• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ricerca documenti

È possibile trasformare le istituzioni, ma ciò "non può rappresentare una riforma dello Stato sotto mentite spoglie", realizzata cancellando -in nome di un presunto taglio dei costi della politica- meccanismi di controllo della legittimità di atti e procedure.

L’Italia ha appena commemorato la festa del Lavoro in un contesto economico e sociale pesantissimo, nel sesto anno consecutivo di recessione e con i tassi di disoccupazione ai massimi da 36 anni. I tradizionali momenti celebrativi del Primo Maggio non sono riusciti a nascondere la profonda crisi di rappresentanza che, al di là dell’alto numero di tesserati, i sindacati stanno sperimentando; una crisi causata dai mutamenti sociali, economici e culturali che hanno investito il mondo del lavoro e rispetto ai quali il sindacato non è stato capace di rinnovarsi. L’incapacità di snellire le pletoriche burocrazie o la partecipazione a operazioni ambigue come i fondi pensioni hanno piuttosto reso ancor più problematico il rapporto tra organizzazioni e lavoratori.

In attesa delle “grandi riforme” mai meglio specificate ma che il paese attende con ansia (o almeno così dicono politici e giornalisti), in attesa di sapere se taglieranno “auto blu” o “auto grigie” (quelle delle Asl) e come questo andrà davvero ad incidere sul debito, leggo che l’obiettivo della revisione della spesa pubblica in Italia punta ad un risparmio di 32 miliardi in tre anni.