In vista del cinquantesimo della marcia della pace Perugia - Assisi, che si terrà il prossimo 25 settembre, condividiamo alcune delle interviste che il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo ha pubblicato sui notiziari quotidiani.
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale è stato il significato della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?
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Rosangela Pesenti: Aver introdotto l'idea che è possibile praticare la nonviolenza in gruppi sempre più ampi e con storie diverse ed essere diventata un appuntamento di confronto soprattutto per i/le giovani che hanno scoperto un modo diverso e più efficace di essere davvero "contro". Negli ultimi anni ci sono state però molte ambiguità sia nel mondo cattolico che nel mondo politico e i due temi sono diventati per molti etichette generiche per una piacevole scampagnata senza nessun impegno a declinarli concretamente nella pratica. La marcia Perugia-Assisi può diventare un momento davvero unificante se ognuno dichiara le proprie intenzioni dentro il contesto in cui vive la propria azione politica, altrimenti resta una sorta di generica dichiarazione di intenti senza conseguenze.
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Ivan Bettini: La marcia Perugia-Assisi è stata a volte convocata - soprattutto negli ultimi venti anni - su piattaforme non coerenti con l'impostazione originaria di "opposizione integrale alla guerra" ed è stata spesso strumentalizzata da forze politiche non coerentemente nonviolente. Nonostante ciò essa è stata per migliaia di giovani un'esperienza forte di impegno civile e l'occasione per conoscere Aldo Capitini e il suo messaggio.
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Giuliana Beltrame: Penso sia la lucida e appassionata volonta', da parte di tante donne e uomini che in questi anni hanno partecipato alla marcia, di affermare che la pace o parte dalla capacità di costruire relazioni nuove e rispettose di sè e degli altri/e o resta una parola sempre più vuota.
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?
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Rosangela Pesenti: Il bisogno di democrazia espresso dalle lotte delle popolazioni del Nord Africa ci spinge a interrogarci sulla nostra democrazia, sul modello occidentale. Manca una definizione giuridica di pace, come ricorda spesso Lidia Menapace, e al di là delle dichiarazioni di principio mancano ancora gli impegni per pratiche concrete, sia a livello nazionale che degli organismi internazionali. Mi piacerebbe che non si chiamasse più marcia, che ha un'origine militare, ma camminata, passeggiata, qualsiasi pratica civile, perché la lingua non è neutra e considero molto pericolosa in questo momento la ripresa spettacolare delle forze armate e di tutto ciò che è militare. La retorica sui 150 anni dell'unità d'Italia ha manipolato la verità storica e soprattutto riportato in auge un nazionalismo deteriore a sfondo militare, la stessa cultura che cento anni fa ha determinato l'inizio dell'impresa coloniale italiana con la conquista della Libia. Si può camminare accanto, ma la marcia è di fatto un'espressione politica e il pericolo maggiore è l'ipocrisia. E poi la giustizia sociale, la necessità di ripensare il mondo a partire dalla distribuzione delle risorse.
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Ivan Bettini: L'appello di convocazione della marcia, firmato congiuntamente da Movimento Nonviolento e Tavola della pace, mi sembra molto interessante. Spero si concretizzi in un'ampia partecipazione di giovani e nella ripresa dell'ispirazione originaria della marcia, cioè nella proposta della nonviolenza come forza di liberazione individuale e collettiva. Spero inoltre che la marcia segni l'inizio di un ampio movimento contro le spese militari e per il ritiro delle truppe italiane da Afghanistan e Libia.
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Giuliana Beltrame: Spero la consapevolezza che siamo ad uno snodo cruciale della nostra storia.
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Qual'è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?
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Rosangela Pesenti: La presenza delle donne in tutti i movimenti sociali e in forma spesso maggioritaria, sia numericamente che idealmente, determina di fatto la prevalenza delle pratiche nonviolente anche se si tratta di una presenza non riconosciuta. Ma questo è un problema degli uomini che non si sono ancora misurati col deleterio mito dell'eroe e del leader. Non mi sembra invece che ci si confronti con la nonviolenza come pratica attiva, individuale, che richiede anche di uscire dalle complicità quotidiane della zona grigia di cui parlava Primo Levi. Si accendono i riflettori sui pochi individui aggressivi (di cui si sa poco) e si tengono spenti sulle ragioni di intere popolazioni come nel caso dei No-Tav, per citare solo l'ultimo. La disinformazione costante praticata da tutte le agenzie culturali, scuola compresa, è una violenza che può generare violenza perché senza memoria qualsiasi atrocità si può ripetere.
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Ivan Bettini: La nonviolenza rimane minoritaria e poco conosciuta, nonostante l'impegno notevole - soprattutto in campo pedagogico e culturale - di molte compagne e compagni di grande levatura.
