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Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) (Tomassone Letizia)

Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) pastore evangelico tedesco imprigionato e ucciso dal regime nazista per aver creato, insieme ad altri, un fronte di opposizione e resistenza all’interno della chiesa luterana tedesca: questo fronte si chiamò “Chiesa confessante” (cioè che confessa Gesù Cristo come unico Signore, e non riconosce autorità simile al Fuehrer). La Chiesa confessante si espresse con alcuni Sinodi clandestini di cui il più importante fu quello di Barmen, 1934, in cui si affermò l’autonomia della chiesa dalla dittatura dello Stato (che voleva imporre vescovi nominati dallo Stato e l’applicazione del paragrafo ariano anche all’interno della chiesa). Bonhoeffer fu tra i professori del seminario clandestino della Chiesa confessante, che formava pastori per le chiese che vivevano nella resistenza.
Di lui si è celebrato nel 2006 il centenario dalla nascita.

La sua figura ha costituito un punto di riferimento importante per tutta la teologia, protestante e cattolica, del dopo-guerra. Nei due anni in cui rimase in carcere scrisse infatti delle lettere in cui sviluppava intuizioni su come stavano cambiando la società e la fede (“Resistenza e Resa”. Lettere e scritti dal carcere, ed. Paoline). Le due assemblee ecumeniche europee (Basilea 1989 e Graz 1997) che hanno raccolto per la prima volta da 500 anni le tre confessioni cristiane divise, hanno preso spunto dalla sua proposta di “un grande concilio ecumenico per la pace”, lanciata nel 1934.
In particolare Bonhoeffer critica l’idea di un cristianesimo che si occupa soprattutto dell’aldilà, o di un “Dio tappabuchi” che viene usato solo per spiegare ciò che gli esseri umani non sanno spiegare (la morte, la colpa, i limiti della scienza…)
“Dio non è un tappabuchi; Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita; Dio vuole essere riconosciuto nella vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella forza, e non solamente nella sofferenza; nell’agire, e non solamente nel peccato” (D. Bonhoeffer, RR p. 383),
“Io vorrei parlare di Dio non ai limiti ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell’uomo… La Chiesa non sta lì dove vengono meno le capacità umane, ai limiti, ma sta al centro del villaggio” (D. Bonhoeffer, RR p. 351).

Egli sviluppa inoltre l’idea che la chiesa debba stare in silenzio dopo aver speso in modo così ambiguo le sue parole per sostenere il potere. Il silenzio e l’ascolto daranno vita a una chiesa capace di ritrovare le parole, nella sequela della croce, e non nella ricerca del successo mondano.
“Verrà il giorno in cui degli uomini e delle donne saranno chiamati nuovamente a pronunciare la parola di Dio in modo tale che il mondo ne sarà cambiato e rinnovato. Sarà un linguaggio nuovo, forse completamente non-religioso, ma capace di liberare e redimere, come il linguaggio di Gesù, tanto che gli uomini ne saranno spaventati e tuttavia vinti dalla sua potenza, il linguaggio di una nuova giustizia e di una nuova verità, il linguaggio che annuncia la pace di Dio con gli esseri umani e la vicinanza del suo Regno.” (D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa p. 363ss)

La sua riflessione ha lasciato un segno importante, anche perché accompagnata dalla capacità di agire per la giustizia sentendo che stare in questa lotta quasi senza speranza contro il regime nazista era come prendere sul serio “le sofferenze di Dio nel mondo: allora si veglia con Cristo nel Getsemani”.