Dal banchetto del Movimento Nonviolento posizionato a Santa Maria degli Angeli, ho visto sfilare tutti i marciatori. Difficile dire quanti fossero (per i più prudenti cinquantamila, per i più ottimisti centomila), ma certamente la presenza di giovani e giovanissimi era evidente, e fra loro innumerevoli gli scout. Dalla seconda edizione del 1978 ("Mille idee contro la guerra") ho partecipato a tutte le marce Perugia-Assisi, e ho collaborato all'organizzazione di quelle del 1981 ("Contro la guerra a ognuno di fare qualcosa") e del 1985 ("Contro il riarmo blocchiamo le spese militari"), per cui, considerandomi ormai un "veterano", mi sono concesso quest'anno di non essere fra i marciatori, ma un osservatore, seppur attivo nella distribuzione di oltre cinquemila copie di "Azione nonviolenta", di tante bandiere con il fucile spezzato e soprattutto di opuscoli di Capitini e don Milani, molto richiesti dai più giovani.
Ho raccolto pareri e considerazioni di quei marciatori che si sono soffermati al gazebo del Movimento Nonviolento: il piacere di vedere tanta varietà di partecipazione da ogni parte d'Italia, la volontà di reagire alla rassegnazione, l'entusiasmo nel constatare che il movimento per la pace è ancora così attivo. Non sono mancati, però, i malumori per le note stonate di quei giorni: l'incontro fra i rappresentanti della Tavola per la Pace e il generale Capo di Stato Maggiore della Difesa, che ha potuto affermare che anche i militari nelle "missioni di pace" "sono da considerarsi dei pacifisti", così come il messaggio del Presidente della Repubblica, che ha voluto sottolineare il ruolo delle forze armate come "garanzia della sicurezza collettiva contro i pericoli del terrorismo".
Dalla marcia sono emersi temi fondamentali: il diritto all'acqua, l'impegno contro le mafie, i problemi della disoccupazione, ma l'argomento centrale "per la pace, contro la guerra" forse non è emerso con la dovuta forza. Ci ha pensato la durezza della cronaca del giorno dopo, con le due vittime di nazionalità italiana della guerra in Afghanistan, a riportare la questione al primo punto dell'agenda del movimento pacifista. E a far emergere imbarazzanti contraddizioni fra chi il giorno prima era presente alla partenza della Marcia a dichiarare davanti alle telecamere la sua appartenenza al movimento per la pace, e il giorno dopo, in Parlamento, a chiedere una "evoluzione della missione militare italiana in Afghanistan".
La Marcia per la Pace Perugia-Assisi è un grande evento della storia d'Italia. Sono centinaia di migliaia le persone che in tanti decenni vi hanno partecipato. Possiamo dire che è un palestra di formazione politica, di cittadinanza attiva, una "assemblea itinerante" per la pace. Nessuno può permettere che essa rischi di diventare una ritualità, una "tradizione". La Marcia è viva.
L'anno prossimo sarà il cinquantesimo anniversario della prima edizione, quella voluta da Aldo Capitini nel 1961. Il primo punto del suo programma era "l'opposizione integrale alla guerra". Dopo cinquant'anni il cammino ripassa da lì.
Fonte: Centro di ricerca per la pace di Viterbo