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Giuliana Beltrame: Mi sembra sempre meno diffusa come pratica reale e sempre più una parola usata strumentalmente per affermare le differenze. Mi piacerebbe che ci si interrogasse di più e in modo più approfondito su che cosa oggi è "violenza" e quali nuovi modi abbiamo di denunciarla/contrastarla. Non è una guerra quella che la finanza sta facendo alle popolazioni? Parafrasando Bertolt Brecht: "è più violento fondare una banca o rapinare una banca?".
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e gli altri mobimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?
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Rosangela Pesenti: Trovare il modo per costruire un impegno comune e pensare ad alcune azioni che scuotano l'opinione pubblica manipolata dalle grandi agenzie d'informazione, compresa la Chiesa cattolica. Un impegno contro la guerra in Libia, quello per costruire autentiche relazioni di cittadinanza tra nativi e migranti, contro razzismo e omofobia, per la giustizia nelle relazioni tra donne e uomini, per un mondo a misura di bambine e bambini, per la cancellazione delle gerarchie sociali e delle pratiche classiste. L'elenco può essere molto lungo, ma l'importante è capire che sono mete possibili se le consideriamo parte dello stesso tessuto di convivenza umana. Sono mete possibili nella politica istituzionale come nella pratica quotidiana di ognuno.
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Ivan Bettini: Gli "amici della nonviolenza" devono tenere viva la teoria e la pratica della nonviolenza partecipando attivamente - portando la loro "aggiunta" - ai movimenti di trasformazione della societa'. Oggi mi sembra importante essere presenti nel movimento sindacale, nel movimento per la difesa dei "beni comuni", nel movimento per una scuola pubblica di qualita', nell'arcipelago dell'economia solidale. Rimane inoltre imprescindibile - e andrebbe rilanciato - l'impegno antimilitarista. Servirebbe forse un maggior coordinamento tra le varie realtà che compongono la galassia della "nonviolenza organizzata", per elaborare proposte e iniziative comuni.
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Giuliana Beltrame: Rimando alla opinione che ho espresso sopra e la giro come domanda.
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?
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Rosangela Pesenti: La rinnovata presenza delle donne nelle piazze con una soggettività politica multiforme e autonoma, oltre che in tutti i movimenti. I movimenti che chiedono democrazia. La rinnovata vivacità della società civile, nella quale le donne sono la maggioranza, che si organizza, fa rete, costruisce informazione e relazione, sperimenta nuove solidarieta'. La crisi del capitalismo visibile in tutto l'Occidente anche se i governi cercano di minimizzarla, che è la crisi del sistema costruito sulla produzione di armi, per sintetizzare al massimo.
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Ivan Bettini: Sul piano mondiale i movimenti giovanili e femminili che stanno trasformando in profondità le società del Nord Africa e del Medio Oriente. In Italia il vasto movimento che ha portato alla vittoria nei referendum per l'acqua pubblica e contro il nucleare.
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Giuliana Beltrame: La capacità di costruire relazioni, reti, condivisione tra soggetti, a partire dall'esperienza dai comitati per l'acqua che hanno visto l'incontro tra persone provenienti da realtà sociali e politiche anche molto lontane tra loro e hanno saputo, nel rispetto delle reciproche specificita', lavorare insieme e superare diffidenze ecc. Altro esempio è la capacità di relazione con le popolazioni della sponda sud del Mediterraneo che si sta sviluppando in questi mesi. Nuova nei contenuti e nelle forme. Lo trovo l'elemento più carico di speranza.
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?
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Rosangela Pesenti: La risposta dipende da quale posizione sociale si occupa e non è la stessa cosa stare in Parlamento, in un giornale importante, avere a disposizione risorse (e non penso solo al denaro) o non contare nulla. Vorrei che nei tanti luoghi dell'impegno nonviolento si ricominciasse a pensare in modo radicale che significa andare alla radice delle cose e non limitarsi agli slogans: il presente non è nato dal nulla e la pazienza di capire è la prima pratica nonviolenta. Porrei con forza la questione dell'economia della riproduzione come misura della produzione, cioè di un totale cambiamento di orizzonte dell'economia e delle sue priorita'. Mettere al mondo e crescere bambini, la manutenzione della casa e dell'ambiente in cui viviamo, sanita', scuola, pubblica assistenza, pubblica amministrazione, informazione, cultura (e mi esprimo solo per grandi categorie) sono lavori necessari alla sopravvivenza della specie ed a questi vanno commisurati i lavori produttivi. Se utilizziamo quest'ottica la morte per fame, la morte di bambini diventano problemi prioritari da risolvere e la produzione di armi finisce all'ultimo posto degli investimenti. Un'economia che si regge sulla produzione di armi, di beni superflui, e sulla manipolazione delle coscienze, cioè sulla distruzione di tutte le risorse a cominciare dalla vita umana, produce le condizioni della sua stessa fine. Possiamo fare in modo che questa fine non sia quella barbarie di cui parlava già Rosa Luxemburg con straordinaria lucida preveggenza?
