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17 febbraio - ore 14.20 - Vicenza
Manifestazione Nazionale contro le base militari

appello del Presidio Permanente contro il Dal Molin

Dopo che per mesi Governo e Comune si sono rimpallati la responsabilità della decisione, l’Esecutivo nazionale ha ceduto all’ultimatum statunitense: «il Governo non si oppone alla nuova base Usa», ha sentenziato Romano Prodi. Dopo appena due ore, migliaia di vicentini sfilavano per le strade del centro cittadino. Chi pensava di aver chiuso la partita ha dovuto ricredersi, perché Vicenza si è mobilitata, ha Invaso le strade, ha costruito il presidio permanente.
Otto mesi di mobilitazioni, culminate con la grandiosa manifestazione dello scorso due 2 dicembre quando 30 mila persone sfilarono dalla Ederle al Dal Molin, hanno dimostrato la forte contrarietà della popolazione alla nuova installazione militare. Ma il Governo, dopo aver più volte ribadito la centralità dell’opinione della comunità locale, ha ceduto agli interessi economici e militari.
In tutto questo pesa come un macigno anche la posizione dell’Amministrazione Comunale che, forte dell’assenso dato dal Governo Berlusconi all’operazione, prima ha nascosto ai cittadini il progetto per tre anni e poi, snobbando la contrarietà della popolazione, lo ha approvato durante un Consiglio Comunale blindato e contestato; infine ha negato ai cittadini la possibilità di esprimersi attraverso il referendum.
Nonostante tutto questo a Vicenza è successo qualcosa di nuovo: Vicenza non si è arresa alle imposizioni. In questo percorso abbiamo trovato donne e uomini, studenti e anziani, lavoratori e professionisti; li abbiamo incrociati nelle mobilitazioni, abbiamo discusso con loro alle assemblee pubbliche ed ai convegni. Insieme abbiamo costruito il Presidio Permanente, un luogo attraversato da migliaia di persone in pochi giorni.
Vicenza non si è arresa alle imposizioni.
Vicenza non vuole una nuova base militare al Dal Molin.
Vicenza si è mobilitata.
Migliaia di persone hanno occupato i binari della stazione appena due ore dopo la conferenza stampa di Romano Prodi; e nei giorni successivi una serie di iniziative, dalla manifestazione degli studenti ai presidi in Municipio e in Prefettura, hanno confermato la determinazione dei cittadini.
La nostra città ha riscoperto la dimensione comunitaria e popolare, ha riattivato le reti di solidarietà che in altri contesti - per esempio a Scanzano Ionico o in Val di Susa - hanno permesso di fermare dei progetti devastanti.
Da ogni parte d’Italia ci è arrivata un immensa solidarietà, un caloroso sostegno. Manifestazioni e presidi si sono svoltI in questi giorni in ogni angolo del Paese. Contro una scelta contrastata dalla comunità locale ovunque si manifesta e si discute.
Il nostro cammino è appena all’inizio. Nulla si è concluso con l’espressione del parere governativo.
Cittadini, associazioni e organizzazioni sindacali hanno deciso di opporsi; molti parlamentari si sono auto-sospesi. Vicenza vuole fermare questo scempio, se necessario anche seguendo l’invito di molti a mettere pacificamente in gioco i propri corpi.
Vogliamo dare una voce unitaria, pacifica e determinata a questo sdegno. Vicenza chiama tutti a mobilitarsi contro la militarizzazione di una città, contro la costruzione di una base che sorgerà a meno di due chilometri dalla basilica palladiana, consumerà tanta acqua quanta quella di cui hanno bisogno 30 mila cittadini, costerà ai contribuenti milioni di euro (il 41% delle spese di mantenimento delle basi militari Usa nel nostro territorio è coperto dallo Stato Italiano), sarà l’avamposto per le future guerre.
Vicenza vuole costruire una grande manifestazione nazionale per il 17 febbraio; vogliamo colorare le nostre strade con le bandiere arcobaleno e quelle contro il Dal Molin, ma anche con quelle per la difesa dei beni comuni e della terra, del lavoro e della dignità e qualità della vita. Un corteo plurale e popolare, capace di aggregare le tante sensibilità che in questi mesi hanno deciso di contrastare il Dal Molin, perché siamo convinti che le diversità siano un tesoro da valorizzare così come l’unità sia uno strumento da ricercare per vincere questa sfida.
Ai politici e agli uomini di partito che condividono la responsabilità di Governo locale e nazionale rivolgiamo l’invito a partecipare senza le proprie bandiere; vi chiediamo un segno di rispetto verso le tante donne e i tanti uomini che in questi giorni si sono sentiti traditi dai partiti e dalle istituzioni;vi chiediamo, anche, di valorizzare la scelta di quanti, in questi giorni, hanno scelto di dimettersi o auto-sospendersi in segno di protesta. Una protesta che, auspichiamo, dovrà avere ulteriori riscontri se il Governo non recederà dalle sue decisioni.
Noi siamo contro il Dal Molin per ragioni urbanistiche, ambientali, sociali; ma, anche, perché ripudiamo la guerra. Proprio per questo non accettiamo alcun vergognoso baratto con il rifinanziamento della missione in Afghanistan.
La nostra lotta non si è esaurita. A Vicenza, il 17 febbraio, contro ogni nuova base militare, per la desecretazione degli accordi bilaterali che regolano la presenza delle basi, per la difesa della terra e dei beni comuni, per un reale protagonismo delle comunità locali e dei cittadini.
Il futuro è nelle nostre mani: difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra. Il 17 febbraio tutti a Vicenza!

