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Questa settimana verificheremo, in due circostanze, se i gruppi dominanti degli Stati, che si sono opposti alla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Riag) del 28 luglio scorso - che ha riconosciuto l’accesso all’acqua potabile ed ai servizi igienici come un diritto umano fondamentale - saranno riusciti a sminuirne la portata e ad annacquarne il contenuto.

Il dibattito intorno alla gestione pubblica o privata del servizio idrico integrato non è una questione meramente ideologica o politica. Se da una parte è indubbio che esempi virtuosi di gestione si trovano a prescindere dagli assetti e/o natura societaria dei soggetti gestori è altrettanto vero l’opposto.

Pochi giorni fa l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che riconosce l’accesso all’acqua come diritto fondamentale di ogni persona. L’anno scorso il Parlamento europeo ha parlato di un diritto fondamentale di accesso ad Internet.
Apparentemente lontane, queste due importanti prese di posizione di grandi istituzioni internazionali si muovono sullo stesso terreno, quello dei beni comuni, attribuiscono il rango di diritti fondamentali all’accesso di tutti a beni essenziali per la sopravvivenza (l’acqua) e per garantire eguaglianza e libero sviluppo della personalità (la conoscenza).