La storia dei muri non conosce la parola fine
- ComboniFem - Redazione Newsletter Suore Comboniane
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La storia dei muri non conosce la parola fine, non insegna. Passa il tempo, ma le motivazioni per cui si elevano muri, da Berlino a Calais, non cambiano, rimangono sempre le stesse: vietare la libera circolazione delle persone.
L’oscena ipocrisia di fronte al Sultano
- Alessio Di Florio
- Categoria: Politica internazionale
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Se non fosse che sono avvenimenti drammatici e disumani, e che siamo di fronte al rischio di un velocissimo precipitare nella peggior china che la storia abbia mai conosciuto, potremmo quasi scambiarla per una moderna versione comica dello smemorato di Collegno.
L'aspetto politico della vicenda Regeni
- Christian Raimo
- Categoria: Politica internazionale
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Finalmente, doverosamente, il governo italiano decide di richiamare il suo ambasciatore dall'Egitto.
Renzi commenta che è stata una questione di dignità.
Quello che colpisce del caso Regeni anche in questo caso è vedere come se ne sottovaluti l'importanza politica e lo si riduca a una questione di umanità o di onore.
Una lettera aperta all'Alta rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione Europea
- Accademia Apuana della Pace
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Gentilissima Alta rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione Europea, da settimane pensavo di scriverle questa lettera, che spero vorrà leggere come un fraterno invito.
Appello UE-Libia: "Dell'elmo di Scipio si è cinta la testa"
- Alex Zanotelli
- Categoria: Politica internazionale
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L’Alto Rappresentante della politica estera della UE, Federica Mogherini, sostenuta a spada tratta dal governo Renzi, da settimane sta premendo per ottenere dall’ONU il mandato per un’azione militare con lo scopo di distruggere i barconi degli scafisti nelle acque libiche e bloccare così l’esodo dei profughi. L’Italia sta brigando per essere capofila di questa coalizione militare che, con un’operazione navale e anche terrestre (così sostiene il Guardian) andrà a colpire gli scafisti.
Tre parole per i morti e per i vivi
- Étienne Balibar
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Un vecchio amico giapponese, Haruhisa Kato, già professore all’Università Tôdai, mi ha scritto: «Ho visto le immagini della Francia intera in lutto. Ne sono rimasto sconvolto. A suo tempo ho molto amato gli album di Wolinski. Sono abbonato da sempre al Canard Enchaîné. Ogni settimana ho apprezzato le vignette del 'Beauf' [rozzo, ottuso] di Cabu. Ho sempre a fianco del mio tavolo di lavoro il suo album “Cabu et Paris”, che comprende schizzi ammirevoli di ragazze giapponesi, turiste raggianti sugli Champs-Elysées». Ma subito dopo, una riserva: «L’editoriale di Le Monde del 1° gennaio cominciava così: “Un mondo migliore? Questo suppone, in primo luogo, l’intensificazione della lotta contro lo ‘Stato islamico’ e la sua cieca barbarie”. Sono rimasto molto colpito dall’affermazione, abbastanza contraddittoria mi sembra, che per avere la pace bisogna passare per la guerra!».
Per una rifondazione del progetto europeo
- Bruno Amoroso, Jesper Jespersen
- Categoria: Politica internazionale
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La situazione attuale e il dibattito
Gran parte del dibattito sulle cause della crisi economica e politica in corso in Europa è stato fatto deragliare dai partecipanti dominanti. Da un lato troviamo l’Elite europea (che grosso modo è costituita dalla Commissione Europea, dai burocrati di Bruxelles, dalla Corte europea, dalla Banca Centrale Europa, dalla Presidenza del Consiglio dell’UE, dal Parlamento, e da un certo numero di corrispondenti dei mass media collocati a Bruxelles, think-tanks e colleghi europei) che in modo unitario perseguono l’idea che una più forte integrazione economica europea e maggiore centralizzazione del sistema politico sono necessari per far avanzare la cooperazione europea e, per questo, sono un “una buona cosa per l’Europa”. Quindi, questa Elite ha una sola risposta alla crisi in corso: più centralizzazione e ulteriore accelerazione della Marcia verso una struttura politica federale dell’UE; gli Stati Uniti d’Europa sono l’obiettivo ultimo. Questa narrazione può dimostrarsi fatale per il futuro d’Europa, perchè non è radicata nella percezione della vita quotidiana della maggior parte dei popoli europei.
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