Presidio Permanente contro il Dal Molin

Il noto critico musicale "Francesco Fabbri" di Firenze( Francesco Fabbri ), recensisce la musica e l' impegno per la Pace di Agnese Ginocchio - cantautrice e attivista per la Pace Campana (di origine casertana ), Donna e testimonial di Pace.

Cultura e Arte a servizio della Pace, Diritti Umani, Nonviolenza, Legalità, Ambiente, Solidarietà & c...

Da "Azione nonviolenta", marzo 2007 (disponibile anche nel sito www.nonviolenti.org), col titolo "Morire per i diamanti, rinascere per la pace", pubblicato su “Voci e Volti della nonviolenza”, n. 70 del 27 giugno 2007.

Arrendersi alla rabbia e al dolore sarebbe stato facile. Hindolo Pokawa ha visto i membri della sua famiglia massacrati. Ha visto vicini di casa mutilare altri vicini. Era spaventato, minacciato, si sentiva privo di potere e finì per fuggire dal suo paese, la Sierra Leone, nello Zimbabwe.
Aveva 18 anni, ed era convinto che un giorno sarebbe tornato per vendicarsi e predicare la guerra. Invece, sta per tornare a casa con l'intento di costruire percorsi di pace.
Oggi Hindolo Pokawa ha 30 anni, ed è un membro di Nonviolent Peaceforce, il gruppo che sta lavorando da qualche anno alla costruzione di una forza di pace internazionale impegnata nell'intervento nonviolento di "terza parte".

Onorevoli deputate e deputati, onorevoli senatrici e senatori,
questo appello, scritto nell'ora tragica in cui le vittime di guerra italiane dei due teatri di guerra Iraq e Afghanistan tornano in Italia per ricevere i funerali di Stato, cade anche nel momento in cui il nuovo Parlamento della Repubblica inizia i suoi lavori.
Vorremmo che fosse un nuovo inizio o meglio una svolta. Una decisa svolta in politica estera con scelte coraggiose per una vera politica di disarmo, per attuare con scelte concrete l'art. 11 della nostra Costituzione.
Poiche', secondo l'art. 11, non e' possibile usare la guerra come mezzo per risolvere le crisi internazionali, la prima scelta che si impone, che chiediamo al nuovo Parlamento, e' quella di interrompere le missioni militari in teatri di guerra e ritirare le truppe italiane dall'Iraq e dall'Afghanistan.
L'unica verita' della guerra sono le sue vittime.
Purtroppo in tanti ci accorgiamo di questa verita' solo quando le vittime sono i soldati italiani e fatichiamo a realizzare questa stessa verita' quando le vittime non le vediamo, sono "altre", anche se abbiamo saputo in modo indiretto che migliaia di persone sono state trucidate a Falluja, a Ramadi, torturate ad Abu Graib, bombardate nei villaggi afgani o saltate in aria e mutilate dalle clusters bombs sia in Afghanistan che in Iraq.
Ma se e' vero che l'unica verita' della guerra sono le sue vittime, se e' vero che in nome di questa verita' migliaia di persone sono scese in piazza con la bandiera arcobaleno nel nostro paese, reclamando una politica di pace, allora Vi chiediamo, facendo appello alla liberta' di coscienza, ed al rispetto dell'art. 11 della nostra Costituzione, di porre fine alla presenza militare italiana in Iraq e in Afghanistan, decidendo di non rifinanziare queste missioni di guerra.
Le missioni di pace devono tendere alla pacificazione e alla ricostruzione, pertanto dovrebbero essere senza armi, a nostro parere, senza eserciti, fondate sulla cooperazione con gli altri popoli, sulla diplomazia, sul dialogo e la solidarieta'. L'intero sistema di intervento va ripensato all'insegna di una nuova politica estera.
Ma per l'immediato, per salvare vite umane, per interrompere la spirale di morte, per operare una pressione internazionale che provochi la fine delle occupazioni militari, chiediamo che il Parlamento italiano dia un segnale forte di discontinuita', immediatamente e senza ambiguita'.
Il nostro saluto sia con le parole di Gandhi: "Non c'e' una strada che porta alla pace, la pace e' la strada".

*
Primi firmatari: Luigi Ciotti, Tonio Dell'Olio, Gino Strada, Alex Zanotelli.

*
I primi firmatari di questo appello sollecitano l'adesione di tutte le
persone e le associazioni che si sentono impegnate per la pace e la difesa dell'art. 11 della Costituzione per rendere visibile l'ampia unita' del popolo della pace.
Le adesioni si raccolgono inviando una mail a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

(Fonte: "la nonviolenza è in cammino", n. 1318 del 6 giugno 2006)

Leggo su "il Messaggero" del 4 giugno 2006 un articolo di Fabrizio Rizzi a colloquio con il presidente del Consiglio dopo le polemiche sul 2 giugno.
Nell'articolo trovo scritto: "'Non capisco perché la pace e gli uomini in divisa non debbano andare d'accordo'. Il premier, Romano Prodi, risponde così, in un colloquio con 'Il Messaggero', alle critiche del fronte pacifista seguite alla parata militare del 2 Giugno ai Fori imperiali. Il Professore trascorre un week-end in famiglia, è sereno, ha il tono pacato.
"Questi uomini che hanno sfilato sono quelli che difendono e tutelano la pace. Non c'è alcuna contraddizione sul valore della pace e della libertà di tutti. Questo è quanto pensa il governo che così interpreta in maniera autentica lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione. La pace è il fondamento della nostra Carta. Ed è l'obiettivo primario per l'Italia. Sono proprio gli uomini in divisa, che ne sono custodi, a vegliare su di essa in Italia e all'estero".
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