Appello al movimento contro la guerra (Puntorosso Carrara)
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Giovedì 7 dicembre, nella Sala di Rappresentanza del Comune di Carrara si è svolta una partecipata iniziativa per il ritiro delle truppe dall'Afghanistan.
All'iniziativa, promossa dai Circoli di Rifondazione Comunista di Carrara, alcuni di Massa e di Montagnoso, dall'Associazione Culturale Punto Rosso, dal Forum per la Sinistra Europea-Socialismo XXI, dall'Associazione Sinistra Critica, dall'Ernesto, erano presenti il deputato Salvatore Cannavò, il Senatore Fosco Giannini e Antonio Bruno del Punto Rosso.
Durante l'incontro si sono affrontati i temi che in questi ultimi mesi hanno caratterizzato quella che da sempre abbiamo chiamato "guerra globale permanente" e che è proseguita con centinaia di migliaia di donne e uomini che ne sono state le principali vittime. Si sono inoltre affrontati i problemi che riguardano il movimento che in questi anni si è mobilitato per fermare questa guerra che oggi sembra in difficoltà - soprattutto in Italia, dove in passato si sono invece svolte le più grandi manifestazioni europee.
Riteniamo fondamentale un suo rilancio per riattivare l'iniziativa delle migliaia di persone che ne sono state motore, soprattutto è nostra convinzione che il movimento contro la guerra in questo momento debba mettere in campo un'iniziativa complessiva - a partire dalla richiesta di ritiro immediato dei soldati dall'Afghanistan e di iniziare a praticare politiche di disarmo, riducendo le spese militari e il rifiuto della presenza sul territorio nazionale delle basi militari della Nato e di qualunque Paese straniero .
E' stato anche ricordato che il movimento contro la guerra ha proprio in questi giorni raggiunto un primo importante: il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
Un primo risultato è raggiunto, ma riteniamo non sia ancora mutato lo scenario: il mantenimento della missione in Afghanistan, gli scenari geostrategici internazionali evidenziano l'enorme distanza ancora esistente tra i luoghi della decisione politica e il comune sentire delle popolazioni, per le quali l'unica "riduzione del danno" è la fine della guerra, la costruzione di politiche e pratiche di pace e di giustizia sociale.
A conclusione dell'incontro è stato deciso di lanciare un appello a tutte le donne e gli uomini, a tutte le reti, associazioni e organizzazioni sociali e politiche che in questi anni hanno partecipato a quel popolo della pace che ha inondato le piazze di questo Paese per costituire, a partire dalla nostra realtà, a costituire un Comitato provinciale per la Pace e per il ritiro delle truppe dall'Afghanistan per riaprire una stagione di lotta e di mobilitazione sociale per una pace giusta in Medio Oriente e per la Palestina e in ultimo di aderire all'Assemblea nazionale convocata per il 16 dicembre a Roma per il ritiro dei soldati dall'Afghanistan.
All'iniziativa, promossa dai Circoli di Rifondazione Comunista di Carrara, alcuni di Massa e di Montagnoso, dall'Associazione Culturale Punto Rosso, dal Forum per la Sinistra Europea-Socialismo XXI, dall'Associazione Sinistra Critica, dall'Ernesto, erano presenti il deputato Salvatore Cannavò, il Senatore Fosco Giannini e Antonio Bruno del Punto Rosso.
Durante l'incontro si sono affrontati i temi che in questi ultimi mesi hanno caratterizzato quella che da sempre abbiamo chiamato "guerra globale permanente" e che è proseguita con centinaia di migliaia di donne e uomini che ne sono state le principali vittime. Si sono inoltre affrontati i problemi che riguardano il movimento che in questi anni si è mobilitato per fermare questa guerra che oggi sembra in difficoltà - soprattutto in Italia, dove in passato si sono invece svolte le più grandi manifestazioni europee.
