Lo sapevamo da molti mesi che dei gruppi armati imponevano un vero terrore sulle popolazioni civili del Nord-Mali. Dicendosi adepti dell'islamismo estremista, queste milizie volevano imporre la sharia, stabilendo molti divieti, senza esitare neppure a ricorrere ad amputazioni e lapidazioni per punire chi non si sottometteva.
Il Nord-Mali è abitato da varie etnie tra cui i Tuareg, i quali, dopo l'indipendenza del Mali nel 1960, aspirano all'autonomia. Nel gennaio 2012, una ribellione è stata scatenata dal Movimento nazionale per la liberazione dell'Azawad (MNLA), che raggruppa le tre regioni della parte nord del Mali (Kidal, Tombouctou e Gao). Il MNLA si avvantaggia del ritorno nel loro paese di molti tuareg che si erano arruolati nell'esercito libico e che si trovano disoccupati dopo la caduta di Gheddafi. E ritornano con più armi che bagagli.
In un primo momento, il MNLA si allea con la brigata Ansar Eddine, a maggioranza tuareg, e con la formazione jihadista Al-Qaida Magreb islamico (Aqmi), molti membri della quale vengono dall'Algeria. È presente anche un terzo gruppo: il Movimento per l'unicità e la jihad nell'Africa occidentale (Mujao), che è uno dei maggiori attori del traffico di droga nella regione. Dopo il colpo di stato militare del 22 marzo 2012, che rovescia il presidente maliano, queste quattro formazioni mettono in rotta l'esercito del Mali e occupano le principali città della regione. Il 6 aprile 2012, il MLNA proclama l'indipendenza dell'Azawad, ma questa è rifiutata dall'Unione Africana e dai suoi stati membri. Anche Francia e Unione Europea condannano questa proclamazione d'indipendenza.
Tuttavia, il MLNA che disapprova le atrocità dell'applicazione stretta della sharia, si trova superato dai movimenti islamisti. La rottura avviene nel giugno 2012. Ansar Eddine controlla Tombouctou e, all'inizio di luglio, i suoi membri distruggono i principali mausolei della "città dei 333 santi", che considerano come dei luoghi di "idolatria". Queste distruzioni provocheranno proteste nel mondo intero, ma la comunità internazionale si rifiuta del tutto di agire.
Finalmente, il 20 dicembre 2012, il Consiglio di sicurezza dell'Onu adotta una risoluzione che chiede "agli Stati membri e alle organizzazioni regionali e internazionali di fornire alle Forze del Mali un sostegno coordinato sotto forma di aiuto, di competenze specializzate, di formazione e di rinforzo delle capacità al fine di ristabilire l'autorità dello Stato maliano su tutto il territorio nazionale". Il Consiglio "decide di autorizzare il dispiegamento nel Mali della Missione internazionale di sostegno al Mali sotto guida africana (MISMA)". Questa forza dovrà aiutare a ricostituire le capacità dell'esercito maliano per riprendere le zone del Nord controllate da gruppi estremisti. Il dispiegamento della MISMA è affidato alla Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (Cedeao).
Tutto fa pensare che affidare all'esercito del Mali la missione di ristabilire l'autorità dello Stato sul Nord-Mali è un errore politico dei più grandi. La riconquista delle regioni del Nord da parte dell'esercito maliano non poteva avvenire che al prezzo di una guerra civile di rivincita e di vendetta sulle popolazioni civili. Aminata Traoré, in un testo intitolato "Donne del Mali, diciamo "NO" alla guerra per procura", cita questa dichiarazione del International Crisis Group: "Nel contesto attuale, un'offensiva dell'esercito maliano appoggiata dalle forze della Cedeao e/o da altre forze, ha tutte le probabilità di provocare più vittime civili al Nord , di aggravare l'insicurezza e le condizioni economiche e sociali nell'insieme del paese, di radicalizzare le comunità etniche, di favorire i comportamenti violenti di tutti i gruppi estremisti e, infine, di trascinare tutta la regione in un conflitto multiforme senza una linea del fronte nel Sahara" (www.crisisgroup.org 18 luglio 2012).
Procedendo così, la comunità internazionale non ha fatto altro che dimettersi dalle proprie responsabilità.
Del resto, la risoluzione dell'Onu che chiede la creazione della MISMA è rimasta lettera morta. Non era prevista la sua messa in opera prima dell'ottobre 2013. Così, i gruppi armati estremisti, i "terroristi", come sono chiamati, hanno continuato a occupare il terreno. E quel che doveva accadere accade. L'8 gennaio i jihadisti fanno saltare l'ultima serratura davanti alla base di Sévaré e alla città di Mopti. Il 10 occupano la città di Konna e si aprono la strada per Bamako. L'11 gennaio François Hollande dichiara: "Il Mali fa fronte ad una aggressione di elementi terroristi, provenienti dal Nord, di cui il mondo intero conosce ormai la brutalità e il fanatismo. Dunque, a nome della Francia, io ho risposto alla domanda di aiuto del presidente del Mali appoggiata dai paesi africani dell'Ovest. Di conseguenza, le forze armate francesi questo pomeriggio hanno portato il loro sostegno alle unità maliane per lottare contro questi elementi terroristi. I terroristi devono sapere che la Francia sarà sempre presente dove si tratta non dei suoi interessi fondamentali, ma dei diritti di una popolazione, quella del Mali, che vuole vivere libera e in democrazia".
Jean-Marie Muller: Filosofo e scrittore, autore specialmente del Dictionnaire de la non-violence
Fonte: (Le Relié Poche). www.jean-marie-muller.fr Le 27 janvier 2013
Traduzione: Enrico Peyretti