• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Il tema della mafia siciliana e di altri gruppi di criminalità organizzata, storici e di recente formazione, è stato troppo spesso trattato sulle base di idee correnti, largamente diffuse ma prive di una base scientifica (stereotipi), o di criteri con qualche fondamento scientifico (paradigmi) che colgono solo alcuni aspetti, per esempio l'associazionismo criminale e la finalità economica, di un fenomeno polimorfico e complesso.

È appena uscita in libreria, per le «Edizioni di storia e studi sociali», nella collana «Questioni storiche» diretta dal saggista Carlo Ruta, una nuova edizione dell’opera principale di Leopoldo Franchetti, l’inchiesta in Sicilia del 1876, con un approccio particolare, che sollecita a rileggere il lavoro dello studioso toscano. Lo storico francese Jacques de Saint Victor, nell’introdurre l’opera, propone infatti una tesi inedita, argomentando che l’analisi di Franchetti sulla mafia, elaborata con le più raffinate metodologie sociologiche dell’epoca, risulta, a conti fatti, strutturalmente omologa a quella della democrazia di Alexis de Tocqueville.

Vent’anni fa il quotidiano siciliano chiudeva i battenti, dopo quasi un secolo di vita e dopo decenni di battaglie ai ferri corti con la mafia. Gli slanci, le motivazioni e le lezioni di quell’avventura in redazione in una conversazione con Letizia Battaglia, fotoreporter storica del giornale.
di Carlo Ruta