati per le guerre imperiali, e regioni da trasformare in enormi discariche di rifiuti tossici. Noi siamo i consumatori, cioè i beneficiari di questo assetto mondiale, e del resto finiamo spesso per accettare come dogma la sua ideologia, per la cui attuazione, ogni tre o quattro anni, eleggiamo i nostri rappresentanti. E però, nello stesso tempo, noi sentiamo di appartenere al gruppo delle vittime. Dai mutamenti climatici alla distruzione dell'habitat, da una dura selezione di classe per cui aumenta la distanza fra ricchi e poveri, dalla parcellizzazione del lavoro alla sua delocalizzazione verso i Paesi dei bassi salari, dalla diffusione della precarietà nel mondo giovanile alle guerre fra civiltà che ormai travagliano enormi regioni, alla caduta di senso della vita, di un'etica forte e di una forte identità che reggevano - o sembravano reggere - le nostre modalità di esistenza sino a qualche anno fa, noi ci sentiamo spesso in balia di un'epoca che travolge buona parte del nostro assetto psichico e della nostra libertà" (Ettore Masina, da "Missione Oggi" dicembre 2006).
Sappiamo che la realtà in cui viviamo, il capitalismo, di cui la globalizzazione è espressione, ha poco da offrire alla stragrande maggioranza dei popoli del Sud: vantaggiosa per una minoranza di persone, esige in contropartita l'impoverimento degli altri, in particolare delle società contadine, che costituiscono quasi metà dell'umanità.
Sappiamo che, su scala globale, la logica del profitto porta alla progressiva distruzione delle basi naturali della riproduzione della vita sul pianeta. Privatizzando i servizi pubblici, riduce anche i diritti sociali delle classi popolari.
Quello che troppo spesso ignoriamo, è che noi apparteniamo a questa realtà globalizzata da un lato come carnefici, dall'altro come vittime.
"Abitatori dei cosiddetti Paesi del benessere, non solo sappiamo di vivere una vita più agevole e garantita di quella della enorme maggioranza dei nostri simili, ma anche che questa nostra condizione deriva dalla sottrazione di risorse appartenenti ad altri popoli e alle future generazioni; e che questa rapina è continua e organizzata dalla progettazione di meccanismi che respingono enormi masse ai margini estremi del sistema in cui viviamo, li riducono a scarti della cosiddetta civiltà, a popoli in esubero, a serbatoi da cui trarre manovali di morte, soldati per le guerre imperiali, e regioni da trasformare in enormi discariche di rifiuti tossici. Noi siamo i consumatori, cioè i beneficiari di questo assetto mondiale, e del resto finiamo spesso per accettare come dogma la sua ideologia, per la cui attuazione, ogni tre o quattro anni, eleggiamo i nostri rappresentanti. E però, nello stesso tempo, noi sentiamo di appartenere al gruppo delle vittime. Dai mutamenti climatici alla distruzione dell'habitat, da una dura selezione di classe per cui aumenta la distanza fra ricchi e poveri, dalla parcellizzazione del lavoro alla sua delocalizzazione verso i Paesi dei bassi salari, dalla diffusione della precarietà nel mondo giovanile alle guerre fra civiltà che ormai travagliano enormi regioni, alla caduta di senso della vita, di un'etica forte e di una forte identità che reggevano - o sembravano reggere - le nostre modalità di esistenza sino a qualche anno fa, noi ci sentiamo spesso in balia di un'epoca che travolge buona parte del nostro assetto psichico e della nostra libertà" (Ettore Masina, da "Missione Oggi" dicembre 2006).
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