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L’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador non fu organizzato in 24 ore. Da mesi vi erano segnali precisi e anche il Vaticano, in due occasioni, aveva avvisato Monsignor Romero di questa possibilità. Romero prese quindi alcune semplici precauzioni, ma non accettò mai di farsi condizionare nella sua azione pastorale.

«Dovresti parlare della storia della regione», mi ha detto dom Pedro appena arrivata a casa sua, il 9 dicembre. Nell’apprendere che la rivista Caros Amigos mi aveva chiesto di tracciare un suo profilo per rendergli omaggio, Pedro mi aveva risposto per email: «Cara Maria Júlia, ti ringrazio per l’affetto, ma questo omaggio di Caros Amigos mi imbarazza molto. In ogni caso sei tu a rispondere di quello che scriverai. Io ti chiedo di dare risalto, soprattutto, al carattere comunitario di tutta la nostra lotta. Io sono solo un componente dell’ingranaggio».

Carissima, carissimo,
sono rientrato da poco dal Brasile, dove, dopo alcuni impegni lavorativi, ho incontrato amici e visitato progetti che la nostra Rete accompagna da tempo. Sono capitato in un momento in cui si sta sviluppando una nuova protesta sociale. Gruppi di centinaia di giovani delle periferie, chiamati “Rolezinhos”, che si convocano su internet e, invadono gli Shopping Centers, suscitando paura nei frequentatori abituali, dal momento che arrivano in massa. Ma sono diversi dai manifestanti dello scorso luglio che accusavano il Governo di distogliere i fondi per la scuola, la salute, i trasporti per costruire gli stadi.

Ricordo una serata di alcuni anni or sono ad Anguillara Sabazia, sul Lago di Bracciano. Jaime, yachak del popolo kitu-cara ecuadoriano , aveva celebrato il saluto al sole che tramontava e col rauco suono emesso da una grossa conchiglia marina aveva per quattro volte gridato il suo saluto di pace rivolto ai popoli del mondo viventi nelle quattro direzioni cardinali.

Le notizie che vengono dall’Indio-America sono molte e il Mininotiziario può coprire solo una minima parte, selezionando quelle che, sommandosi, alla fine danno un modo di lettura, come tasselli di un putzle. Disponibilità di energie permettendo sto provando a integrare con una serie di segnalazioni, periodicità e estensione delle quali è affidata alle circostanze. Grazie per commenti e suggerimenti. Ricordo che altri documenti di un certo rilievo vengono pubblicati nelle news del sito www.kanankil.it dove permangono per 3-4 settimane e poi passati nell’archivio. Aldo

Sono trascorsi quasi 20 anni dall’insurrezione armata degli indigeni zapatisti del Chiapas (1 gennaio 1994) e 30 dall’arrivo, nelle cañadas di Ocosingo, di un esiguo gruppo di militanti cittadini scampati alla guerra sucia: <<un gruppo di illuminati che arriva dalla città per liberare gli sfruttati si trova, più che illuminato, messo a confronto dalla realtà delle comunità indigene […] Quanto tempo ci abbiamo messo per renderci conto che dovevamo imparare ad ascoltare e, dopo, a parlare? Non sono sicuro, sono passate già non poche lune, però io calcolo per lo meno due anni. Cioè, ciò che nel 1984 era una guerriglia rivoluzionaria di tipo classico (sollevazione armata delle masse, presa del potere, instaurazione del socialismo dall'alto, molte statue e nomi di eroi e martiri dappertutto, purghe, eccetera, infine, un mondo perfetto), per il 1986 era già un gruppo armato, indigeno in modo imbarazzante, che ascoltava con attenzione e balbettava appena le sue prime parole con un nuovo maestro: i popoli indios>>. [da Chiapas: La tredicesima stele del Subcomandante Marcos].

Inviamo una profonda e seria riflessione di Waldemar Boff, nostro referente a Petropolis e nella Baixada Fluminense - Brasile sul lavoro che da oltre 20 anni, prima con il Seop (Servizio Educazione Organizzazione Popolare) e dopo con Agua Doce 21 stanno portando avanti. Sviluppando la memoria storica del progetto fino ad oggi. Questa riflessione la troverete, per chi lo riceve, anche sul nostro trimestrale “In Dialogo” Notiziario della Rete Radié Resch. Buona lettura.Saluti e pace, Antonio

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