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Come fermare una escalation che rischia di provocare una deflagrazione incontenibile

Due avvenimenti particolarmente drammatici stanno finalmente svegliando il mondo europeo e occidentale, che sembra avere scoperto quello che tutti sapevano, ma che preferivano ignorare. Il fatto, cioè, che in tutto il medio Oriente, Turchia compresa, è in atto il ribollire di un vulcano che ora rischia di esplodere con conseguenze tali da coinvolgere l’intero pianeta.


I due avvenimenti sono:

  • l’esplosione della rabbia incontenibile dei palestinesi che non sopportano più le quotidiane provocazioni da parte delle fazioni estremiste dei coloni israeliani e le mai interrotte vessazioni e sopraffazioni da parte dell’esercito che occupa illegalmente da settanta anni le loro città e le loro terre;
  • la strage di pacifisti turchi avvenuta quattro giorni fa ad Ankara, come epilogo momentaneo delle azioni repressive ordinate dal presodente turco Erdogan contro i partiti filo kurdi. .

Nelle scorse settimane avevamo trasmesso ai Soci e agli Amici della pace alcune informazioni e riflessioni su fatti che segnalavano l’aumento di avvenimenti preoccupanti, come l’interventismo della Francia e della Russia, dopo il fallimento del sostegno militare americano e arabo ai gruppi organizzati contro il regime di Assad, comprese le formazioni jihadiste che sono passate a fianco dello stato islamico (Is). Lo stesso avventato annuncio, per quanto ambiguo, del governo italiano di voler partecipare ai bombardamenti in Iraq, per conquistarsi un posto sul palcoscenico della guerra, ha rivelato il nervosismo e il senso di allarme che si sta diffondendo in occidente per gli sviluppi bellici in tutto il Medio Oriente.

Ora leggiamo il risveglio allarmato anche dei quotidiani italiani dal sonno della scarsa attenzione alle vicende internazionali che li caratterizza, con articoli che richiamano, ripensano e accreditano il rischio della “terza guerra  mondiale a pezzettini” paventato qualche settimana fa da Papa Francesco.

Negli articoli leggiamo finalmente anche qualche cenno di critica severa nei confronti di quei governi che, nel Medio Oriente, sono direttamente responsabili delle violenze e delle guerre in atto:

  • e monarchie arabe che hanno sostenuto le milizie dell’Isis e hanno scatenato la guerra nello Yemen,
  • il presidente turco Erdogan che, non avendo ottenuto con le lezioni elezioni il consenso ricercato per instaurare il proprio potere assoluto, ha scatenato la repressione contro il partito filo curdo moderato che è riuscito a portare in parlamento diverse decine di rappresentanti. I corrispondenti da Ankara e da Istambul dei giornali più attenti a ciò che accade in Turchia informano che, a fianco dell’azione di Erdogan,  si muovo le formazioni estreme fasciste, come quelle famose dei “lupi grigi”.
  • Il capo del governo israeliano che, all’esterno, fa di tutto per provocare il fallimento dell’accordo fra USA e Iran e, all’interno, reprime nel sangue le rivolte dei palestinesi con il ferimento di centinaia e con l’uccisione di decine di civili senza fermare le violenze dei propri alleati estremisti.

Siamo sempre più convinti che, di fronte alla pericolosissima evoluzione mediorientale, occorre ribadire che non esistono soluzioni unilaterali fatte di bombardamenti da parte di uno stato o di una coalizione interessata a spostare a proprio vantaggio gli equilibri geopolitici. Solo le Nazioni Unite (ONU) sono la sede dove anche le maggiori potenze devono affrontare i conflitti con tutti gli strumenti più efficaci della diplomazia, ordinando a tutti i governi locali di cessare immediatamente la repressione armata contro le popolazioni civili e le minoranze dei rispettivi paesi e di smettere di sostenere in qualsiasi modo le milizie del cosiddetto stato islamico, come continuano a fare in modo più o meno camuffato.

Per documentare le considerazioni sopra riportate trasmettiamo in allegato alcuni significativi articoli di stampa di questi giorni. Trasmettiamo anche il documento politico del leader palestinese Marwan Barghouthi, che si trova da molti anni imprigionato nelle carceri israeliane, pubblicato dal quotidiano britannico the Guardian.


Pietro Pertici


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