Riteniamo fondamentale un suo rilancio per riattivare l'iniziativa delle migliaia di persone che ne sono state motore, soprattutto è nostra convinzione che il movimento contro la guerra in questo momento debba mettere in campo un'iniziativa complessiva - a partire dalla richiesta di ritiro immediato dei soldati dall'Afghanistan e di iniziare a praticare politiche di disarmo, riducendo le spese militari e il rifiuto della presenza sul territorio nazionale delle basi militari della Nato e di qualunque Paese straniero .
E' stato anche ricordato che il movimento contro la guerra ha proprio in questi giorni raggiunto un primo importante: il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
Un primo risultato è raggiunto, ma riteniamo non sia ancora mutato lo scenario: il mantenimento della missione in Afghanistan, gli scenari geostrategici internazionali evidenziano l'enorme distanza ancora esistente tra i luoghi della decisione politica e il comune sentire delle popolazioni, per le quali l'unica "riduzione del danno" è la fine della guerra, la costruzione di politiche e pratiche di pace e di giustizia sociale.
A conclusione dell'incontro è stato deciso di lanciare un appello a tutte le donne e gli uomini, a tutte le reti, associazioni e organizzazioni sociali e politiche che in questi anni hanno partecipato a quel popolo della pace che ha inondato le piazze di questo Paese per costituire, a partire dalla nostra realtà, a costituire un Comitato provinciale per la Pace e per il ritiro delle truppe dall'Afghanistan per riaprire una stagione di lotta e di mobilitazione sociale per una pace giusta in Medio Oriente e per la Palestina e in ultimo di aderire all'Assemblea nazionale convocata per il 16 dicembre a Roma per il ritiro dei soldati dall'Afghanistan.
Proposta di appello. via dall Afghanistan, via dalla guerra globale (Navarra)
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Milano 12-12-06
USCIAMO DALLA CRISI CON L'AUTONOMIA E CON I CONTENUTI DI UNA POLITICA NONVIOLENTA
PROPOSTO DA: LDU-LOC- RICONCILIAZIONE- CHICO MENDES- KRONOS- TERRA NUESTRA
Il Movimento per la pace, dopo le illusioni da "seconda supepotenza", sta attualmente presentando uno spettacolo deludente, di divisione, di subalternità politica (la cosiddetta "sindrome del governo amico"), di mancanza di idee forti, radicali, convincenti.
Noi non guardiamo con estraneo e compassato distacco alle difficoltà presenti, poiché apparteniamo a pieno titolo a organizzazioni, reti, esperienze, iniziative che fanno parte integrante dell'arcipelago pacifista e nonviolento.
Siamo quindi estremamente preoccupati per lo stato e per le prospettive di un "habitat sociale" che costituisce la nostra stessa ragione di vita.
A nostro parere, c'è alla base dell'attuale confusione, e delle polemiche conseguenti, un nodo irrisolto: il problema dei problemi è come dissociarsi a tutti i livelli dalla guerra globale in atto; come farlo, per essere precisi, senza ricadere, a nostra volta, nel modo di contrapporci e di opporci, in una "logica di guerra", speculare, simile, anche se di segno contrario.
Pur riconoscendo il diritto di resistenza dei popoli, secondo le leggi internazionali, che va distinto da ogni forma di terrorismo (violenza e attentati sui civili), crediamo fermamente che vada estesa la lotta di resistenza nonviolenta di massa, la sola efficace contro la guerra dell'Impero e in grado di garantire una pace duratura fermando l'escalation di violenze e di guerre civili.
Pubblicato su Il Manifesto del 19 gennaio 2007
«C'è bisogno di un'insurrezione non violenta. Anche a costo di andare in galera»
È tornato nella sua terra, Nairobi, nella bidonville di Korogocho dove per anni ha prestato servizio come comboniano. Alex Zanotelli, in questi giorni che precedono l'apertura del social forum mondiale, è già straimpegnato: prima il ritorno, dopo quattro anni e mezzo, tra gli abitanti di Korogocho: «Un'emozione bellissima, i bambini, la gente del posto, tutti che volevano toccarmi, è stata una specie di battesimo». Poi la conferenza su «teologia e liberazione», in corso a sud della città. E da ieri sera il Forum dei «comboniani», che andrà avanti fino al 27 gennaio.
