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Da troppo tempo si muore in Siria, in Palestina, in Libia, in Egitto, in Iraq, nello Yemen, nella regione a maggioranza curda … il Medio Oriente ed il Mediterraneo si stanno trasformando in un immenso campo di battaglia. Ora il rischio della deflagrazione di un conflitto che coinvolga le super potenze mondiali è reale. Le conseguenze possono essere tragiche ed inimmaginabili.

A conclusione delle due giornate di dibattito e di confronto, emergono con chiarezza alcuni elementi dell’identità politica e culturale di un movimento per la pace capace, secondo noi, di incidere sui processi in atto. Oggi il movimento per la pace deve essere capace di misurarsi con la dimensione dell’interdipendenza, cioè con quelle questioni “trasversali” che caratterizzano il mondo contemporaneo e rendono il Mediterraneo luogo simbolico ma anche nodo strategico dove si incontrano e scontrano conflitti e possibili alternative, e che collocano la pace e la nonviolenza al centro di un nuovo modello non solo di economia ma di relazioni sociali e geopolitiche. Ci riferiamo alle relazioni che tengono insieme, in un unico complesso gomitolo, il peso delle disuguaglianze, della fame e della povertà, con i cambiamenti climatici, e di queste con le migrazioni e la diffusione di nuove culture e atteggiamenti razzisti, con l’erosione dei diritti e con la necessità di rilanciare l’esercizio della democrazia e della partecipazione.

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