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Un sindacato per i miserabili

La pelle degli ultimi non conta niente: i poveri vengono uccisi, feriti, affamati, cacciati e, quando protestano in difesa della loro vita, disturbano ancora di più. Non conta che siano uomini, donne, bambini, vecchi o vecchie o in età feconda, bianchi o neri, minorati o di grande intelligenza. La loro pelle serve come uno strofinaccio, cioè un pezzo di stoffa smesso, stracciato e utilizzato solo per gli ultimi e bassi servizi prima della sua fine.

La pelle dei più poveri serve come strofinaccio agli uomini politici, da coloro che si sentono democratici a coloro che sono dichiaratamente despoti; serve agli industriali, specialmente ai fabbricanti di armi; serve agli studiosi di sociologia, di economia e finanza che fanno i calcoli per gli spostamenti di ciò che viene chiamato «il benessere». Non dovrebbe servire alle religioni che si basano sull'uguaglianza degli esseri umani.

È uno strofinaccio per molti usi, ma se dentro questa pelle si riconosce un uomo il problema è diverso, diventa gigantesco, universale. Questi strofinacci non hanno un difensore all'interno dei loro stessi gruppi: non c'è il sindacato degli ultimi. Per quanto modesto si possa pensare che sia, un sindacato dei miserabili non sarebbe inutile: di quando in quando se ne sentirebbe la voce, il grido, il lamento. Invece, è impossibile.

Gli ultimi sono, nel mondo, centinaia di milioni (parlo dei più poveri tra i poveri, i poverissimi, segnalati dalle associazioni umanitarie): sono il risultato, come tutti dicono, dello sfruttamento di nazioni e gruppi privilegiati su tutti gli altri. Non li vuole nessuno. Fanno parte delle statistiche, degli appelli umanitari e, a volte, delle preghiere a Dio, perché li aiuti. Per aiutarli ad andarsene presto, a volte gli si mandano in dono anche i medicinali inutili e scaduti.

Dio diventa così il grande sindacalista, il sindacalista dei reietti. Ma in questo Dio, sempre messo davanti ai nostri occhi, in questo Dio difensore dei diritti dei miserabili, di là dalle parole, non crede più nessuno. Ci credono i missionari, religiosi e laici, cioè persone che fanno della loro vita una missione in aiuto dei poveri: una così esigua minoranza, su oltre sei miliardi di abitanti della terra, che possono essere spazzati via con un soffio. Infatti è così: meno male che ci sono, ma per la soluzione dei problemi dei miserabili (come si pensa alla soluzione dei problemi di quelli che lavorano, mangiano e vivono) non contano nulla. È una considerazione triste, ma, a ben vedere, realistica.

L' «Osservatore romano», 22 maggio, scrive in prima pagina: «Sono alla fame due milioni e mezzo di somali», e questo dato rappresenta un aumento del 40 per cento rispetto al gennaio scorso: in quattro mesi gli affamati somali sono aumentati di un milione. I somali sono poco più di otto milioni, in gran parte analfabeti e nomadi. È come se in Italia ci fossero circa 18 milioni di affamati. L'Italia è da qualche tempo il paese in cui si trovano ad ogni angolo i «creatori» del lavoro, del benessere, della libertà, dell'ordine e sicurezza. In Somalia ci sono «creatori» di morte. Naturalmente, non solo in Italia e non solo in Somalia: questo è appena un esempio chi, leggendo i giornali, cerca di riflettere su quel che può fare nel suo piccolo.

I somali, come altri, scappano dalla fame e dalla guerra e approdano in Europa. Da noi vengono indirizzati nei centri di prima accoglienza ora centri di prima detenzione. Si può nascere già affamato e già detenuto? C'è un sindacalista, se non Dio, in difesa di questo miserabile? I giornali scrivono che Adbwahd, figlio di due coniugi somali in fuga, nasce su un barcone nel Mediterraneo, al largo di Lampedusa. In poche ore di vita rappresenta l'ultimo degli ultimi, lo portano verso la creduta libertà, ma è già clandestino, colpevole di essere nato da due africani affamati. Per le Nazioni Unite, questo piccolo Mosè è stato partorito in Italia (in acque italiane, evidentemente) e si chiede chi gli venga concesso l'asilo politico.

Non si offre l'aiuto umanitario, l'aiuto familiare, l'aiuto da uomo a uomo, no: si «chiede» l'asilo politico. Appena nato, non ha già più nessun diritto, la sua pelle è già uno strofinaccio.

Mario Pancera