Hai parlato di «insurrezione del pacifismo». Cosa intendi?
Voglio dire che è arrivata l'ora di reagire, i cittadini devono trovare nuove forme di mobilitazione, nuova visibilità. La verità è che, ormai, la politica non ci sta più a sentire, vanno avanti dritti come treni, in barba a tutto ciò che possiamo dire o pensare.
E cosa bisognerebbe fare?
Occorre riflettere tutti insieme. È già qualche tempo che lo sto dicendo a Napoli: bisogna riunirsi e immaginare azioni intelligenti, eclatanti e non violente. Qualcosa che fai una volta e poi non ripeti più. E porsi nello spirito di dire: magari vado in galera, va bene, lo accetto. Pur di riuscire a sbloccare questa situazione. Perché davvero non se ne può più. Fra poco uscirà un libro proprio sulla militarizzazione di Napoli. Una cosa incredibile. Non si può mica fare che trasferiscano il supremo comando della Nato da Londra a Napoli così, senza che si muova foglia.
USCIAMO DALLA CRISI CON L'AUTONOMIA E CON I CONTENUTI DI UNA POLITICA NONVIOLENTA
PROPOSTO DA: LDU-LOC- RICONCILIAZIONE- CHICO MENDES- KRONOS- TERRA NUESTRA
Il Movimento per la pace, dopo le illusioni da "seconda supepotenza", sta attualmente presentando uno spettacolo deludente, di divisione, di subalternità politica (la cosiddetta "sindrome del governo amico"), di mancanza di idee forti, radicali, convincenti.
Noi non guardiamo con estraneo e compassato distacco alle difficoltà presenti, poiché apparteniamo a pieno titolo a organizzazioni, reti, esperienze, iniziative che fanno parte integrante dell'arcipelago pacifista e nonviolento.
Siamo quindi estremamente preoccupati per lo stato e per le prospettive di un "habitat sociale" che costituisce la nostra stessa ragione di vita.
A nostro parere, c'è alla base dell'attuale confusione, e delle polemiche conseguenti, un nodo irrisolto: il problema dei problemi è come dissociarsi a tutti i livelli dalla guerra globale in atto; come farlo, per essere precisi, senza ricadere, a nostra volta, nel modo di contrapporci e di opporci, in una "logica di guerra", speculare, simile, anche se di segno contrario.
Pur riconoscendo il diritto di resistenza dei popoli, secondo le leggi internazionali, che va distinto da ogni forma di terrorismo (violenza e attentati sui civili), crediamo fermamente che vada estesa la lotta di resistenza nonviolenta di massa, la sola efficace contro la guerra dell'Impero e in grado di garantire una pace duratura fermando l'escalation di violenze e di guerre civili.
Il Pacifismo rialzi la testa (intervista ad Alex Zanotelli)
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«C'è bisogno di un'insurrezione non violenta. Anche a costo di andare in galera»
È tornato nella sua terra, Nairobi, nella bidonville di Korogocho dove per anni ha prestato servizio come comboniano. Alex Zanotelli, in questi giorni che precedono l'apertura del social forum mondiale, è già straimpegnato: prima il ritorno, dopo quattro anni e mezzo, tra gli abitanti di Korogocho: «Un'emozione bellissima, i bambini, la gente del posto, tutti che volevano toccarmi, è stata una specie di battesimo». Poi la conferenza su «teologia e liberazione», in corso a sud della città. E da ieri sera il Forum dei «comboniani», che andrà avanti fino al 27 gennaio.
Hai parlato di «insurrezione del pacifismo». Cosa intendi?