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Ivan Bettini: Bisogna innanzitutto lavorare per la buona riuscita della Marcia Perugia-Assisi, sia dal punto della quantità dei partecipanti che da quello della qualità della proposta culturale e politica. Sarebbe poi importante promuovere un movimento contro le spese militari e per il ritiro delle truppe italiane dai fronti di guerra, magari rilanciando la campagna di obiezione di coscienza alle spese militari.
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Giuliana Beltrame: Dignita', diritti, democrazia, questi a mio avviso i temi. Ogni realtà troverà le strade...
La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Che cos'è la nonviolenza e come accostarsi ad essa?", cosa le risponderebbe?
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Rosangela Pesenti: Mi viene chiesto spesso e la risposta comincia dall'ascolto, dal capire che cosa contiene la domanda in termini di vita, aspirazioni, rabbia, delusioni, stanchezze. L'ultima volta ho risposto: Guardati intorno, ripensa a quello che hai letto, hai studiato e certamente hai già incontrato qualcuno che ti ha insegnato a trovare dentro di te le risorse per non diventare violenta, a non usare la manipolazione per ottenere ciò che vuoi, ad avere il coraggio di porre le domande prima di adeguarti alle risposte e hai certo già sperimentato la pazienza di fronte a qualcuno o qualcosa che ha toccato i tuoi sentimenti nel profondo. Poi arrivano anche le citazioni, i libri e tutta l'altra storia, quella che non viene mai insegnata a scuola, a cominciare dalla presenza delle donne, ma senza salire in cattedra.
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Ivan Bettini: Per dargli un'idea generale e sintetica di cos'è la nonviolenza gli farei leggere la Carta del Movimento Nonviolento, in cui Capitini è riuscito a dare una visione chiara e ancora attualissima della nonviolenza come ideale di liberazione che si traduce in uno stile di vita, in obiettivi di trasformazione sociale e politica, in metodi e strumenti di lotta coerenti con gli obiettivi dichiarati. Per approfondire gli consiglierei di leggere Teoria e pratica della nonviolenza (l'antologia degli scritti di Gandhi con la fondamentale introduzione di Giuliano Pontara) e L'obbedienza non è più una virtù di don Milani. Lo inviterei inoltre ad abbonarsi ad "Azione nonviolenta" e a prendere contatto con qualche gruppo o "amico della nonviolenza" della sua citta'.
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Giuliana Beltrame: Le chiederei che cosa è per lei la violenza e dove la sperimenta. Partirei da li'.
Note biografiche degli intervistati:
Rosangela Pesenti: Laureata in filosofia, ha insegnato per trent'anni nella scuola media superiore, attualmente dottoranda in Antropologia ed Epistemologia della complessita'; Counsellor Professionista e Analista Transazionale (Cta) svolge da anni attività di counselling e formazione. Scrive per le riviste "Marea", "Noi Donne", "Su la testa" e altre. Entrata giovanissima nel movimento femminista, dal 1978 nell'Udi di cui è stata in vari ruoli una dirigente nazionale fino al 2003, attualmente iscritta all'Udi Monteverde di Roma, collabora con numerosi gruppi e associazioni di donne, in particolare a Bergamo con il Centro "La Porta". Ha fondato, insieme ad altre, la Convenzione delle donne di Bergamo e il Gruppo Sconfinate di Romano di Lombardia.
Ivan Bettini: Nato nel 1964 a Gorgonzola (Mi). Laureato in filosofia con una tesi su "Il dovere degli inermi. Guerra e pace nel pensiero di Norberto Bobbio". Si è avvicinato alla nonviolenza a sedici anni, grazie all'incontro con altri giovani obiettori di coscienza con i quali ho costituito prima il Collettivo obiettori e poi il Centro per la nonviolenza di Gorgonzola, che è stato attivo tra il 1980 e il 1998. Nel 1995 è stato tra i fondatori della lista civica "Democrazia è Partecipazione", per la quale sono stato consigliere comunale dal 1998 al 2003.
Giuliana Beltrame: Docente di metodologia della ricerca sociale alla Scuola di servizio sociale di Venezia, con seminari sul rapporto tra donne e spazio abitativo presso il Corso di Antropologia Culturale dell'università di Padova. Ha fatto parte del Comitato scientifico della rivista "OV" (Osservatorio Veneto).