Voglio dire che è arrivata l'ora di reagire, i cittadini devono trovare nuove forme di mobilitazione, nuova visibilità. La verità è che, ormai, la politica non ci sta più a sentire, vanno avanti dritti come treni, in barba a tutto ciò che possiamo dire o pensare.
E cosa bisognerebbe fare?
Occorre riflettere tutti insieme. È già qualche tempo che lo sto dicendo a Napoli: bisogna riunirsi e immaginare azioni intelligenti, eclatanti e non violente. Qualcosa che fai una volta e poi non ripeti più. E porsi nello spirito di dire: magari vado in galera, va bene, lo accetto. Pur di riuscire a sbloccare questa situazione. Perché davvero non se ne può più. Fra poco uscirà un libro proprio sulla militarizzazione di Napoli. Una cosa incredibile. Non si può mica fare che trasferiscano il supremo comando della Nato da Londra a Napoli così, senza che si muova foglia.
Il futuro è nelle nostre mani: difendiamo la terra per un domani senza basi di g
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17 febbraio - ore 14.20 - Vicenza
Manifestazione Nazionale contro le base militari
appello del Presidio Permanente contro il Dal Molin
Manifestazione Nazionale contro le base militari
appello del Presidio Permanente contro il Dal Molin
Dopo che per mesi Governo e Comune si sono rimpallati la responsabilità della decisione, lEsecutivo nazionale ha ceduto allultimatum statunitense: «il Governo non si oppone alla nuova base Usa», ha sentenziato Romano Prodi. Dopo appena due ore, migliaia di vicentini sfilavano per le strade del centro cittadino. Chi pensava di aver chiuso la partita ha dovuto ricredersi, perché Vicenza si è mobilitata, ha Invaso le strade, ha costruito il presidio permanente.
Otto mesi di mobilitazioni, culminate con la grandiosa manifestazione dello scorso due 2 dicembre quando 30 mila persone sfilarono dalla Ederle al Dal Molin, hanno dimostrato la forte contrarietà della popolazione alla nuova installazione militare. Ma il Governo, dopo aver più volte ribadito la centralità dellopinione della comunità locale, ha ceduto agli interessi economici e militari.
In tutto questo pesa come un macigno anche la posizione dellAmministrazione Comunale che, forte dellassenso dato dal Governo Berlusconi alloperazione, prima ha nascosto ai cittadini il progetto per tre anni e poi, snobbando la contrarietà della popolazione, lo ha approvato durante un Consiglio Comunale blindato e contestato; infine ha negato ai cittadini la possibilità di esprimersi attraverso il referendum.
Nonostante tutto questo a Vicenza è successo qualcosa di nuovo: Vicenza non si è arresa alle imposizioni. In questo percorso abbiamo trovato donne e uomini, studenti e anziani, lavoratori e professionisti; li abbiamo incrociati nelle mobilitazioni, abbiamo discusso con loro alle assemblee pubbliche ed ai convegni. Insieme abbiamo costruito il Presidio Permanente, un luogo attraversato da migliaia di persone in pochi giorni.
Vicenza non si è arresa alle imposizioni.
Vicenza non vuole una nuova base militare al Dal Molin.
Vicenza si è mobilitata.
Migliaia di persone hanno occupato i binari della stazione appena due ore dopo la conferenza stampa di Romano Prodi; e nei giorni successivi una serie di iniziative, dalla manifestazione degli studenti ai presidi in Municipio e in Prefettura, hanno confermato la determinazione dei cittadini.
La nostra città ha riscoperto la dimensione comunitaria e popolare, ha riattivato le reti di solidarietà che in altri contesti - per esempio a Scanzano Ionico o in Val di Susa - hanno permesso di fermare dei progetti devastanti.
Da ogni parte dItalia ci è arrivata un immensa solidarietà, un caloroso sostegno. Manifestazioni e presidi si sono svoltI in questi giorni in ogni angolo del Paese. Contro una scelta contrastata dalla comunità locale ovunque si manifesta e si discute.
Il nostro cammino è appena allinizio. Nulla si è concluso con lespressione del parere governativo.
Cittadini, associazioni e organizzazioni sindacali hanno deciso di opporsi; molti parlamentari si sono auto-sospesi. Vicenza vuole fermare questo scempio, se necessario anche seguendo linvito di molti a mettere pacificamente in gioco i propri corpi.
Vogliamo dare una voce unitaria, pacifica e determinata a questo sdegno. Vicenza chiama tutti a mobilitarsi contro la militarizzazione di una città, contro la costruzione di una base che sorgerà a meno di due chilometri dalla basilica palladiana, consumerà tanta acqua quanta quella di cui hanno bisogno 30 mila cittadini, costerà ai contribuenti milioni di euro (il 41% delle spese di mantenimento delle basi militari Usa nel nostro territorio è coperto dallo Stato Italiano), sarà lavamposto per le future guerre.
Vicenza vuole costruire una grande manifestazione nazionale per il 17 febbraio; vogliamo colorare le nostre strade con le bandiere arcobaleno e quelle contro il Dal Molin, ma anche con quelle per la difesa dei beni comuni e della terra, del lavoro e della dignità e qualità della vita. Un corteo plurale e popolare, capace di aggregare le tante sensibilità che in questi mesi hanno deciso di contrastare il Dal Molin, perché siamo convinti che le diversità siano un tesoro da valorizzare così come lunità sia uno strumento da ricercare per vincere questa sfida.
Ai politici e agli uomini di partito che condividono la responsabilità di Governo locale e nazionale rivolgiamo linvito a partecipare senza le proprie bandiere; vi chiediamo un segno di rispetto verso le tante donne e i tanti uomini che in questi giorni si sono sentiti traditi dai partiti e dalle istituzioni;vi chiediamo, anche, di valorizzare la scelta di quanti, in questi giorni, hanno scelto di dimettersi o auto-sospendersi in segno di protesta. Una protesta che, auspichiamo, dovrà avere ulteriori riscontri se il Governo non recederà dalle sue decisioni.
Noi siamo contro il Dal Molin per ragioni urbanistiche, ambientali, sociali; ma, anche, perché ripudiamo la guerra. Proprio per questo non accettiamo alcun vergognoso baratto con il rifinanziamento della missione in Afghanistan.
La nostra lotta non si è esaurita. A Vicenza, il 17 febbraio, contro ogni nuova base militare, per la desecretazione degli accordi bilaterali che regolano la presenza delle basi, per la difesa della terra e dei beni comuni, per un reale protagonismo delle comunità locali e dei cittadini.
Il futuro è nelle nostre mani: difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra. Il 17 febbraio tutti a Vicenza!
Presidio Permanente contro il Dal Molin
Otto mesi di mobilitazioni, culminate con la grandiosa manifestazione dello scorso due 2 dicembre quando 30 mila persone sfilarono dalla Ederle al Dal Molin, hanno dimostrato la forte contrarietà della popolazione alla nuova installazione militare. Ma il Governo, dopo aver più volte ribadito la centralità dellopinione della comunità locale, ha ceduto agli interessi economici e militari.
In tutto questo pesa come un macigno anche la posizione dellAmministrazione Comunale che, forte dellassenso dato dal Governo Berlusconi alloperazione, prima ha nascosto ai cittadini il progetto per tre anni e poi, snobbando la contrarietà della popolazione, lo ha approvato durante un Consiglio Comunale blindato e contestato; infine ha negato ai cittadini la possibilità di esprimersi attraverso il referendum.
Nonostante tutto questo a Vicenza è successo qualcosa di nuovo: Vicenza non si è arresa alle imposizioni. In questo percorso abbiamo trovato donne e uomini, studenti e anziani, lavoratori e professionisti; li abbiamo incrociati nelle mobilitazioni, abbiamo discusso con loro alle assemblee pubbliche ed ai convegni. Insieme abbiamo costruito il Presidio Permanente, un luogo attraversato da migliaia di persone in pochi giorni.
Vicenza non si è arresa alle imposizioni.
Vicenza non vuole una nuova base militare al Dal Molin.
Vicenza si è mobilitata.
Migliaia di persone hanno occupato i binari della stazione appena due ore dopo la conferenza stampa di Romano Prodi; e nei giorni successivi una serie di iniziative, dalla manifestazione degli studenti ai presidi in Municipio e in Prefettura, hanno confermato la determinazione dei cittadini.
La nostra città ha riscoperto la dimensione comunitaria e popolare, ha riattivato le reti di solidarietà che in altri contesti - per esempio a Scanzano Ionico o in Val di Susa - hanno permesso di fermare dei progetti devastanti.
Da ogni parte dItalia ci è arrivata un immensa solidarietà, un caloroso sostegno. Manifestazioni e presidi si sono svoltI in questi giorni in ogni angolo del Paese. Contro una scelta contrastata dalla comunità locale ovunque si manifesta e si discute.
Il nostro cammino è appena allinizio. Nulla si è concluso con lespressione del parere governativo.
Cittadini, associazioni e organizzazioni sindacali hanno deciso di opporsi; molti parlamentari si sono auto-sospesi. Vicenza vuole fermare questo scempio, se necessario anche seguendo linvito di molti a mettere pacificamente in gioco i propri corpi.
Vogliamo dare una voce unitaria, pacifica e determinata a questo sdegno. Vicenza chiama tutti a mobilitarsi contro la militarizzazione di una città, contro la costruzione di una base che sorgerà a meno di due chilometri dalla basilica palladiana, consumerà tanta acqua quanta quella di cui hanno bisogno 30 mila cittadini, costerà ai contribuenti milioni di euro (il 41% delle spese di mantenimento delle basi militari Usa nel nostro territorio è coperto dallo Stato Italiano), sarà lavamposto per le future guerre.
Vicenza vuole costruire una grande manifestazione nazionale per il 17 febbraio; vogliamo colorare le nostre strade con le bandiere arcobaleno e quelle contro il Dal Molin, ma anche con quelle per la difesa dei beni comuni e della terra, del lavoro e della dignità e qualità della vita. Un corteo plurale e popolare, capace di aggregare le tante sensibilità che in questi mesi hanno deciso di contrastare il Dal Molin, perché siamo convinti che le diversità siano un tesoro da valorizzare così come lunità sia uno strumento da ricercare per vincere questa sfida.
Ai politici e agli uomini di partito che condividono la responsabilità di Governo locale e nazionale rivolgiamo linvito a partecipare senza le proprie bandiere; vi chiediamo un segno di rispetto verso le tante donne e i tanti uomini che in questi giorni si sono sentiti traditi dai partiti e dalle istituzioni;vi chiediamo, anche, di valorizzare la scelta di quanti, in questi giorni, hanno scelto di dimettersi o auto-sospendersi in segno di protesta. Una protesta che, auspichiamo, dovrà avere ulteriori riscontri se il Governo non recederà dalle sue decisioni.
Noi siamo contro il Dal Molin per ragioni urbanistiche, ambientali, sociali; ma, anche, perché ripudiamo la guerra. Proprio per questo non accettiamo alcun vergognoso baratto con il rifinanziamento della missione in Afghanistan.
La nostra lotta non si è esaurita. A Vicenza, il 17 febbraio, contro ogni nuova base militare, per la desecretazione degli accordi bilaterali che regolano la presenza delle basi, per la difesa della terra e dei beni comuni, per un reale protagonismo delle comunità locali e dei cittadini.
Il futuro è nelle nostre mani: difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra. Il 17 febbraio tutti a Vicenza!
Presidio Permanente contro il Dal Molin
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